eduardo
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martedì 18 ottobre 2011
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clichè che funziona non si cambia
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Il canovaccio è sempre lo stesso per il regista di "This must be the place": c' è un protagonista suggestivo, cinico è candido allo stesso tempo, apparentemente stabile, ma che ad un certo punto, per motivi a lui esterni, cambia, è costretto a cambiare, ad evolversi. Questo è stato per "L' uomo in più", poi per "Le conseguenze dell amore", per "L amico di famiglia" e per ultimo per "Il divo". Il tutto accompagnato da una cifra stilistica superiore, da inquadrature e sequenze geniali (girate da un puro talento visivo nei tempi e negli spazi), da grandi dialoghi mai banali, e da una colonna sonora ricercata, varia ed in sincrono coi vai momenti della vicenda.
Ecco, questo è Paolo Sorrentino, questo è quello che egli ci propone in tutti i suoi film, nessuno escluso.
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Il canovaccio è sempre lo stesso per il regista di "This must be the place": c' è un protagonista suggestivo, cinico è candido allo stesso tempo, apparentemente stabile, ma che ad un certo punto, per motivi a lui esterni, cambia, è costretto a cambiare, ad evolversi. Questo è stato per "L' uomo in più", poi per "Le conseguenze dell amore", per "L amico di famiglia" e per ultimo per "Il divo". Il tutto accompagnato da una cifra stilistica superiore, da inquadrature e sequenze geniali (girate da un puro talento visivo nei tempi e negli spazi), da grandi dialoghi mai banali, e da una colonna sonora ricercata, varia ed in sincrono coi vai momenti della vicenda.
Ecco, questo è Paolo Sorrentino, questo è quello che egli ci propone in tutti i suoi film, nessuno escluso. Ora la domanda è: quale potrebbe essere la differenza degna di nota che Sorrentino riesce a proporre con la sua ultima opera rispetto agli altri suoi film? Essere approdato nella patria della celluloide girando una pellicola in tutto e per americana, essere riuscito ad esaltare un attore americano protagonista già all' acme del successo e del proprio livello artistico, essere riusciuto a proporre l' ennesima storia importante, densa di significato, narrata col suo consueto e non stancante modo autoriale ( Sean Penn non ha esitato a definire Sorrentino il regista che più si avvicina al concetto di artista).
Personalmente ho amato maggiormente gli ultimi tre film del regista napoletano, più freschi e carichi di energia, ma "This must be the place" andava girato con queste caratteristiche.
A mio avviso, il nostro, insieme a Tornatore, Virzi' e qualcun' altro, rientra nel ristretto novero dei migliori registi italiani, ma per consolidarsi in questa élite dovrebbe ora misurarsi con soggetti un pò più nuovi e magari corali.
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g_andrini
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martedì 18 ottobre 2011
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stupido?
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Non ho visto il film, ma visto l'argomento deduco sia una stupida detrazione della virilità... Se una persona è omosessuale non è certo colpa dei nazisti!
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il fisio
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martedì 18 ottobre 2011
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un soffio sui capelli non basta a fare cult-movie
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Il viaggio oltre confine di Sorrentino e quello decisamente interiore del protagonista del suo film non rendono palpabile, immediata ed evocativa l'esperienza di qualsiasi viaggiatore...Il film si trascina stancamente alla ricerca di un approdo che, una volta raggiunto(?), non smuove e non commuove. L'ottima interpretazione di Sean Penn, riguardo alla cui capacità non possiamo non essere pretenziosi, mitiga in parte l'ebbrezza errante della storia. L'olocausto è pesante ed importante da affrontare, sfiorarlo marginalmente con un senso di giustizia politicamente corretta, attraverso il contrappasso del vecchio tedesco nudo fermo sulla neve, alleggerisce solo le coscienze di chi non ha vissuto "veramente" quel periodo.
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Il viaggio oltre confine di Sorrentino e quello decisamente interiore del protagonista del suo film non rendono palpabile, immediata ed evocativa l'esperienza di qualsiasi viaggiatore...Il film si trascina stancamente alla ricerca di un approdo che, una volta raggiunto(?), non smuove e non commuove. L'ottima interpretazione di Sean Penn, riguardo alla cui capacità non possiamo non essere pretenziosi, mitiga in parte l'ebbrezza errante della storia. L'olocausto è pesante ed importante da affrontare, sfiorarlo marginalmente con un senso di giustizia politicamente corretta, attraverso il contrappasso del vecchio tedesco nudo fermo sulla neve, alleggerisce solo le coscienze di chi non ha vissuto "veramente" quel periodo. L'unico indizio favorevole è la capacità di aver saputo trasportare sullo schermo ciò che rimane di una rockstar moderna, le sue paranoie, i suoi dubbi, la sua scarsa dialettica bruciata dalle droghe, i suoi sensi di colpa, la sua spensierata monotonia. Già Muccino si era sbilanciato a ricercare la felicità nelle stelle e strisce, ma il tricolore rimane, almeno per ora, il tessuto migliore sul quale stendere e far apprezzare le storie dei nostri profeti in patria...
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[+] mi dispiace abbiamo visto film differenti
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marezia
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martedì 18 ottobre 2011
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previsione oscar dell'anno prossimo.
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marcocucchi
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martedì 18 ottobre 2011
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sean penn è una rockstar decaduta
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E' quasi doloroso uscire dal cinema e rendersi conto che l'ultimo film di Sorrentino non è affatto quello che ci si aspettava!
Il viaggio della rockstar decaduta (che a me sembra più simile a Ozzy Osbourne che a Robert Smith) non sortisce nessun tipo di emozione, ma anzi, una tiepida noia, con qualche rara risata che risveglia dal torpore.
Credo che la regia internazionale di Sorrentino sia tecnicamente ottima, ma quando è applicata ad una storia che riguarda la nostra cultura, quando è ambientata in Italia; è un ottimo contrasto. Se la applichi agli scenari statunitensi, allora, diventa uguale a tante altre.
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il conformista
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martedì 18 ottobre 2011
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vocina irritante...
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Non mi è piaciuto il film di Sorrentino. Non l'ho capito, non ci sono "entrato". Ho trovato subito irritante l'interpretazione di Sean Penn con quella ridicola vocina e poi quelle musichine dei Talking Heads e tutte quelle "sentenze" e non mi facevano ridere le battute. Visivamente molto carino, serie quanto semo braaavvii.
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anna1
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martedì 18 ottobre 2011
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una maschera di dolcezza
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Mi è piaciuto tanto questo film,soprattutto per la magistrale recitazione di pen, e per come il regista ha costruito il personaggio. Cheyenne appare inizialmente surreale, fuori dal tempo, assente. Si misura in realtà con problemi quotidiani, della gente comune: i nodi irrisolti dei rapporti con i familiari, gli affetti ....e li affronta con un misto di ingenuità e saggezza..
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amazz
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lunedì 17 ottobre 2011
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non è mai troppo tardi
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Una storia gradevole e nient'affatto noiosa, almeno a mio parere. Certo ricorda tanti altri film in cui il protagonista parte per un viaggio, se ci pensate ve ne verranno in mente diversi. Purtroppo tutta la prima parte del film è adoperata per descrivere il personaggio principale e tutta la sua cerchia familiare e di amicizie, a volte appena accennado ai personaggi secondari e di contorno, (chi è Mary? chi è Tony?), lasciando allo spettatore questi interrogativi fino alla fine del film. Cheyenne oltre che essere un bizzarro cinquantenne che può permettersi di vivere di rendita è anche un eterno bambino, la scena del supermarket mostra in maniera inequivocabile la sua indole. Ma un giorno la sua monotonia quotidiana viene stravolta da una notizia che ogni figlio non vorrebbe mai veder arrivare, il padre è in fin di vita e siccome vive a New York lui deve partire.
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Una storia gradevole e nient'affatto noiosa, almeno a mio parere. Certo ricorda tanti altri film in cui il protagonista parte per un viaggio, se ci pensate ve ne verranno in mente diversi. Purtroppo tutta la prima parte del film è adoperata per descrivere il personaggio principale e tutta la sua cerchia familiare e di amicizie, a volte appena accennado ai personaggi secondari e di contorno, (chi è Mary? chi è Tony?), lasciando allo spettatore questi interrogativi fino alla fine del film. Cheyenne oltre che essere un bizzarro cinquantenne che può permettersi di vivere di rendita è anche un eterno bambino, la scena del supermarket mostra in maniera inequivocabile la sua indole. Ma un giorno la sua monotonia quotidiana viene stravolta da una notizia che ogni figlio non vorrebbe mai veder arrivare, il padre è in fin di vita e siccome vive a New York lui deve partire. Qui il film cambia registro, seppure inizialmente Cheyenne sembra lo stesso, man mano il suo spirito di adolescente lo porta a scoprire e riavvolgere un unico legame che ancora lo lega al padre ormai defunto, imbattendosi in argomenti veramente più grandi di lui: l'olocausto e la caccia ai gerarchi nazisti. Il suo viaggio sembra partire alla rinfusa e non c'è da sorprendersi che incontri una serie di personaggi pittoreschi e situazioni comiche e paradossali. Ma inbrocca la strada giusta e raggiunge il suo obiettivo. Il prezzo che paga per tutto questo? Probabilmente lascia per sempre i suoi panni da rockstar e torna ad indossare quelli di un uomo. Bella la fotografia, belle le musiche, attori ineccepibili, tutti grandi; certe sequenze forse di potevano rendere più rapide, altre come quella del concerto a cui assiste a New York si potevano tranquillamente eliminare, a mio modesto parere. Ottima ricetta di un ottimo regista italiano con ingredienti internazionali di prima scelta.
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[+] allora.
(di mcfly)
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[+] concerto ineccepibile
(di areknames69)
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[+] che bello vedere altro..........
(di weach)
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ciddazza
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lunedì 17 ottobre 2011
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meno male che c'era bigazzi
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Grande occasione sprecata malamente, un po come se soli davanti al portiere tentassi di fare il fenomeno sbagliando clamorosamente il tiro.
Quello che manca in questo film è il film, lo sceneggiatore in titlt il montatore obnubilato dalla fotografia il regista probabilmente inebriato dalle sue fetecchie che per lui è profumo.
Ma i Cohen che hanno visto il film che hanno pensato? che a Napoli si prova a copiare tutto?
Un vero peccato comunque da vedere meglio di un film di Piccioni.
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marezia
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lunedì 17 ottobre 2011
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ultima considerazione
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Un fil rouge, dicevo, che NESSUNO che sia in buona fede può non notare. Non è la fotocopia degli altri? E' logico! Non è lineare come gli altri? E chi l'ha detto? Se si fa attenzione lo è eccome! Anzi, forse è più narrativo ancora degli altri perché racconta e non evoca come gli altri. Insomma, aprite occhi e orecchie una volta seduti. E bene.
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