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Roma 2011, festival nel segno dell'austerity

Quattro gli italiani in concorso nella sesta edizione della rassegna capitolina.
di Ilaria Ravarino

Una foto del film Il paese delle spose infelici, uno dei quattro film italiani in concorso alla sesta edizione del Festival di Roma.

giovedì 13 ottobre 2011 - Incontri

Sesta edizione del Festival Internazionale di Roma, c'è aria di austerity all'Auditorium della Capitale. Il rigore domina nell'atrio moderno dell'edificio progettato da Renzo Piano, le tradizionali tavolate inaugurali di porchetta e vino dei castelli delle prime edizioni sono un ricordo, e la parola pronunciata più spesso è una: «crisi». La pronuncia il Direttore Generale Francesca Via, («In quest'anno di crisi e di tagli è necessario ringraziare gli Enti Locali e gli sponsor. Il festival, grazie a loro, conta su un autofinanziamento di quasi il 70% del budget), la dice la Presidente della Regione Lazio Renata Polverini («Seppur in un grave momento di crisi abbiamo messo a disposizione un fondo di 15 milioni a sostegno del cinema»), evoca la crisi anche il Sindaco Gianni Alemanno, anche se la crisi di cui parla lui è poco economica e molto politica: «Questa manifestazione cresce ogni anno e non permetteremo a nessun ministro di rompere le scatole al Festival di Roma». In programma dal 27 ottobre al 4 novembre all'Auditorium Parco della Musica di Roma, il Festival Internazionale del Film sarà aperto, e chiuso, dalla madrina Luisa Ranieri. Il film di apertura, come annunciato in conferenza stampa, sarà The Lady di Luc Besson (Fuori Concorso), in chiusura la versione restaurata di Colazione da Tiffany.


LA SELEZIONE UFFICIALE
Quindici i film in concorso nella selezione ufficiale, di cui quattro italiani: La kryptonite nella borsa di Ivan Cotroneo, Il cuore grande delle ragazze di Pupi Avati, Il mio domani di Marina Spada e Il paese delle spose infelici di Pippo Mezzapesa. A giudicarli in giuria il presidente Ennio Morricone affiancato dalla regista Susanne Bier, dall'ètoile Roberto Bolle, dalla nipote d'arte e autrice Carmen Chaplin, dal produttore David Putnam, dal regista francese Pierre Thorretton e dall'attrice Debra Winger. A dirigere la sezione, la giornalista Piera Detassis.

Quali novità rispetto agli altri anni?
Detassis: Quest'anno la commistione fra le sezioni del festival è stata fondamentale per portare a casa un programma di cui siamo moderatamente orgogliosi. L'impressione è quella di trovarci di fronte a un'edizione molto al femminile, da tappeto rosa, perché la forza femminile è stata determinante nel programma. Oltre al film d'apertura e chiusura, ricordo anche l'omaggio a Monica Vitti che compie 80 anni, e il film fuori concorso My week with Marilyn, che racconta l'incontro fra la Monroe e Lawrence Olivier.

E sul fronte degli ospiti internazionali?
Detassis: Avremo Penelope Cruz in duetto con Castellitto, la star asiatica Michelle Yeoh, Noomi Rapace, Micaela Ramazzotti, Christine Scott Thomas, Charlotte Rampling, Maggie Gyllenhaal al Festival con Hysteria, Isabelle Huppert, Olivia Newton John, Valeria Golino, Cristiana Capotondi, Carolina Crescentini e Sabina Guzzanti.

Solo ospiti al femminile?
Detassis: No, certo. Ci sarà un omaggio a Richard Gere e un incontro con Wim Wenders dopo la proiezione del suo Pina 3D. Stiamo preparando anche un evento sul cinema dell'orrore per la notte di Halloween.

Cosa può dire degli italiani in concorso?
Detassis: Quest'anno ci saranno quattro italiani in competizione e due fuori. Insieme costruiscono un viaggio attraverso il paese: dal Nord attaccato dalla crisi di Marina Spada alle Marche di Avati, dalla Napoli anni '70 di Cotroneo alla Puglia di Pippo Mezzapesa. Senza contare L'industriale di Montaldo e il film americano di Roberto Faenza. Avremo anche un inedito di Lelio Luttazzi, L'Illazione, e il documentario Noi di settembre dedicato a Franco Califano.

E la commedia? In tempo di crisi non c'è niente da ridere?
Detassis: La commedia c'è, abbiamo persino il restauro del primo film in 3D italiano, Totò 3D, e i film per ragazzi di Scorsese e Spielberg.

Ma quello di Roma è un festival o una festa?
Detassis: Per me è un Festival con la festa nel dna.

C'è competizione con la Mostra di Venezia?
Detassis: Il confronto con Venezia è fuorviante. Noi abbiamo una vocazione più calda e amichevole, guardiamo al pubblico. Con tutte le complicazioni di una città. Abbiamo una doppia anima. Lasciateci lavorare, perché ne siamo capaci. E lo abbiamo dimostrato quest'anno, lavorando sotto attacco. Abbiamo fatto un lavoro forte e importante: la competizione tra Roma e Venezia è un falso problema.


ALICE NELLA CITTÀ E FOCUS
Esordi alla regia e film a basso budget, perchè la sezione del festival dedicata ai ragazzi, Alice nella città, «scommette sulle opere prime e sulla realtà» dice il direttore Gianluca Giannelli. Spazio ai cartoon come il nuovo film dello Studio Ghibli Kokurikozaka Kara, e ai film in selezione ufficiale Le avventure di Tintin: il segreto dell'unicorno di Steven Spielberg, Hugo Cabret di Martin Scorsese e The Twilight Saga: Breaking dawn Parte I, vero evento atteso dai fan della capitale.
"Vede giovane" anche la sezione Focus, che quest'anno punta il suo occhio sul mondo sul cinema della Gran Bretagna, guadagnandosi il sottotitolo Punks & patriots. «Sarà uno sguardo sull'anima tradizionale e sovversiva di questo popolo – ha detto la direttrice Gaia Morione – fatto di ribelli e patrioti. La retrospettiva di dodici film, tutti realizzati fra gli anni '40 e '80, è stata organizzata in collaborazione con grandi esponenti della cultura inglese, alcuni dei quali saranno presenti al Festival come Michael Nyman». Nella tradizionale vetrina anche sette film, di tre registi affermati e quattro esordienti: tra loro Michael Winterbottom con Trishna, David Hare con il sofisticato Page height e Terence Davies con The deep Blue sea. Inglese anche il red carpet del festival, firmato dall'artista Simon J.Lycett, collaboratore della famiglia reale inglese: sarà la bandiera della Union Jack, rivisitata in chiave «ribelle», ad accompagnare le star sul tappeto rosso dell'Auditorium.


EXTRA
«La mia sezione contiene sempre almeno un premio Oscar»: non è un vanto ma una verità, e per il Direttore Mario Sesti anche quest'anno arriva la possibilità di confermare la tradizione. Quest'anno gli Oscar sono almeno quattro: Michael Mann, Alex Gibney, James Marsh e Davis Guggenheim .

E le donne? Per la Detassis è un festival al femminile.
Sesti: Confermo: abbiamo cinque registe donne, tra cui la Guzzanti con il documentario su Franca Valeri, e un ritratto-omaggio a Laura Betti. Ci sono poi donne importanti che emergono tra i protagonisti dei film: nel film sul caso Cucchi, per esempio, spicca la presenza della sorella Ilaria. O nel film sulle case chiuse, che è la storia di questi microcosmi da Pompei fino all'Artemis di Berlino, o in un prezioso documentario cinese in cui una giornalista intervista i condannati a morte una settimana prima che vengano uccisi.

Il cinema americano è sempre molto presente dalle vostre parti...
Sesti: In nome della nostra passione per il cinema americano abbiamo l'onore di avere Micheal Mann in masterclass, e a questo aggiungiamo un omaggio documentario a Nicholas Ray, con Stuart Sterne, regista di Gioventù bruciata, che ci parlerà di Ray e James Dean sul set.

Che ne pensa della polemica Venezia contro Roma?
Sesti: Che a me Roma ricorda molto di più Toronto. Hanno la stessa forma metropolitana: tanti focolai di cinema in giro per la città e un festival che non è fatto solo di film ma anche di incontri.


BUSINESS STREET
E per finire, Roma è anche mercato. Che in tempo di crisi, come prevedibile, non gode di ottima salute. «Non sono ottimista – dice Roberto Ciccutto, responsabile del mercato romano – ma nemmeno pessimista. Faremo i conti a fine Festival».

Ma Roma non potrebbe fare a meno del mercato?
Ciccutto: Ho sempre considerato il mercato una sezione del festival: c'è sinergia, Business Street si armonizza con le altre sezioni propriamente artistiche: Roma è una città dove il cinema è di casa non per volontà del destino, ma perché il cinema si è generato qui. È naturale che il mercato abbia una parte nel festival.

È un mercato pericolosamente vicino all'American Film Market e al London Film Festival...
C.: Con loro lavoriamo in collaborazione, non in competizione. Nonostante la crisi spero che il mercato possa conservare le cifre dell'anno scorso: siamo sopravvissuti in questi anni e ci siamo caratterizzati come luogo in cui si acquistano film e si riflette sul futuro del cinema. Non è un caso se Eurimage ci ha scelti per presentare il suo premio, o se gente del ministero viene da noi per capire come armonizzare meglio gli incentivi fiscali.

Ci saranno convegni quest'anno?
C.: Sì, certo. Quest'anno sarà molto importante l'incontro su "Banche, imprese, cinema" che farà il punto sulle norme e le leggi degli enti locali e su come esse possano aumentare lo sviluppo dell'industria cinematografica. Allacceremo un contatto con le grandi fiere del libro e prepariamo novità per gli italian screenings, con proiezioni di clip e spot della produzione 2012.

E allora perché non è ottimista?
C.: Perché la crisi e le spese sono un problema per tutti: può darsi che qualcuno voglia tagliare sui viaggi e non verrà. In compenso registriamo un aumento di interesse dal Sud America e dall'Oriente.

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