jupiter
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martedì 11 gennaio 2011
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delusione....
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premetto che il giudizio di un film sia molto soggettivo,quindi mi limiterò a esprimere un mio e solo mio parere sul film più noioso che abbia mai visto,una durata che supera, anche se di poco, le 2 ore eppure il film non decolla mai tanto che alcuni in sala se ne sono andati, sbadigli a raffica,insomma un buon film per chi soffre di insonnia,l'unico agettivo che riesco a trovare e già presente nel titolo del post...DELUSIONE più totale...soprattutto il finale che sembra messo li a caso, tanto che il commento del mio vicino di posto, giusto era una ragazza, e stato, testuali parole.." ma finirà mica cosi?!?!??!"...la mia risposta" sembrerebbe proprio di si"....un alrto tizio in risposta." clint ma va a c.
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premetto che il giudizio di un film sia molto soggettivo,quindi mi limiterò a esprimere un mio e solo mio parere sul film più noioso che abbia mai visto,una durata che supera, anche se di poco, le 2 ore eppure il film non decolla mai tanto che alcuni in sala se ne sono andati, sbadigli a raffica,insomma un buon film per chi soffre di insonnia,l'unico agettivo che riesco a trovare e già presente nel titolo del post...DELUSIONE più totale...soprattutto il finale che sembra messo li a caso, tanto che il commento del mio vicino di posto, giusto era una ragazza, e stato, testuali parole.." ma finirà mica cosi?!?!??!"...la mia risposta" sembrerebbe proprio di si"....un alrto tizio in risposta." clint ma va a c..... , mi faccio rimborsare il biglietto, è stato meglio vacanze in sudafrica"....detto tutto...
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mammut
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martedì 11 gennaio 2011
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very good
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Ormai clint non ci stupisce più. Tratta quest'intrigante argomento con una semplicità e linearità uniche. Complimenti
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simone dato
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martedì 11 gennaio 2011
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dov'è la sceneggiatura?
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Diciamo subito che trattandosi di un film di Clint Eastwood, non è senz'altro un film banale.
E anche che trattandosi di un film di Clint Eastwood le aspettative sono sempre alte, soprattutto in questo caso in cui la critica sembrava tutta molto favorevolmente riviolta all'ultima opera del grande regista californiano.
Forse proprio per questo carico di aspettative, con l'idea di trovarsi di fronte ad uno di quei capolavori assoluti che cambiano i nostri radicati giudizi sul cinema, si esce dalla sala al termine della proiezione con un misto tra perplessità e delusione.
Perchè il film di Eastwood di qualità ne ha molte, e spunti interessanti anche, ma lascia un'idea di incompiuto, di ciò che poteva essere e non è stato, che ci accompagna anche nei giorni successivi quando lo si ripensa a mente fredda.
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Diciamo subito che trattandosi di un film di Clint Eastwood, non è senz'altro un film banale.
E anche che trattandosi di un film di Clint Eastwood le aspettative sono sempre alte, soprattutto in questo caso in cui la critica sembrava tutta molto favorevolmente riviolta all'ultima opera del grande regista californiano.
Forse proprio per questo carico di aspettative, con l'idea di trovarsi di fronte ad uno di quei capolavori assoluti che cambiano i nostri radicati giudizi sul cinema, si esce dalla sala al termine della proiezione con un misto tra perplessità e delusione.
Perchè il film di Eastwood di qualità ne ha molte, e spunti interessanti anche, ma lascia un'idea di incompiuto, di ciò che poteva essere e non è stato, che ci accompagna anche nei giorni successivi quando lo si ripensa a mente fredda.
Di positivo, oltre alla solita maestria alla regia, sono sicuramente le ambientazioni, e l'ottima resa delle tre diverse realtà, quella californiana, quella londinese e quella francese, disegnate con realismo e attenzione ai particolari.
Anche i protagonisti sono ben caratterizzati.
Quello che invece manca è un senso compiuto, le tre storie sono tutte quante abbozzate, ma nessuna ben sviluppata, e poi francamente non si capisce quale sia il messaggio del film, il che stride con la pretesa, che si percepisce sin dalle prime scene, di lanciarlo, un messaggio, o per lo meno una provocazione.
E qual'è, tale provocazione? Io non l'ho colta.
Che bisogna porsi dei dubbi sulla vita dopo quella terrena? Credo sia qualcosa che già avviene dalla notrte dei tempi, mi sembrerebbe un po' banale.
Un ottimo esercizio di regia, un film piacevole e con una dinamica credibile, ma quasi privo di contenuti.
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[+] esatto
(di lennon)
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peppeanastasi
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martedì 11 gennaio 2011
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flop
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Sceneggiatura BANALE.
Fotografia anni 80 mentre il film è attualissimo.
Finale sbrigativo, scontato e fatto male ...
L'unica cosa positiva è l'eccelsa interpretazione di Matt Demon
La tematica molto interessante. Credo che sceneggiatore e regista avrebbero dovuto concentrarsi di più ...
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federico
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martedì 11 gennaio 2011
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la vita è bella
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E' un argomento la morte difficilmente accessibile ad una critica che non sia ancor piu' strettamente personale e con valenza assolutamente soggettive. Da qui in poi il film e girato da Dio e la musica(sempre di Clint) è stupenda, con finale titpicamente"americano". A parer mio nessuno film , libro, religione, o argomentazione varie, ci faranno cambiare idea che la vita è decisamente meglio di qualsiasi mondo supposto dell'aldila'.
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anna1
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martedì 11 gennaio 2011
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il confine
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Il confine più difficile da valicareè la morte.il passaggio è affrontato inquesto film non in termini di affetto o di sentire religioso, ma in termini di identificazione. L'identità della persona impone, pur in modo diverso, ai tre protagonisti di superare quel confine: il proprio modo di essere impone un contatto, una contiuità, una con-fusioneper ritrovare se stessi. Questa situazione vedo nella giornalista che sperimentando una situazione esistenziale ai limiti della vita e - anche del razionale - prende le distanze da un mondo fatto di gratificazioni economiche e di affenmazione pubblica per seguire la via incompresa e impopolare della ricerca sul tema dei contatti con l'aldilà; il veggente vive la condanna del contatto con l'aldilà, ma anche la sua ineluttabilità, questa sensibilità è parte di sè; il bambino cerca disperatamente il gemello-parte di sè, e trova i presupposti per ilreinserimento quando lo trova, nell'incidente della metro e nell'incontro con il sensitivo.
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Il confine più difficile da valicareè la morte.il passaggio è affrontato inquesto film non in termini di affetto o di sentire religioso, ma in termini di identificazione. L'identità della persona impone, pur in modo diverso, ai tre protagonisti di superare quel confine: il proprio modo di essere impone un contatto, una contiuità, una con-fusioneper ritrovare se stessi. Questa situazione vedo nella giornalista che sperimentando una situazione esistenziale ai limiti della vita e - anche del razionale - prende le distanze da un mondo fatto di gratificazioni economiche e di affenmazione pubblica per seguire la via incompresa e impopolare della ricerca sul tema dei contatti con l'aldilà; il veggente vive la condanna del contatto con l'aldilà, ma anche la sua ineluttabilità, questa sensibilità è parte di sè; il bambino cerca disperatamente il gemello-parte di sè, e trova i presupposti per ilreinserimento quando lo trova, nell'incidente della metro e nell'incontro con il sensitivo.
La storia produce come lieto fine la ricomposizione di queste vite altre in un ritorno alla realtà, che non rinnega e dimentica l'alterità di partenza. Anzi l'approdo alla realtà è reso possibile dalla piena consapevolizza dell'alterità, dall'averla accettata e vissuta a pieno. Questo passaggio è descritto con grande delicatezza, senza sfumature sdolcinate, con poesia, come sottolinea re recensione del sito. Bella recitazione nei tre protagonisti, nelle espressioni anticonvenzionali di dolore.
Il film ha una valenza, al dilà del tema specifica affrontato, nella valorizzazione di stati d'animo ai confini della realtà, nella accettazione di alterità difficilmente comprensibili. rispetto e comprensione per vite diverse
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the man of steel
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lunedì 10 gennaio 2011
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poco entusiaste considerazioni pre-hereafter
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Ha l'aria di essere il solito film sopravvalutato solo perchè firmato Clint Eastwood e secondo me forma un'accoppiata poco entusiasmante assieme al per nulla eclatante Invictus. Gran Torino, Lettere da Iwo Jima, Mystic River quelli sì che sono grandi film. L'Eastwood degli ultimi tempi mi sembra decisamente poco interessante nella sua regia, perfetta dal lato tecnico ma noiosa nell'approccio eccessivamente solenne all'argomento trattato, soprattutto pensando a Invictus che era un film decisamente privo di appeal. Qua decide di lanciarsi nello stucchevole argomento post-mortem, preannunciando lacrime e prodezze retoriche, inoltre avventurandosi nel (per lui) rischiosissimo campo degli effetti speciali.
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Ha l'aria di essere il solito film sopravvalutato solo perchè firmato Clint Eastwood e secondo me forma un'accoppiata poco entusiasmante assieme al per nulla eclatante Invictus. Gran Torino, Lettere da Iwo Jima, Mystic River quelli sì che sono grandi film. L'Eastwood degli ultimi tempi mi sembra decisamente poco interessante nella sua regia, perfetta dal lato tecnico ma noiosa nell'approccio eccessivamente solenne all'argomento trattato, soprattutto pensando a Invictus che era un film decisamente privo di appeal. Qua decide di lanciarsi nello stucchevole argomento post-mortem, preannunciando lacrime e prodezze retoriche, inoltre avventurandosi nel (per lui) rischiosissimo campo degli effetti speciali. Lo Tsunami nel trailer mi sembrava PESSIMO. Boh magari mi sbaglierò ma a me il film dà proprio questa impressione. Non credo valga la pena andare a vederlo al cinema e, come Invictus, ritengo che sia meglio prenderlo a noleggio.
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marezia
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lunedì 10 gennaio 2011
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p.s. del p.s.
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Trovo INFINE che la scelta di NON TRADURRE il titolo originale sia stata NON SOLO GIUSTA DA UN PUNTO DI VISTA PRATICO MA ANCHE FILOLOGICAMENTE INECCEPIBILE perché l'avverbio in questo caso ha una valenza spaziotemporale IMPOSSIBILE DA RENDERE SENZA COMMETTERE UN ERRORE.
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stefano - pisa
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lunedì 10 gennaio 2011
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lunghi dialoghi in francese
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Ho visto il film qualche sera fa al cinema Isola Verde di Pisa. La parte che riguarda la storia ambientata a Parigi ètutta in francese al punto che ci siamo chiesti se fosse una scelta del regista o ci fosse qualche problema in quella copia del film perchè sinceramente trovo strano che dialoghi così lunghi non siano stati doppiati o almeno sottotitolati. Se qualcuno ne sapesse di più...mi illumini!! grazie.
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gianmarco.diroma
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lunedì 10 gennaio 2011
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al di là della vita
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Al di là della vita è il titolo con cui è stato distribuito in Italia Bringing out the Dead (letteralmente portare alla luce la morte) di Martin Scorsese: con lo stesso titolo potrebbe essere stato tradotto anche l'ultima fatica dell'ottantenne Clint Eastwood, il quale, dopo aver salutato la sua carriera di attore con Gran Torino, qui affronta un tema che sembra farglisi vicino: il tema della morte e della paura che suscita nell'uomo. Ma non nell'uomo in generale, bensì in quel tipo di uomo, sfacciatamente razionale, ancorato al dato empirico, incapace di parlare o credere in qualsiasi cosa di cui non vi sia prova concreta. Costruendo una storia intorno a tre personaggi che si muovono in tre punti diversi del globo, Eastwood, in maniera molto più convincente rispetto ad un regista eccessivamente narciso come Alejandro González Iñárritu, riesce a parlarci di piccole sfumature, leggere energie che legano un luogo ad un altro, che spingono la storia di un uomo, di una donna, di un bambino, insomma di tre personaggi ad incontrarsi ed incrociarsi.
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Al di là della vita è il titolo con cui è stato distribuito in Italia Bringing out the Dead (letteralmente portare alla luce la morte) di Martin Scorsese: con lo stesso titolo potrebbe essere stato tradotto anche l'ultima fatica dell'ottantenne Clint Eastwood, il quale, dopo aver salutato la sua carriera di attore con Gran Torino, qui affronta un tema che sembra farglisi vicino: il tema della morte e della paura che suscita nell'uomo. Ma non nell'uomo in generale, bensì in quel tipo di uomo, sfacciatamente razionale, ancorato al dato empirico, incapace di parlare o credere in qualsiasi cosa di cui non vi sia prova concreta. Costruendo una storia intorno a tre personaggi che si muovono in tre punti diversi del globo, Eastwood, in maniera molto più convincente rispetto ad un regista eccessivamente narciso come Alejandro González Iñárritu, riesce a parlarci di piccole sfumature, leggere energie che legano un luogo ad un altro, che spingono la storia di un uomo, di una donna, di un bambino, insomma di tre personaggi ad incontrarsi ed incrociarsi. Per esempio la passione letteraria di George Lonegan è Charles Dickens, uno dei massimi esponenti del romanzo sociale: ma non è forse un romanzo sociale quello che caratterizza la storia del piccolo e sfortunato Marcus? Che sia proprio la passione per Charles Dickens a spingere George verso Londra, verso Marcus? E poi c'è Marie, la cui storia non può essere raccontata in una terra come quella francese, dove lo spazio dell'impegno politico inonda come uno tsunami qualsiasi altra possibilità di espressione, a differenza di una cultura come quella inglese o quella americana, capaci invece di guardare senza blocchi ideologici agli sfoghi più intimi e segreti di una persona. La Francia sembra quasi uscirne come massimo emblema di un Vecchio Continente incapace di liberarsi di obsoleti schemi di cui invece l'America dimostra di non curarsi. A fare da ponte l'Inghilterra, una sorta di luogo di transito delle anime dal Vecchio al Nuovo Continente; ed è in questa terra di transito, in questo crocevia delle anime che George, Marie e Marcus intersecano le loro strade. Nel corso di una Fiera del libro, quasi a sottolineare non tanto il potere salvifico della scrittura, quanto la capacità dell'arte in generale di esprimere al massimo grado l'immenso valore che assume l'esistenza umana proprio nel suo essere transitoria (si veda la scena del cappello di Marcus che Jason fa volare via nella metropolitana di Londra per salvargli la vita).
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