noodles76
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domenica 16 ottobre 2011
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"sorrentino's film"
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Il film ha dei pregi(vedi Fotografia)ma anche dei difetti(vedi Sceneggiatura).La spasmodica ricerca di scavare nell'intimo dei vari personaggi(troppi)è risultata,in alcuni tratti,stucchevole.Credo che in questo suo primo film americano Sorrentino abbia voluto esagerare e spaziare troppo.Il risultato è un'opera un pò troppo compiaciuta.Ho delle riserve anche sull'interpretazione Di Sean Penn.A me non aveva convinto neanche l'Andreotti-Servillo.In entrambi i casi ho visto delle imitazioni e non delle interpretazioni.Un vero peccato!Perchè l'immenso talento di Sean Penn poteva essere usato diversamente(vedi ultima scena).Ciononostante Sorrentino resta uno dei migliori cineasti nostrani(vedi Le conseguenze dell'amore)e sono bastate alcune inquadrature e alcuni dialoghi per dimostrare il suo valore e la sua originalità.
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(di elisa)
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jaylee
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domenica 16 ottobre 2011
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alla ricerca del tempo perduto
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Paolo Sorrentino, dopo Il Divo che lo ha di fatto reso noto al pubblico internazionale, scrive e dirige il suo primo film internazionale, che si estende dall’Irlanda agli Stati Uniti. Lo fa con un film di ricerca, nel senso che la pellicola narra di un ex pop star (interpretato da Sean Penn ed ispirato nel look a Robert Smith dei Cure), intrappolato nel suo personaggio (ed ossessionato dal suicidio di due suoi fan) ed ormai ritiratosi dalle scene da 20 anni, che scopre l’ossessione del padre appena morto: l’umiliazione ricevuta da un gerarca nazista durante la sua prigionia nel lager nazista. Decide così di chiudere il cerchio che il padre, con il quale non parlava da 30 anni, non era riuscito a chiudere ovvero, trovare il criminale nazista e vendicarsi…
Prende così vita la storia di Cheyenne, malinconica maschera che attraversa gli Stati Uniti più rurali ed impervi, con il suo trolley (simbolo di tutto il peso di rimorsi e rimpianti di una vita) alla ricerca della nemesi di suo padre, ed incontra i personaggi più disparati, ognuno con una sua visione delle cose… ed accompagnato da una voce fuoricampo che sarà rivelatrice alla fine.
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Paolo Sorrentino, dopo Il Divo che lo ha di fatto reso noto al pubblico internazionale, scrive e dirige il suo primo film internazionale, che si estende dall’Irlanda agli Stati Uniti. Lo fa con un film di ricerca, nel senso che la pellicola narra di un ex pop star (interpretato da Sean Penn ed ispirato nel look a Robert Smith dei Cure), intrappolato nel suo personaggio (ed ossessionato dal suicidio di due suoi fan) ed ormai ritiratosi dalle scene da 20 anni, che scopre l’ossessione del padre appena morto: l’umiliazione ricevuta da un gerarca nazista durante la sua prigionia nel lager nazista. Decide così di chiudere il cerchio che il padre, con il quale non parlava da 30 anni, non era riuscito a chiudere ovvero, trovare il criminale nazista e vendicarsi…
Prende così vita la storia di Cheyenne, malinconica maschera che attraversa gli Stati Uniti più rurali ed impervi, con il suo trolley (simbolo di tutto il peso di rimorsi e rimpianti di una vita) alla ricerca della nemesi di suo padre, ed incontra i personaggi più disparati, ognuno con una sua visione delle cose… ed accompagnato da una voce fuoricampo che sarà rivelatrice alla fine. Cerca la vendetta? Cerca suo padre? Cerca sé stesso?
Gli elementi cruciali del film sono lo spazio ed il tempo… lo spazio dei luoghi che attraversa Cheyenne, quasi come fosse raffigurato nei quadri di Hopper, immobili eppure inquieti, riflettono l’assolutezza dello spirito e dell’anima, immemori. Il tempo come sostanza della vita delle persone, come investimento necessario. Il tempo vissuto come ossessione (dal padre di Cheyenne, dal cacciatore di nazisti), come noia (da Cheyenne stesso), ma soprattutto come attesa (dalla madre del figlio scomparso, o di quello impaurito dall’acqua, del nazista stesso). Il tempo ben speso come unico modo di vivere appieno la vita, come la dimensione in cui vivere o non vivere, come fanno i protagonisti. Emblematica la scena in cui un uomo incontrato in un bar del Michigan chiede stupito a Cheyenne “ed una volta che avrai trovato quel nazista, che ci farai?”. Ovviamente non c’è risposta. Il tempo deve essere speso oculatamente, o viene sprecato (così come le azioni sul mercato che ha investito lo stesso Cheyenne).
Solo quando Cheyenne impara ad usare il proprio tempo, allora cresce (anche da un punto di vista esteriore, come si vedrà nel film), e la vita torna a scorrere, ben spesa. E senza più trascinarsi nessun trolley.
Come sottolinea la canzone dei Talking Heads...
"Evviva ho un sacco di tempo
evviva i tuoi occhi brillano
e sei qui a fianco a me
adoro il passare del tempo
mai per il denaro
sempre per l’amore
copriti e dimmi buonanotte, buonanotte"
Molto bella la regia di Sorrentino, con ampie inquadrature che disegnano le scene e suggeriscono stati d’animo, alternate a primi piani intensi sulle rughe e le linee dei volti degli interpreti e con la musica di David Byrne che sottolinea i vari momenti...Ottimo Sean Penn, che dipinge il suo Cheyenne, bambino pop star mai cresciuto, che alterna momenti divertentissimi a momenti di lucidi aforismi.
Con tutta probabilità, non è un film al livello de Il Divo, e altrettanto probabilmente, questo film non incontrerà i gusti del pubblico d’oltreoceano, ma si tratta senz’altro di un’opera ottima e degna di nota nel panorama attuale degli autori italiani… 2 ore di tempo ben speso.
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[+] mi è rimasto un sassolino nella scarpa......
(di croccodrilerockc)
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greg2
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domenica 16 ottobre 2011
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sean penn non basta
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Adoro Sean Penn e la sua interpretazione da sola vale il prezzo del biglietto ma il film in se purtroppo non mi ha convinto.
Troppo troppo troppo lento, questo film si trascina stancamente verso la conclusione senza mordente, nella prima parte non si capisce dove il regista voglia andare a parare poi lentamenete la trama diventa più chiara e linerare ma senza lasciare il segno.
Seaen Penn da solo non basta, alla lunga questo film annoia. Mi dispiace ma avevo altre aspettative.
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annalisa80
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domenica 16 ottobre 2011
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bello!
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Bel film italiano in ogni fotramma finalmente!! Ottimo Sean Penn per non parlare della McDormand che non delude mai!!! Grande song dei Talking Heads (e nn degli Arcade Fire!!!) This must be the place!!!
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marezia
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domenica 16 ottobre 2011
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ora si fa sul serio...
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Come avrete capito ho "bleffato" perché ho scritto al buio. Sorrentino è un regista particolare, che sa il fatto suo QUALUNQUE cosa faccia quindi è SEMPRE garanzia di intelligenza. "L'amico di famiglia" è un CAPOLAVORO paragonabile, per me, a "Breakfast on Pluto" in quanto ad intensità e qualità estetica; "Il Divo" ECCELLENTE, sempre PER ME, fino a metà laddove diventa ripetitivo tanto da sfiorare l'ipnotico; "This must be te place"... vedremo.
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(di opidum)
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lazaros
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domenica 16 ottobre 2011
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un film sulle "cosmiche" prigioni del dolore
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Un parvenù lo classificherebbe come un film sostanzialmente lento. In realtà, ogni viaggio interiore - cosmico - come quello intrapreso dal bambino Cheyenne, è un continuo tentativo di scardinare la terribile impotenza che si prova rispetto al proprio dolore. E' un film certamente dominato da coinvolgenti trame musicali, ma è possibile definire il suo andamento complessivo più come un adagio, un adagio di vite imprigionate da un dolore profondo, invalidante, mortifero. Dallo stesso protagonista, ebreo, cinquantenne, ex rock star, consumato dal senso di colpa per aver fatto suicidare due fans con i propri testi, ad una madre dallo sguardo spento, in attesa da mesi alla finestra del proprio figlio, scappato di casa.
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Un parvenù lo classificherebbe come un film sostanzialmente lento. In realtà, ogni viaggio interiore - cosmico - come quello intrapreso dal bambino Cheyenne, è un continuo tentativo di scardinare la terribile impotenza che si prova rispetto al proprio dolore. E' un film certamente dominato da coinvolgenti trame musicali, ma è possibile definire il suo andamento complessivo più come un adagio, un adagio di vite imprigionate da un dolore profondo, invalidante, mortifero. Dallo stesso protagonista, ebreo, cinquantenne, ex rock star, consumato dal senso di colpa per aver fatto suicidare due fans con i propri testi, ad una madre dallo sguardo spento, in attesa da mesi alla finestra del proprio figlio, scappato di casa. I due infatti, aprono e chiudono il percorso del film, un viaggio "decostruttivo" (non voluto) del protagonista, che parte per l'america alla ricerca di un nazista che "umiliò" suo padre , prigioniero ad Auschwitz. Anche nella seconda parte, i personaggi sono sempre in qualche modo determinati da un passato doloroso; financo un ex-deportato che aiuterà Cheyenne a trovare l'aguzzino di suo padre, figura che saremmo abituati ad immaginare come pacata e mite, si è costruita negli anni post bellici come un vero e proprio "cacciatore di taglie". Il dolore e il suo veleno ritornano sempre a signoreggiare sui personaggi che, in un certo senso, attraverso il viaggio di Cheyenne - grande metafora della fuoriuscita dall'Io patologico - riescono a ritrovare il senso più umanizzato del proprio vivere. Un film pre-iconografico rispetto alla tematica universale del viaggio. Perchè parlarne, rappresentarlo, significa testimoniare l'essenza più genuina - bambina - della nostra vita, sia umana che cosmica.
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lemmy07
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domenica 16 ottobre 2011
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un italiano agli oscar?
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Uno Sean Penn da Oscar a metà tra Ozzy Osbourne e Robert Smith, riesce meravigliosamente a far catapultare l'osservatore in un road-movie unico in cui la maestria del regista splende di luce propria
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alefonty
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domenica 16 ottobre 2011
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senza picchi emotivi!!
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Sono arrivata al cinema ricca di aspettative!!Cheyenne, a mio parere, un personaggio ricco di potenzialità, scenicamente molto forte e ben caratterizzato ma non ho percepito nessuna evoluzione emotiva. Confonde la depressione con la noia ma questo concetto non arrivava!! tutti i rapporti, legati alla sua vita e al suo viaggio scorrono durante il film senza maturare una vera consapevolezza della proprio sofferenza e di quella del padre.
il regista ha cercato di realizzare un prodotto grottesco ,poco riuscito, concettuale ma forzato e senza picchi emotivi!!
lento, noioso, non particolarmente divertente, non particolarmente emozionante!!
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aimons
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domenica 16 ottobre 2011
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non è vero,ma è bello che tu me lo dica.
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Ottimo prodotto cinematografico di Sorrentino che dopo "il Divo" decide di raccontare un'altra storia di vita,quella di Cheyenne(Sean Penn) una rockstar in "pensione" che scoprirà ,in parte, la vita del padre,mancato da poco,con il quale non ha più avuto rapporti negli ultimi tre decenni.
E' un film,a mio parere,incentrato sulla "artistica" figura di Sean Penn,che ne delinea il carattere e il comportamento in maniera magistrale.
Bella e azzeccata la colonna sonora(nona caso il titolo"This Must Be The Place"è un canzone) che trasmette gli stati d'animo del protagonista nei vari momenti del suo viaggio.
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Ottimo prodotto cinematografico di Sorrentino che dopo "il Divo" decide di raccontare un'altra storia di vita,quella di Cheyenne(Sean Penn) una rockstar in "pensione" che scoprirà ,in parte, la vita del padre,mancato da poco,con il quale non ha più avuto rapporti negli ultimi tre decenni.
E' un film,a mio parere,incentrato sulla "artistica" figura di Sean Penn,che ne delinea il carattere e il comportamento in maniera magistrale.
Bella e azzeccata la colonna sonora(nona caso il titolo"This Must Be The Place"è un canzone) che trasmette gli stati d'animo del protagonista nei vari momenti del suo viaggio...o meglio del suo turismo(come piace a lui).
I dialoghi si alternano a pensieri profondi(ad esempio riguarda la brevità dell vità)seguono altri più scherzosi e bislacchi(quando gioca con il ragazzo a ping pong).Gran rappresentazione estetica della rockstar,sia come costume,sia come trucco.
Un film che rivedrò per carpire tutte le metafore e tematiche proposte da Sorrentino che non sempre si colgono.
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viola96
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domenica 16 ottobre 2011
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qualcosa mi ha disturbato...
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La prima cosa che si nota guardando l'ex rockstar Cheyenne non sono le sue labbra increspate di rossetto o la sua capigliatura tremenda,ma bensì i suoi occhi blu,come il cielo e come il mare. In contrapposizione con la sua anima nera. O almeno così sembra. Sean Penn era stato chiarissimo sulla figura di Cheyenne,dicendo che "Sorrentino fa film veloci su personaggi lenti". E Cheyenne ha una vinta lenta e silenziosa,un'esistenza sterile,chiusa nella sua tremenda noia,che scambia incessantemente per depressione. This Must Be The Place è un film immenso,un poema eterno e incessante sulla monotonia della vita e la ricerca di sè stessi. Riesce ad essere un'esperienza mistica,che riesce a portarci alle origini dell'animo umano e a diventare un vero e proprio film alla Sorrentino.
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La prima cosa che si nota guardando l'ex rockstar Cheyenne non sono le sue labbra increspate di rossetto o la sua capigliatura tremenda,ma bensì i suoi occhi blu,come il cielo e come il mare. In contrapposizione con la sua anima nera. O almeno così sembra. Sean Penn era stato chiarissimo sulla figura di Cheyenne,dicendo che "Sorrentino fa film veloci su personaggi lenti". E Cheyenne ha una vinta lenta e silenziosa,un'esistenza sterile,chiusa nella sua tremenda noia,che scambia incessantemente per depressione. This Must Be The Place è un film immenso,un poema eterno e incessante sulla monotonia della vita e la ricerca di sè stessi. Riesce ad essere un'esperienza mistica,che riesce a portarci alle origini dell'animo umano e a diventare un vero e proprio film alla Sorrentino. La prova di Penn è eccellente. Nella scena in cui sbraita contro David Byrne,in un cameo in cui interpreta se stesso,sembra che la pelle gli si possa staccare da un momento all'altro dal corpo e che possa decomporsi davanti agli occhi degli spettatori. La caccia al nazista diventa il fondamento della storia e vero motore della vicenda. Ma come in ogni film di Sorrentino, è il personaggio ad essere più importante della storia,molto più importante. Tutto il film è costruito su genesi,conflitto,fine e sviluppo dei fantasmi di una rockstar che si sente poco amata e medita un'esistenza lenta e impossibile. Cheyenne si fa cacciatore di nazisti. Sorrentino è un regista geniale e controverso anche perchè riserva pizzicotti,qualunque cosa faccia. Anche in questa trasversale interpretazione della vita come viaggio on the road riesce a modificare ulteriormente la sua idea di cinema estremo,portato oltre ogni limite. Chi prende come una provocazione questo film,però dovrà stare alla larga dalla sala. L'ennesima figura stigmatizzata e stigmatizzante creata da Sorrentino non ha i patetismi e i didascalismi tipici del genere. Lui "scrive stronzate per ragazzini depressi" e basta. Non è un innocente,ma non lo si può considerare del tutto colpevole. Inanzitutto è una figura che non si dimentica. Tralasciando tutti i vari insegnamenti sulla Shoah,Sorrentino non prende posizione e con un finale forte,estremo e potente,ridà voce a tutti i milioni di ebrei sterminati nell'Olocausto. Una voce che grazie a Cheyenne ha ripreso a cantare e a risuonare nell'aria. Quello di Sorrentino è un cinema classico che riesce a lasciare un'impronta nel moderno e a non addomesticare una figura audace e voluta come quella del protagonista. Ma di fronte alla prova di Penn,non si può non notare un cast eccellente: da Frances McDormand,attrice eccelsa,che fa una prova equa alle sue capacità;a Eve Hewson,figlia di Bono Vox degli U2,a Judd Hirsch. Sorrentino non ha motivi caustici per il suo film,non vuole incolpare nessuno. O meglio vuole incolpare tutti. Parlando della Shoah riesce a fare luce sulla modernità con i suoi problemi (figli con paure e mamme spaesate, uomini che scappano da un destino difficile, adolescenti che si comportano come adulti e adulti che sono rimasti bambini e che magari si scoprono adulti,solo dopo aver finito la propria missione,o quello che più ci si avvicina): Meditate che questo è! O vi si sfaccia la casa,la malattia vi impedisca,i vostri nati torcano il viso da voi.
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[+] quoto
(di andaland)
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