L’ultimo film di Clint Eastwood non è un capolavoro, come ci aveva abituato ultimamente il regista premio oscar per “Gli spietati” e per “Million dollar baby”, con gli splendidi “Changeling” e “Gran Torino” e, se vogliamo, per certi versi anche con l’epico “Invictus”. Tuttavia, la materia trattata in questo caso era piuttosto spinosa: si parla di morte, di aldilà, di soprannaturale ed il rischio che venisse fuori un film senza capo né coda era alto. Hereafter, invece, grazie ancora una volta alla magnifica regia, si tiene in costante tensione, senza particolari cadute e senza troppi voli pindarici, che l’avrebbero fatto cadere nel patetico.
Si parla di morte, di aldilà, ma quello che più interessa a Eastwood non è dare delle risposte, bensì capire come questa esperienza, il contatto con il soprannaturale e con la morte, influenzi la vita delle persone. La risposta che cerca Eastwood non è tanto di ammettere la possibilità di una vita dopo la morte, ma come si può andare avanti, come si può continuare a vivere dopo avere avuto a che fare con la morte. E il contatto con essa, nei tre episodi, è particolarmente vicino, forte e destabilizzante. Il più grosso motore che muove la storia non è cercare delle risposte, questa è solamente l’impressione a prima vista, ma piuttosto riuscire a superare questa esperienza, ad essere come tutti gli altri. I personaggi del film vogliono essere compresi, amati, rompere questa barriera con il resto del mondo che li costringe alla solitudine e all’incomprensione. Non è un caso che il film si concluda con un bellissimo messaggio di speranza, messo in risalto da una incongruenza: se fino a quel momento il personaggio di Matt Damon vedeva cose passate, entrava nel passato di una persona, qui il sensitivo si immagina il futuro, un bellissimo bacio romantico con un altro individuo che, come lui, ha patito il peso di questa esperienza di “non vita”. Analizzando i tre episodi, il più riuscito sembra essere quello con protagonista proprio Matt Damon, autore di una interpretazione memorabile, caratterizzata da sofferenza, da voglia di riscatto, da consapevolezza di diversità nei confronti del resto della società, da claustrofobia e solitudine. Memorabili le scene con la ragazza incontrata al corso di cucina, che mandano un forte messaggio di inadeguatezza e di impossibilità di riscatto e di raggiungere la serenità. Parte bene anche l’episodio dei due gemelli con madre tossicodipendente, che cercano di riscattarsi da una situazione di forte degrado, ma poi la storia prosegue con troppe immagini già viste e tutto diventa troppo prevedibile e stereotipato. Una menzione particolare merita l’inizio del film con una sublime rappresentazione dello Tsunami indonesiano, grazie a straordinari effetti speciali, insoliti nei film di Eastwood: ma quei primi 10 minuti sono davvero uno spettacolo nel rappresentare la situazione di “quasi morte” della protagonista. Poi però proprio quell’episodio sembra il più debole dei tre, solamente abbozzato e poco approfondito. Insomma, Hereafter è ancora una volta una testimonianza della bravura registica di Clint Eastwood, tuttavia la storia, seppur difficile e problematica da trattare, lascia una sensazione di incompiuto, a volte sembra tutto troppo prevedibile e il film non spiazza, non colpisce al cuore, forse perché tutto si incastra in modo così troppo perfetto. Potremmo definirlo un Eastwood a metà. VOTO 6.5
[+] lascia un commento a marce84 »
[ - ] lascia un commento a marce84 »
|