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the man of steel
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lunedì 10 gennaio 2011
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poco entusiaste considerazioni pre-hereafter
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Ha l'aria di essere il solito film sopravvalutato solo perchè firmato Clint Eastwood e secondo me forma un'accoppiata poco entusiasmante assieme al per nulla eclatante Invictus. Gran Torino, Lettere da Iwo Jima, Mystic River quelli sì che sono grandi film. L'Eastwood degli ultimi tempi mi sembra decisamente poco interessante nella sua regia, perfetta dal lato tecnico ma noiosa nell'approccio eccessivamente solenne all'argomento trattato, soprattutto pensando a Invictus che era un film decisamente privo di appeal. Qua decide di lanciarsi nello stucchevole argomento post-mortem, preannunciando lacrime e prodezze retoriche, inoltre avventurandosi nel (per lui) rischiosissimo campo degli effetti speciali.
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Ha l'aria di essere il solito film sopravvalutato solo perchè firmato Clint Eastwood e secondo me forma un'accoppiata poco entusiasmante assieme al per nulla eclatante Invictus. Gran Torino, Lettere da Iwo Jima, Mystic River quelli sì che sono grandi film. L'Eastwood degli ultimi tempi mi sembra decisamente poco interessante nella sua regia, perfetta dal lato tecnico ma noiosa nell'approccio eccessivamente solenne all'argomento trattato, soprattutto pensando a Invictus che era un film decisamente privo di appeal. Qua decide di lanciarsi nello stucchevole argomento post-mortem, preannunciando lacrime e prodezze retoriche, inoltre avventurandosi nel (per lui) rischiosissimo campo degli effetti speciali. Lo Tsunami nel trailer mi sembrava PESSIMO. Boh magari mi sbaglierò ma a me il film dà proprio questa impressione. Non credo valga la pena andare a vederlo al cinema e, come Invictus, ritengo che sia meglio prenderlo a noleggio.
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marezia
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lunedì 10 gennaio 2011
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p.s. del p.s.
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Trovo INFINE che la scelta di NON TRADURRE il titolo originale sia stata NON SOLO GIUSTA DA UN PUNTO DI VISTA PRATICO MA ANCHE FILOLOGICAMENTE INECCEPIBILE perché l'avverbio in questo caso ha una valenza spaziotemporale IMPOSSIBILE DA RENDERE SENZA COMMETTERE UN ERRORE.
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stefano - pisa
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lunedì 10 gennaio 2011
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lunghi dialoghi in francese
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Ho visto il film qualche sera fa al cinema Isola Verde di Pisa. La parte che riguarda la storia ambientata a Parigi ètutta in francese al punto che ci siamo chiesti se fosse una scelta del regista o ci fosse qualche problema in quella copia del film perchè sinceramente trovo strano che dialoghi così lunghi non siano stati doppiati o almeno sottotitolati. Se qualcuno ne sapesse di più...mi illumini!! grazie.
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gianmarco.diroma
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lunedì 10 gennaio 2011
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al di là della vita
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Al di là della vita è il titolo con cui è stato distribuito in Italia Bringing out the Dead (letteralmente portare alla luce la morte) di Martin Scorsese: con lo stesso titolo potrebbe essere stato tradotto anche l'ultima fatica dell'ottantenne Clint Eastwood, il quale, dopo aver salutato la sua carriera di attore con Gran Torino, qui affronta un tema che sembra farglisi vicino: il tema della morte e della paura che suscita nell'uomo. Ma non nell'uomo in generale, bensì in quel tipo di uomo, sfacciatamente razionale, ancorato al dato empirico, incapace di parlare o credere in qualsiasi cosa di cui non vi sia prova concreta. Costruendo una storia intorno a tre personaggi che si muovono in tre punti diversi del globo, Eastwood, in maniera molto più convincente rispetto ad un regista eccessivamente narciso come Alejandro González Iñárritu, riesce a parlarci di piccole sfumature, leggere energie che legano un luogo ad un altro, che spingono la storia di un uomo, di una donna, di un bambino, insomma di tre personaggi ad incontrarsi ed incrociarsi.
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Al di là della vita è il titolo con cui è stato distribuito in Italia Bringing out the Dead (letteralmente portare alla luce la morte) di Martin Scorsese: con lo stesso titolo potrebbe essere stato tradotto anche l'ultima fatica dell'ottantenne Clint Eastwood, il quale, dopo aver salutato la sua carriera di attore con Gran Torino, qui affronta un tema che sembra farglisi vicino: il tema della morte e della paura che suscita nell'uomo. Ma non nell'uomo in generale, bensì in quel tipo di uomo, sfacciatamente razionale, ancorato al dato empirico, incapace di parlare o credere in qualsiasi cosa di cui non vi sia prova concreta. Costruendo una storia intorno a tre personaggi che si muovono in tre punti diversi del globo, Eastwood, in maniera molto più convincente rispetto ad un regista eccessivamente narciso come Alejandro González Iñárritu, riesce a parlarci di piccole sfumature, leggere energie che legano un luogo ad un altro, che spingono la storia di un uomo, di una donna, di un bambino, insomma di tre personaggi ad incontrarsi ed incrociarsi. Per esempio la passione letteraria di George Lonegan è Charles Dickens, uno dei massimi esponenti del romanzo sociale: ma non è forse un romanzo sociale quello che caratterizza la storia del piccolo e sfortunato Marcus? Che sia proprio la passione per Charles Dickens a spingere George verso Londra, verso Marcus? E poi c'è Marie, la cui storia non può essere raccontata in una terra come quella francese, dove lo spazio dell'impegno politico inonda come uno tsunami qualsiasi altra possibilità di espressione, a differenza di una cultura come quella inglese o quella americana, capaci invece di guardare senza blocchi ideologici agli sfoghi più intimi e segreti di una persona. La Francia sembra quasi uscirne come massimo emblema di un Vecchio Continente incapace di liberarsi di obsoleti schemi di cui invece l'America dimostra di non curarsi. A fare da ponte l'Inghilterra, una sorta di luogo di transito delle anime dal Vecchio al Nuovo Continente; ed è in questa terra di transito, in questo crocevia delle anime che George, Marie e Marcus intersecano le loro strade. Nel corso di una Fiera del libro, quasi a sottolineare non tanto il potere salvifico della scrittura, quanto la capacità dell'arte in generale di esprimere al massimo grado l'immenso valore che assume l'esistenza umana proprio nel suo essere transitoria (si veda la scena del cappello di Marcus che Jason fa volare via nella metropolitana di Londra per salvargli la vita).
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alice33gra
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lunedì 10 gennaio 2011
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quando la poesia incontra il grande schermo!!
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Quanado la poesia incontra il grande schermo nasce un capolavoro. Pare incredibile che una persona di ottanta anni, ormai non tanto lontana dall'appuntamento con la morte (e speriamo che sia il più lontano possibile così che possa regalare a tutti noi ancora grandi emozioni)riesca a descrivere quello che non si può conoscere con tanta pacatezza e poesia.
Un film eccellente da vedere e rivedere per cogliere tutte le sfumature di colore che ad una prima visione possono essere oscurate dalle tinte più accese della storia dei tre personaggi. Mi ha colpito per esempio la paura della massa di affrontare questi argomenti al confine tra la vita e la morte, tra quello che è noto e l'ingnoto che il regista sottolinea, tuttavia, in modo non grave con un commento di una studiosa atea.
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Quanado la poesia incontra il grande schermo nasce un capolavoro. Pare incredibile che una persona di ottanta anni, ormai non tanto lontana dall'appuntamento con la morte (e speriamo che sia il più lontano possibile così che possa regalare a tutti noi ancora grandi emozioni)riesca a descrivere quello che non si può conoscere con tanta pacatezza e poesia.
Un film eccellente da vedere e rivedere per cogliere tutte le sfumature di colore che ad una prima visione possono essere oscurate dalle tinte più accese della storia dei tre personaggi. Mi ha colpito per esempio la paura della massa di affrontare questi argomenti al confine tra la vita e la morte, tra quello che è noto e l'ingnoto che il regista sottolinea, tuttavia, in modo non grave con un commento di una studiosa atea. La recitazione di Damon meriterebbe l'oscar.
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ginofac
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lunedì 10 gennaio 2011
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bell'inizio, ma poi...
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Il tono di voce è quello degli ultimi film di Clint Eastwood, ma in generale qui c'è meno potenza.
Tre storie che scorrono parallele, e che troppo forzosamente finiscono per intrecciarsi.
L'inizio di ciascuna delle tre storie è forse il momento migliore del film: lo tsunami, la seduta al greco, la visita degli assistenti sociali. COn grande forza piombiamo in queste tre vite, con meno forza vi restiamo.
Forse troppo surreale la parte di Matt Damon, che riempie tutto il film di un alone di assurdità.
Film comunque in generale piacevole.
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gloucester
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lunedì 10 gennaio 2011
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l'aldilà: deve esserci andato anche il cinema.
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Trovo piuttosto incomprensibile lo schieramento unanimamente favorevole espresso dalla critica a favore del film quasi come contrappeso ai giudizi piuttosto tiepidi dei critici americani.
Il film di Eastwood meno centrato degli ultimi vent'anni. Personaggi sfuocati, dialoghi piatti, si sta lì ad aspettare che le tre storie decollino e non succede.
Mi è totalmente sfuggita la traccia relativa al senso della vita, quello della morte e della loro compresenza. Boh! Non avro capito io.
Peccato! ero andato con le migliori intenzioni.
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aesse
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lunedì 10 gennaio 2011
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la gioia di " togliersi i guanti"
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SU “ HEREAFTER”: LA GIOIA DI “TOGLIERSI I GUANTI”
Succede a volte che il procedere degli anni, accumulare passato alle spalle, esperienza e vita, non produca inesorabilmente vecchiaia che è generalmente antitetica alla facilità, semplicità, mi viene da dire bonarietà, caratteristiche con le quali è stato portato a compimento “ HEREAFTER”.
Ci fa di certo piacere che portatore di tali rare prerogative sia quel gran figo di Clint Eastwood della cui memorabile fisicità piuttosto che della sua anima siano, nonostante le ormai infinite prove di essa, segnati, al fine di superare il pregiudizio, purtroppo ancora in vigore, per cui una grande anima difficilmente sia ad appannaggio di chi abbia un fisico un tempo bellissimo.
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SU “ HEREAFTER”: LA GIOIA DI “TOGLIERSI I GUANTI”
Succede a volte che il procedere degli anni, accumulare passato alle spalle, esperienza e vita, non produca inesorabilmente vecchiaia che è generalmente antitetica alla facilità, semplicità, mi viene da dire bonarietà, caratteristiche con le quali è stato portato a compimento “ HEREAFTER”.
Ci fa di certo piacere che portatore di tali rare prerogative sia quel gran figo di Clint Eastwood della cui memorabile fisicità piuttosto che della sua anima siano, nonostante le ormai infinite prove di essa, segnati, al fine di superare il pregiudizio, purtroppo ancora in vigore, per cui una grande anima difficilmente sia ad appannaggio di chi abbia un fisico un tempo bellissimo.
Invece anche questa volta, soprattutto questa volta, Eastwood nonostante l’età incipiente e il tema guida del film riesce a trattare il tutto con facilità, semplicità, bonarietà, prova non ovvia trattandosi di un racconto sulla morte che appellandosi alle suddette qualità narrative si propone come l’esempio più felice mai raccontato con il cinema. Niente turba un equilibrio e un ritmo che è evidente fino dalle prime scene di cui quella iniziale dello tzunami indonesiano molto spettacolare e terrorizzante ma nonostante il suo evidente peso in armonia con il resto. Resto che è la quiete dopo la tempesta, quiete nella quale niente sarà più come prima del passaggio della tempesta ma…meglio…Questo film ci dice di avere fiducia nei confronti di ciò che ci sarà dopo, anche dopo la morte confidando nelle grandi prerogative spesso nascoste e inutilizzate degli uomini. Prerogative ben espresse in George uno dei tre protagonisti del film, dickensiano di ferro, poi c’è Marie, giornalista francese di successo miracolosamente sfuggita alla morte e Marcus, fragile gemello dodicenne sdoppiato causa morte del gemello Jason. George è un sensitivo che non vive serenamente queste sue qualità specifiche e spesso ob torto collo aiuta gli altri ad entrare in contatto con le anime dei loro morti, difficile da credere! Meno invece lo è attribuirgli capacità che gli permettano di entrare in contatto con ciò che i vivi interpellanti, sottociutamente e attribuendolo al loro caro scomparso, vogliono e sperano. E’ il caso di Marcus che dopo una seduta con George, tanto ricercata, se ne torna a casa doppio, cioè intero, quindi più forte e più felice. Sarà di sicuro più felice George che attraverso l’incontro e forse l’amore con Marie che nel frattempo avrà utilizzato la sua esperienza per dare una svolta virtuosa ala sua vita, prova la gioia di “togliersi i guanti” tocca sente ed esprime liberamente la propria natura ed è questa, secondo me, indipendentemente dal tema utilizzato, la vocazione di questo film e la sua più giusta chiave di lettura. Quindi la trattazione dell’argomento del dopo morte è un treno come un altro per arrivare ad affermare quanto sia un sacrilegio inperdonabile rinunciare all’espressione totale e più alta di noi stessi, che va sempre perseguito, senza limiti di età, come fa Clint che ad ogni film sempre più ci meraviglia e soddisfa cresce ed esprime se stesso sempre più come in questa sua ultima opera in cui supera degnamente un cimento così difficile senza scadere né nel bizzarro né nel sentimentale. Lo fa consegnandoci l’ennesimo capolavoro che scivola lieve davanti ai nostri occhi grazie ad una regia magistrale che filma le 3 città Londra, Parigi, San Francisco, con quel tocco magico con cui dirige la recitazione dei protagonisti e non, tutti bravissimi nel rendere credibile e potente una sceneggiatura di alto rango.
ANTONELLA SENSI
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marezia
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lunedì 10 gennaio 2011
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anzi,
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Chi ricorda ESATTAMENTE il colore di questi "defunti vestitissimi" glielo spieghi (così mi evita la seccatura), per favore. Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhh......................
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mimì59
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lunedì 10 gennaio 2011
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la dolcezza e la saggezza a connubio
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Regia impeccabile di un Cleant arrivato alla soglia dei suoi ottant'anni. L'avvicinarsi all'età di una possibile morte lo rende sensibile a occuparsi di temi forse a lui fin'ora inesplorati. Non fornisce risposte ma solo spunti di riflessione colorando - come un acquerellista - a tinte pastello, i suoi tre personaggi chiave.
Continuo ad amare questo regista, attore, artista completo che non smette di stupire e che invita - tramite il grande schermo - a pensare, lancia tematiche attualissime e importanti.
Il dolore, la sofferenza e la morte accompagnano l'uomo da sempre, tutte le religioni toccano questi temi, il buddismo per primo.
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