This Must Be the Place |
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Un film di Paolo Sorrentino.
Con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten.
continua»
Drammatico,
durata 118 min.
- Italia, Francia, Irlanda 2011.
- Medusa
uscita venerdì 14 ottobre 2011.
MYMONETRO
This Must Be the Place
valutazione media:
3,62
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un luogo remoto chiamato Casadi gianleo67Feedback: 61482 | altri commenti e recensioni di gianleo67 |
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lunedì 7 gennaio 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Cheyenne,rockstar di mezza età che si è ritirita a vita privata in un ameno paesino irlandese insieme alla moglie vigile del fuoco, passa le sue giornate trascinando un carrellino della spesa in un centro commerciale o giocando in borsa, in uno stato semi catatonico che fa tuttavia intravedere, dietro un'apparente e autarchica indolenza e al bizzarro aspetto da punk invecchiato, una personalità dall'intelligenza acuta e sferzante. Lo richiama alla vita ed al suo doloroso passato, la morte del genitore, un ebreo americano di origine polacche con cui era in rotta da tempo e che ha passato la vita a dare la caccia al 'capò' del campo di concentramento che lo vessò durante la sua prigionia. In trasferta newyorkese, dopo le esequie del padre, accetterà l'incarico dei suoi familiari di ritrovare l'ormai novantenne nazista, partendo per un 'tour' attraverso gli States e per un viaggio dentro se stesso, alla ricerca della propria identità di figlio e di un irrosolto rapporto familiare. Vedere Sean Penn acconciato a quel modo (il 'falso cognome' del suo personaggio è Smith come il front end dei Cure di cui ricorda l'immagine dark) e seguendo le sue idiosincrasie da artista 'bruciato' verrebbe da pensare ad una scaltra operazione di un Sorrentino in trasferta anglosassone che cerca di rinnovare il suo linguaggio (tra il grottesco a l'analisi sociologica) per un debutto che colpisca la vista e lo stomaco dello spettatore, spiazzandone le apparenti e prevedibili aspettative e scimmiottando l'estetica,ironica e dissacrante, delle produzioni indipendenti alloctone. In realtà è proprio il linguaggio registico la cifra particolare e qualificante di una visione che sapientemente dilata i tempi del racconto (una lentezza a tratti esasperante) e muove l'occhio filmico lungo traiettorie centrifuge di piani sequenza che sembrano ricercare un 'altrove' indefinito cui aspira l'inquieta e apatica immobilità del protagonista, prigioniero di un passato irrisolto (i suoi rimorsi di artista futile e 'maledetto' e di un rapporto filiale tormentato) e di un presente irresoluto di pensionato dello show biz. Il tema dell'abbandono che sembra rimanere latente nella prima parte del film, viene quindi sviluppato attraverso l'evoluzione di un personaggio che muove dalla sordina delle sue relazioni 'a responsabilità limitata' (una moglie ed un'amica che gli danno sicurezza e conforto) verso un viaggio incerto e spericolato alla ricerca di un passato sconosciuto e tormentato (una giovinezza vissuta nel rifiuto familiare e nelle peregrinazioni di una tragica ossessione paterna), puntando molto sulle straordinarie doti camaleontiche di uno Sean Penn che si dimostra artista a tutto campo, istrione fino al ridicolo di una maschera grottesca ma anche dotato di una infinita sensibilità umana e professionale, sublime giullare della contemporaneità. Forse qualche eccesso didascalico e qualche forzatura narrativa nella seconda parte (on the road) fanno arricciare il naso per i margini di inverosimiglianza che la scrittura si concede (il broker che affida il suo pick up al bizzarro sconosciuto incontrato nel sushi bar, la figura un pò bolsa del 'cacciatore di nazisti' sanguigno e attempato, l'eremo tra le nevi dello Utah scelto da un novantenne non autosufficiente) ma nel complesso rimane una indiscutibile coerenza tematica e momenti di intenso lirismo tra le parole della deliziosa ballad dei Talking Heads performed by David Byrne che dà il titolo al film o quelle dei ricordi d'infanzia paterni che la preda nazista ripete nel finale come un mantra catartico. La scena finale del'figliol prodigo' che sembra ritornare sorridente dopo un lungo viaggio è qualcosa che scalda il cuore. Illuminante.
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