This Must Be the Place |
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Un film di Paolo Sorrentino.
Con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten.
continua»
Drammatico,
durata 118 min.
- Italia, Francia, Irlanda 2011.
- Medusa
uscita venerdì 14 ottobre 2011.
MYMONETRO
This Must Be the Place
valutazione media:
3,62
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Genio e sregolatezzadi Johnny VeritasFeedback: 206 | altri commenti e recensioni di Johnny Veritas |
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venerdì 18 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Cheyenne sta per intraprendere una ricerca. Un viaggio che sa di insolito quasi quanto il suo nome e quel suo aspetto bizzarro fatto di fondotinta, trucco pesante e capelli laccati. Quell'aspetto che solo un artista, una ex rock star troppo immersa nel suo glorioso passato e forse troppo pavida per affrontare il presente, può permettersi. La ricerca non è niente di più semplice che scovare un criminale nazista colpevole di aver umiliato il padre ad Auschwitz. É in questo modo che l'italianissimo Paolo Sorrentino decide di mostrarci una vicenda che parte dalla scolorita Dublino e che presto si trasforma in un vero e proprio road movie lungo le multicolori strade americane. Film tra i favoriti alla corsa per la palma d'oro all'ultimo festival di Cannes, “This must be the place” è sicuramente qualcosa di spiazzante (di insolito, di innovativo), proprio come altre notevolissime pellicole che ci ha presentato negli anni il regista/sceneggiatore partenopeo, dal desolante e commovente “Le conseguenze dell'amore” fino al suo acclamato capolavoro “Il Divo”. Ma qui il personaggio che ci troviamo a seguire per questo viaggio folle eppure così denso di significato non è un triste e solo contabile che lavora per la mafia o un altrettanto solo e cinico capo di stato che con la mafia, del resto, ha un rapporto ben più complesso. Questa sorta di Edward Mani di Forbice uscito dal suo mondo fantastico ci cattura con la sua strana purezza, il suo modo così atipico (ingenuo?) di vedere il mondo, la sua volontà di capire e capirsi e, forse, di cambiare. É allora un viaggio di formazione, seppur insolito, quello che ci aspetta. Un viaggio che passa senza soluzione di continuità dalla memoria dell'Olocausto a scene di vita quotidiana e surreale, un film dove le singole parti sembrano più pregnanti della storia nel suo insieme. Ogni inquadratura, ogni movimento di macchina e ogni virtuosismo stilistico è studiato alla perfezione per dare un effetto ben preciso, alla maniera in cui Sorrentino ci ha ben abituati e che lo ha reso subito riconoscibile facendo gridare al genio più di una persona. Ma tutto questo sarebbe andato perso senza la favolosa interpretazione di Sean Penn che, se ancora ce ne fosse stato bisogno, si conferma il miglior attore della sua generazione, dando vita a questo personaggio completamente alienato, estremamente ironico che con la sua voce flebile e gentile è pronto a confrontarsi con chiunque gli si pari davanti e con qualunque difficoltà lo separi dal suo obiettivo. A completare il tutto ci pensa poi la colonna sonora curata dal mitico David Byrne (il titolo del film si rifà ad una celebre canzone dei suoi Talkin Heads), che scandisce il ritmo discontinuo di questa avventura e ne riempie i silenzi. Stiamo forse tornando a quell'epoca ormai quasi mitologica in cui grandi autori italiani riuscivano a conquistare un pubblico internazionale con la loro particolare e unica sensibilità? Certo è ancora presto per dirlo, ma questo regista, proprio come la sua creatura scarmigliata, sta indubbiamente (e inevitabilmente) crescendo.
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