reservoir dogs
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mercoledì 12 gennaio 2011
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mostrare e non dimostrare
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Esistenze diverse ma accomunate dalla solitudine che il contatto diretto o indiretto con la morte scatena.
George (Damon) è un operaio che ha rinunciato alla sua vita da sensitivo ma non al suo potere, la cui vita è stata schiacciata in passato da quel dono che può somigliare ad una condanna.
Marie (De France) è un nota giornalista francese che in viaggio alle Hawaii viene travolta dallo tsunami che la uccide per breve tempo.
Marcus (F. McLaren) è un ragazzo che si sente uccidere al telefono il fratello gemello Jamson da un furgone.
C'è chi in un corso di cucina italiana scoprirà un potenziale amore che come ogni altro rapporto è cieco (o bendato) e bruciando bruscamente tutte le tappe di quel rapporto grazie al dono si vede sfuggire l'opportunità di una vita ordinaria ritirandosi in un viaggio con tappa alla casa di Dickens.
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Esistenze diverse ma accomunate dalla solitudine che il contatto diretto o indiretto con la morte scatena.
George (Damon) è un operaio che ha rinunciato alla sua vita da sensitivo ma non al suo potere, la cui vita è stata schiacciata in passato da quel dono che può somigliare ad una condanna.
Marie (De France) è un nota giornalista francese che in viaggio alle Hawaii viene travolta dallo tsunami che la uccide per breve tempo.
Marcus (F. McLaren) è un ragazzo che si sente uccidere al telefono il fratello gemello Jamson da un furgone.
C'è chi in un corso di cucina italiana scoprirà un potenziale amore che come ogni altro rapporto è cieco (o bendato) e bruciando bruscamente tutte le tappe di quel rapporto grazie al dono si vede sfuggire l'opportunità di una vita ordinaria ritirandosi in un viaggio con tappa alla casa di Dickens.
C'è chi invece si documenterà sui contatti con l'aldilà (Hereafter) avendoli vissuti sulla propria pelle, perdendo lavoro e compagno ma trovando qualcosa di più grande come una dottoressa (il cui dialogo suona come universale per il fruitore che sente parlare l'unica volta Marie in una lingua diversa dal francese) la cui ricerca di una vita induce allo scrivere un libro più profondo di quello precedentemente progettato.
Infine c'è chi ricerca la certezza che il fratello perduto sia ancora al proprio fianco a vegliare su di lui in un ultimo contatto dove una bugia detta a fin di bene da la forza per proseguire il cammino da soli, sorridendo.
L'accettazione del Dono e la stretta di mano è il passo successivo per un vita ordinaria con chi ha avuto un esperienza straordinaria.
Come diceva André Bazin. "Mostrare e non dimostrare", l'aldilà non deve essere dimostrato, ci viene mostrato come sconosciuto, come i volti di George e Marcus durante la seduta, divisi perfettamente da luce ed ombra, espressione visiva di incompleta comprensione sullo stadio successivo alla morte; un aldilà fuori-fuoco con delle sagome le cui affermazioni ci possono aiutare o meno "dalla nostra parte".
Un Eastwood sempre più profondo ma non demagogico che nella tematica del contatto con l'aldilà nasconde il suo senso di responsabilità che i genitori adottivi o meno (Gran Torino) hanno nei confronti dei figli; genitori che chiedono, in questo caso, scusa dall'aldilà per gli errori che in vita hanno versato sui figli, genitori che non riescono a comprendere un figlio appena adottato alla ricerca di una risposta sul fratello e sulla vita.
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samwood
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mercoledì 12 gennaio 2011
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noi e l'aldilà..
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forse non il miglior Clint di sempre( visti i suoi standard è difficile migliorare) ma resta pur sempre Eastwood ed è una garanzia... perchè solo lui poteva riuscire ad affrontare un tema del genere tale veridicità,concentrando l'attenzione sul terreno e non ricadendo nel banale. Come tutti i suoi film lascia sempre riflettere a distanza, ripensandoci a freddo si capiscono ancor di più profondità e significati di determinate sequenze. ottimo...
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toro sgualcito
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mercoledì 12 gennaio 2011
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la rete di hereafter
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Il soggetto del film è ad alto rischio di banalizzazioni e inoltre commercialmente è un tema forte perché il mistero com’è noto attira molte persone e questo aggiunge ulteriori pericoli di ritrovarsi in una rete per ampie platee. Bene, cosa è successo allora? E’ successo che dal suo Hereafter il capitano Eastwood ha calato una rete bella grossa segno evidente che l’obbiettivo della pesca non erano le perle. Il film tratta il tema dell’Aldilà, cioè quello che potrebbe esserci dopo la morte e per parlarci di questo Hereafter ci mostra tre personaggi che vivono in tre nazioni differenti, le cui vite giungeranno ad incrociarsi a Londra. Una è la vita di George (Matt Damon) che è un sensitivo e che vorrebbe smettere di farlo.
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Il soggetto del film è ad alto rischio di banalizzazioni e inoltre commercialmente è un tema forte perché il mistero com’è noto attira molte persone e questo aggiunge ulteriori pericoli di ritrovarsi in una rete per ampie platee. Bene, cosa è successo allora? E’ successo che dal suo Hereafter il capitano Eastwood ha calato una rete bella grossa segno evidente che l’obbiettivo della pesca non erano le perle. Il film tratta il tema dell’Aldilà, cioè quello che potrebbe esserci dopo la morte e per parlarci di questo Hereafter ci mostra tre personaggi che vivono in tre nazioni differenti, le cui vite giungeranno ad incrociarsi a Londra. Una è la vita di George (Matt Damon) che è un sensitivo e che vorrebbe smettere di farlo. Un’altra è quella di Marie (Cécile De France), una giornalista che vuole scrivere un libro sulle esperienze di persone che hanno “vissuto” momenti di morte e l’ultima è quella di Marcus (George McLaren) un bambino ferito presto dalla vita e reso ostinato da un suo bisogno molto importante. La storia purtroppo rimane molto “meccanica” e schiacciata da parecchi cliché ma il girato è sempre di buon livello: adeguati gli attori, buona la fotografia, musica non originale ma dignitosa e puntuale. Tutto piuttosto giusto e anche troppo. Il buon Eastwood poi, a modo suo, non rinuncia alla predilezione per il sociale. Infatti due dei tre personaggi principali appartengono alla lower class: George sceglie di fare l’operaio e Marcus è figlio di una tossicodipendente. Il film sfiora anche il tema dei licenziamenti per la crisi economica e ci dà un’immagine positiva dei servizi sociali londinesi. Però questo non basta e Hereafter rimane un film piuttosto piatto. Ci sono anche momenti emozionanti ma sono più il frutto di maneggiare bene il grande mestiere del cinema che di profondi coinvolgimenti negli eventi. Matt Damon poi m’è parso avere un range espressivo un po’ stretto, ma credo sia uno stile: quella sorta di mezzo broncio permanente alla Di Caprio. Un apparizione breve ma in qualche modo intensa è quella di Melanie (Bryce Dallas Howard). Insomma se capita di vederlo sconsiglio grandi aspettative. Eastwood sa fare film migliori.
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paulettebouledefeu
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mercoledì 12 gennaio 2011
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l'oppio dei popoli
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Eastwood sta invecchiando, è innegabile. E comincia ad aver paura della morte, così tanto da doverla esorcizzare rifugiandosi nella speranza di un aldilà paradisiaco. Be', è banale. Lo era già quando Marx disse che "la religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l'oppio dei popoli." Insomma, bisogna aggrapparsi a qualcosa per poter affrontare la morte. A parte questo, molte scene risultano forzate, molte altre superflue. Il modo in cui si incontrano i tre protagonisti è ridicolo. E vogliamo parlare della scena in cui Matt Demon sogna a occhi aperti di baciare Cécile De France senza averla mai conosciuta? Cos'ha
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Eastwood sta invecchiando, è innegabile. E comincia ad aver paura della morte, così tanto da doverla esorcizzare rifugiandosi nella speranza di un aldilà paradisiaco. Be', è banale. Lo era già quando Marx disse che "la religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l'oppio dei popoli." Insomma, bisogna aggrapparsi a qualcosa per poter affrontare la morte. A parte questo, molte scene risultano forzate, molte altre superflue. Il modo in cui si incontrano i tre protagonisti è ridicolo. E vogliamo parlare della scena in cui Matt Demon sogna a occhi aperti di baciare Cécile De France senza averla mai conosciuta? Cos'ha a che vedere questo film con altri come Million Dollar Baby, Changeling o Gran Torino?
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bobodiablos
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mercoledì 12 gennaio 2011
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clint "è l'ora della pensione"
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Dopo un ora sarei scappato a gambe levate dal cinema ma ero in copagnia dei miei amici e sono rimasto seduto sbadigliando e guardando l'orologio in continuazione. Io vado al cinenema regolarmente 1-2 volte a settimana e visto il voto generale assolutamente si forse non dovrei andare più al cinema e smettere di guardare film. A questo punto posso dire che io non capisco niente di cinema perchè per me questo film è povero di dialogi, di spunti , di emozioni e soprattutto il ritmo è lento lento lento lento lento lento leto leto lento. Forse io non capirò niente ma per me é ASSOLUTAMENTE NO
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alberto gabrielli
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martedì 11 gennaio 2011
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aldilà o hereafter ?
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La morte si può trattare in tanti modi (del tipo: "quando la morte verrà......." "...urlerò e scalcerò come un mulo" : by Enrico La Talpa – Lupo Alberto) e questo, del sempre grande Clint, è uno dei tanti, ma non dei migliori.
Ridicolizzare santoni improvvisati per rimarcare la grandezza di uno di loro, altrettanto patetico, ma meno divertente, non risolve misteri né stimola emozioni. Marcus, il ragazzo, è personaggio autenticamente terribile nella sua sofferenza - pur con alcune cadute più patetiche che di vero pathos - perché legittimato nel non voler accettare che una parte di sé (più importante dell’ intero sé) il fratello gemello, si perda in quel nulla che è la morte, epilogo ineluttabile del viaggio di un’ anima-coscienza di sé nella materia della vita.
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La morte si può trattare in tanti modi (del tipo: "quando la morte verrà......." "...urlerò e scalcerò come un mulo" : by Enrico La Talpa – Lupo Alberto) e questo, del sempre grande Clint, è uno dei tanti, ma non dei migliori.
Ridicolizzare santoni improvvisati per rimarcare la grandezza di uno di loro, altrettanto patetico, ma meno divertente, non risolve misteri né stimola emozioni. Marcus, il ragazzo, è personaggio autenticamente terribile nella sua sofferenza - pur con alcune cadute più patetiche che di vero pathos - perché legittimato nel non voler accettare che una parte di sé (più importante dell’ intero sé) il fratello gemello, si perda in quel nulla che è la morte, epilogo ineluttabile del viaggio di un’ anima-coscienza di sé nella materia della vita.
Fin qui considerazioni soggettive, di mero apprezzamento personale. C’ è però di più; il cinema è arte, che parla - individualmente - alla società, e contribuisce a formarla; come ben sanno i pubblicitari che di essa (arte) utilizzano ampiamente, a scopo di plagio, le tecniche, tanto quelle materiali (sceneggiatura, diaframmi, colonna sonora, saturazione dei colori…) quanto quelle immateriali (psicologia, atmosfera, pulsioni, fantasia…).
Ed allora: incoraggiare la messa in secondo ordine della realtà (la sola su cui individui e società possono intervenire, magari per rendere più sopportabile la perdita del proprio fratello-guida) rispetto alla irrealtà, l’ inconoscibile, - artatamente reso visitabile -, rappresenta un potentissimo alibi per la fuga dalle proprie responsabilità di soggetti, sociali cioè politici. Non intendo assolutamente dire che questo film sia una istigazione al qualunquismo, ma che, tanto più in tempi, come gli attuali, di rassegnazione diffusa nei confronti dei problemi - non più risolvibili gratuitamente - delle società, dell’ uomo, e del pianeta che lo ospita, non incoraggi a rivoluzionare una realtà che, rispetto al grande tema della morte viene fatta sentire come “picciol cosa” questo si; e non mi piace. Perché di tutto c’ è oggi bisogno, fuorché di autoassolversi perdendosi nella sfera mitica del sé.
Sul piano più filosofico, anche questo film, come gran parte delle religioni, si arroga il diritto di affermare l’ esistenza di un’ anima (e fino a qui ci si può stare, magari intendendola come “coscienza del sé individuale”) che continua a esistere oltre la morte (e anche questo passi) ma, soprattutto, che essa nell’ aldilà sia ancora qui (here) abbia rapporti con il qui, lo possa condizionare (cappellino nel metro), ne abbia memoria. Molto meglio, e filosoficamente più corretto, credere nella reincarnazione: chi può negarla ? tanto la morte, in mancanza di un gruppo di continuità resetta la memoria, e nessun lombrico, nessuna Laura, nessun gatto, nessuna betulla si ricorderà di essere stata/o me.
Avrete capito che etimologicamente parlando, aldilà mi pare significante assai più onesto di hereafter.
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giuly9a
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martedì 11 gennaio 2011
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quando il cinema da spazio ai film meravigliosi
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Clint Eastwood, si sa, è il migliore. Ho cominciato ad apprezzarlo di più di quanto già non lo apprezzassi quando girò il dramma intenso dalla pugile Hilary Swank in "Million Dollar Baby" ed ancora di più con Changeling (grazie anche all'interpretazione sublime di Angelina Jolie). Ma con questo film mi ha davvero stupita. Questa storia atipica, di queste persone legate tra loro senza saperlo, dei loro drammi e, perchè no, della loro crescita interiore, è stata svolta molto bene. Di certo, in sala, c'era chi si aspettava l'happy end (lui, la giornalista ed il bimbo adottato), ma cosi va più che bene.
Tutto il film è solo una fase di transizione: cominceranno tutti a vivere non appena si incontreranno.
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Clint Eastwood, si sa, è il migliore. Ho cominciato ad apprezzarlo di più di quanto già non lo apprezzassi quando girò il dramma intenso dalla pugile Hilary Swank in "Million Dollar Baby" ed ancora di più con Changeling (grazie anche all'interpretazione sublime di Angelina Jolie). Ma con questo film mi ha davvero stupita. Questa storia atipica, di queste persone legate tra loro senza saperlo, dei loro drammi e, perchè no, della loro crescita interiore, è stata svolta molto bene. Di certo, in sala, c'era chi si aspettava l'happy end (lui, la giornalista ed il bimbo adottato), ma cosi va più che bene.
Tutto il film è solo una fase di transizione: cominceranno tutti a vivere non appena si incontreranno. Questa metafora di essere vivi ma esserne coscienti solo dopo aver avuto situazioni choccanti e traumatiche è davvero molto struggente. Alla fine non si saprà mai cosa c'è dopo la morte, ma si può continuare a vivere nonostante ci manchi tanto la persona scomparsa.
Grazie Clint, per averci proposto un film "insolito" ed educativo.
Giulia
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uòlter
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martedì 11 gennaio 2011
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uno sguardo sulla morte con gli occhi della vita
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Se è vero che le storie si possono ascoltare un po' tutte con la riserva magari di non condividerle,è anche vero che la capacità di raccontarle sembra essere una dote riservata a pochi eletti.Ogni stupido chiacchiericcio si spegne nella sala dopo poche sequenze,e le anime più scettiche e materialiste sgonfiano le loro piccole intemperanze sopraffatte dal magico impatto con le emozioni più profonde.Mentre la nostra intima commozione comincia il suo viaggio legata allo svolgersi degli eventi narrati. Nessuno può allontanarsi troppo dalle vicende illustrate perchè in fondo ne diventa partecipe,e la magica leggerezza di Eastwood conquista la nostra indissolubile attenzione per aiutarci a gettare uno sguardo sulla voragine che ci separa dal nulla del "dopo".
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Se è vero che le storie si possono ascoltare un po' tutte con la riserva magari di non condividerle,è anche vero che la capacità di raccontarle sembra essere una dote riservata a pochi eletti.Ogni stupido chiacchiericcio si spegne nella sala dopo poche sequenze,e le anime più scettiche e materialiste sgonfiano le loro piccole intemperanze sopraffatte dal magico impatto con le emozioni più profonde.Mentre la nostra intima commozione comincia il suo viaggio legata allo svolgersi degli eventi narrati. Nessuno può allontanarsi troppo dalle vicende illustrate perchè in fondo ne diventa partecipe,e la magica leggerezza di Eastwood conquista la nostra indissolubile attenzione per aiutarci a gettare uno sguardo sulla voragine che ci separa dal nulla del "dopo".Come a dire che le risposte le possiamo trovare soltanto dando una direzione ai nostri passi terreni,senza oltrepassare una soglia che forse ci lascerebbe soltanto cadere nel vuoto. La fede impregna le anime semplici coprendo le umane insicurezze,ma chi nasce incapace di credere nel soprannaturale deve interpretare la vita per avere la speranza che esista una dimensione dove si possa raccogliere una pur piccola parte di quel che si è seminato. Anche nei limiti di una collocazione assolutamente eterea ed impalpabile. Nessuna certezza (come si potrebbe darne?)ma il colpo sulla coscienza lascia il segno,e il mistero della vita sembra rassicurarci,in un finale nel quale si muovono le tracce di qualche speranza perduta che riaffiora. Forse siamo ancora in tempo,chissà...Tentare di frenare le lacrime sul primo piano del piccolo gemello rimasto solo mi sembra francamente impossibile,e devo dire ,a conti fatti,che sarebbe in fondo rinunciare alla nostra parte migliore.Non abbiate timore di piangere,probabilmente state guardando nella direzione giusta...
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giovanni m. di sanchirico
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martedì 11 gennaio 2011
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non oltre il marketing della superstizione
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Grandi mezzi e alto talento contaminati dalla tesi che la narrazione della morte, della sua spiegazione e del suo seguito, può diventare spettacolo fascinante.
Il trascendente può e deve essere affrontato con altri strumenti e racconti che non siano quelli dei raffinati episodi del paranormale che vengono messi in scena nel film. Il tentativo è superbo e luciferino quanto fallimentare : narrare la morte ed il "dopo" in contesti assolutamente privi di Dio, in una società incredibilmente totalmente atea. Il film cerca così risposte alla antica fondamentale domanda sull'aldilà ispirandosi alla più spettacolare e modaiola superstizione.
Alla crescente domanda di trascendenza il pur grande e geniale Eastwood dà una efficace, in termini di botteghino, risposta di marketing, pericolosa quanto inesatta, dragando scientificamente tendenze spiritualiste ingenue e superficiali.
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Grandi mezzi e alto talento contaminati dalla tesi che la narrazione della morte, della sua spiegazione e del suo seguito, può diventare spettacolo fascinante.
Il trascendente può e deve essere affrontato con altri strumenti e racconti che non siano quelli dei raffinati episodi del paranormale che vengono messi in scena nel film. Il tentativo è superbo e luciferino quanto fallimentare : narrare la morte ed il "dopo" in contesti assolutamente privi di Dio, in una società incredibilmente totalmente atea. Il film cerca così risposte alla antica fondamentale domanda sull'aldilà ispirandosi alla più spettacolare e modaiola superstizione.
Alla crescente domanda di trascendenza il pur grande e geniale Eastwood dà una efficace, in termini di botteghino, risposta di marketing, pericolosa quanto inesatta, dragando scientificamente tendenze spiritualiste ingenue e superficiali.
Basso spessore culturale, appiattimento su ricerche di marketing Usa sul mercato dello spirito.
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ablueboy
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martedì 11 gennaio 2011
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un bel film, forse troppo delicato.
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Ho visto questo film con piacere.. Equilibrato nella trama e nella sceneggiatura. Mi è parso che il regista non avesse la volontà di osare davvero: ha cercato la moderazione in tutto, nonostante avesse gli elementi per dare un po' più di spezia al film. La scena che rimane più impressa rimane quella del trailer, il resto è gradevole ma come sbiadito.
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