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Edoardo De Angelis

Edoardo De Angelis è un regista, produttore, scrittore, sceneggiatore, è nato il 31 agosto 1978 a Napoli (Italia). Edoardo De Angelis ha oggi 46 anni ed è del segno zodiacale Vergine.

Corpi doppi

A cura di Fabio Secchi Frau

Il cinema italiano contemporaneo, quello di Virzì, Genovese, Rohrwacher, Garrone, Sorrentino e Sollima, sta parlando al mondo. E il mondo, con le orecchie tese, lo sta ascoltando. Ma in questo coro di voci, alcune addirittura impreziosite da prestigiose onorificenze mondiali, ce n'è anche una giovanissima, e non per questo meno ipnotica, ricca di toni, timbri, colori. È la voce di Edoardo De Angelis.
Gli è bastata una manciata di titoli per mettere in chiaro il suo stile. Fin dall'inizio e con risultati molto significativi ed entusiasmanti. Un neonato corpus artistico che è già forte rappresentanza di una nuova settima arte nostrana.
Piace il suo coraggio da sceneggiatore. Perché ci vuole della sconsiderata audacia anche solo per pensare di poter presentare come protagoniste due gemelle siamesi partenopee, sfruttate dal padre per la loro disabilità, che si ribellano e fuggono alla ricerca di un dottore che aveva promesso di separarle. Eppure, oggi un film come Indivisibili è una realtà. Una realtà nella quale Viola e Daisy hanno due voci benedette dal Signore e la condanna meno angelica di un'intera vita da condividere nello stesso corpo. Una realtà nella quale ci vengono descritte anche le ardenti pulsioni amorose, il bisogno di indipendenza e l'abitudine mentale a una vita non-simbiotica, che si riesce a malapena a immaginare da divise. Ma c'è pure la commercializzazione, le ferite inconsce e fisiche, la profonda relazione tra le due ragazze e le immagini di sante martirizzate e sofferenti madonne di strada. La stessa aura religiosa che troviamo anche nella partoriente Maria de Il vizio della speranza. Anche qui, una storia al limite che forse nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di proporre al pubblico e che invece arriva nelle nostre sale, dando lucentezza e vigore a un'emarginata che, in compagnia di un cane e con il cappuccio della felpa calato sulla testa come fosse un velo, compie un lungo pellegrinaggio verso un luogo sicuro nel quale mettere al mondo un figlio. Lontano dalle mani e dagli occhi di chi glielo vorrebbe strappare per puro interesse economico.
Il corpo doppio pare essere uno dei punti fondamentali delle sue sceneggiature. Mantenuto anche quando De Angelis passerà a un registro umoristico, nel quale "il doppio" è rappresentato dalle coppie comiche Ficarra & Picone e Nuzzo & Di Biase. Non si tratta di un'anomalia cinematografica proprio perché continua ad avere in sé il seme dell'identità suddivisa, qui però sfruttata per rendere visibile, esteriore, commerciale la verve delle due celebrità televisive.
C'è poi tutta la maestria nel delineare notevoli personaggi di contorno. Alcuni di loro indelebili. Soprattutto quando sono quelli che spingeranno i suoi protagonisti alla fuga. Il padre egoista di Indivisibili o l'affilata quanto ingioiellata Zia Mari di Il vizio della speranza. Insensibili ai desideri altrui. Incapaci di gesti d'amore o di un qualsivoglia rinnovamento interiore. Passano il tempo a fantasticare sulle ricchezze future. Sono amari, fintamente gentili. De Angelis, spesso, regala loro le sequenze migliori. Li si vede sogghignare compiaciuti quando tutto va come vogliono che vada. Folli di rabbia e disprezzo quando invece i protagonisti compiono gravi affronti alla gerarchia costituita dalla sopravvivenza, che li vede al vertice della piramide. A loro, vanno anche le battute più colorate o melodrammatiche. I discorsi in cui si pontifica, si annuncia, si rimarcano le suddette posizioni prestabilite.
Non si può rimanere inerti di fronte a questi stravaganti ritratti, che non cadono tra l'altro nella trappola del facile sensazionalismo narrativo. Ogni ombra parlante è un unico punto luminoso di umanità. Buona o cattiva, simpatica o antipatica, madre o matrigna.Attraverso queste pedine, si avvia lo sviluppo della storia. Quel viaggio interno e spaziale che i "doppi protagonisti" intraprendono per diventare "altro". Avventure singolari, che iniziano con un rifiuto e prevedono un ribaltamento dei ruoli. Una situazione che permetterà loro di fare nuove esperienze e che condurrà il racconto verso un punto di svolta. Più in là, in discesa, ci sarà il finale. La totale liberazione dai vincoli e, con essa, la rinascita.
Uno schema classico. Fortemente radicato anche nella nostra eredità artistica. De Angelis prende tutto ciò che ama, che lo affascina. Lo butta con parsimonia, misura, in un calderone territoriale che è un'immaginaria Napoli da incubo, cattiva. Da certi ritratti di penitenti Marie Maddalene al capolavoro di Tod Browning Freaks, dal neorealismo a Fellini, da La donna scimmia di Marco Ferreri alle sceneggiate con Mario Merola. Raccoglie persino le più fresche opere del suo collega Matteo Garrone. Tutto è spunto per riempire il plot di degrado, fiaba, sacra o profana femminilità.
E ben sostiene ciò la parte visiva. Come regista, De Angelis è un superbo creatore di immagini. Sequenze e inquadrature che hanno come unico scopo quello di farci scoprire qualcosa. Il frame diventa nuda superficie non conforme, sulla quale la rappresentazione dei personaggi principali (e non) deve essere messa in massima evidenza, così da arrivare sempre al punto di condividere con lo spettatore fino alla più semplice sensazione fisica. Orgasmo. Dolore.
Non è uno stile in corso di definizione. Ha già una sua definizione. De Angelis persegue lo stesso obiettivo passando per una strada già tracciata, distinta, dove per esempio i volti sono oggetto di indagini da parte dei primissimi piani. Scrutati accuratamente, spogliati, tradotti, da un obiettivo che li inchioda, li incolla. Persino la sfocatura diventa espressione di un'azione, di un pensiero, di un linguaggio. I piani sequenza, le panoramiche e i movimenti di camera sono segni tangibili di questa identità cinematografica così solida da avere già una sua prospettiva estetica. Prospettiva che è anche chiave di lettura per le scene precedenti. Rimane forte e chiara l'impressione della verità che l'immagine restituisce. Ma esige giustamente un minimo di menzogna drammatica per essere efficace, per poter parlare dello straordinario e dell'ordinario, della solidarietà in un mondo materialista o del surrealismo del Male.Un impianto fosco e poderoso, che affascina la critica e che sbalordisce quei pochi che hanno la lungimiranza di andare nelle sale e goderselo.
Il linguaggio, poi, è basilare. Insozzato dall'insulto, strattonato dall'emozione. C'è nulla di più toccante? Di più trascinante? L'esibizione dei dialetti evoca un climax esagerato oppure esalta la risata. È palese un'investigazione verbale. Una ricerca della corporatura più spettacolare, culturale, nazionale, regionale, territoriale. Ogni frase è ricollocabile dentro circoscritti confini e batte ed emerge come un tam tam primitivo. Ogni dialogo è fissato in risposte scelte e alleate, così da depredare l'attenzione dello spettatore e condurla lontana dalla lenta noia che un film talvolta potrebbe avere.
Questi sono i motivi di gioia che spingono tanta critica italiana a lodare Edoardo De Angelis. Fa piacere vedere un autore che riesca a dominare l'azione e la forma, sperimentando e guidandoci lungo un percorso percettivo, dove transito è anche passionale intrattenimento.
Il metodo con il quale De Angelis scrive e dirige è al limite del chirurgico. Lo spettacolo trova nelle sue mani e nei suoi occhi il suo aspetto più rinnovato. Trapianta e asporta. Incide con la durezza di queste storie che si consumano in luoghi isolati dal resto del mondo. Spiagge, parrocchie, discariche. Terre di nessuno. Ma poi ricuce con la leggerezza del senso visivo, facendo migrare gli occhi verso la bellezza. E per sopravvivere alla callosa e attuale legge del cinema italiano è necessario tutto questo.

Studi
De Angelis nasce a Napoli, ma trascorre l'infanzia a Portici. Ben presto, la sua famiglia si trasferirà a Caserta, dove comincerà a praticare la pallanuoto. All'età di diciannove anni, il cinema lo sequestra. La possibilità di girare dei film diventa per lui un'ossessione che lo spingerà a realizzare i suoi primi cortometraggi e a iscriversi ai corsi di regia del Centro Sperimentale di Cinematografia.

Scoperto da Kusturica
Ne esce diplomato nel 2006, dirigendo il corto Mistero e passione di Gino Pacino, storia di un uomo che sogna di possedere carnalmente Santa Lucia e poi perde la vista per la vergogna. Già qui, si delineano quelle che saranno le sue peculiarità artistiche. La commistione tra il fiabesco-religioso e lo squallore del reale, la predilezione per il "doppio", il grottesco.
Mistero e passione di Gino Pacino arriva alla prima edizione del Küstendorf International Film and Music Festival, ottenendo il premio della critica. Ma la cosa più importante fu che il grandissimo Emir Kusturica, che visionò l'opera con la produttrice cinematografica Paula Alvarez Vaccaro, decise di aiutare De Angelis a realizzare il suo primo lungometraggio.

L'esordio nei lungometraggi
Esce così, nel 2011, il curioso Mozzarella Stories, una commedia-noir su un imprenditore caseario, che cerca di rimanere sul trono del Re della bufala, anche quando è è in concorrenza con l'imprenditoria cinese. Tra canzoni neomelodiche, camorra casertana e personaggi carismatici, il film è da applausi. Prodotto dalla Bavaria Media Italia, dal Centro Sperimentale di Cinematografia Production, da Eagle Pictures e da Emir Kusturica stesso, Mozzarella Stories è un Gomorra travestito da sceneggiata napoletana, che si avvale dei corpi di Aida Turturro, Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo, Andrea Renzi e Luca Zingaretti per rimescolare generi e sapori. Cromaticamente curato, funziona a livello narrativo perchè offre qualcosa di nuovo in quel trito e ritrito panorama cinematografico peninsulare, che sembra ideare e proporre sempre lo stesso tipo di storie. In più, lo fa sfruttando la crudezza di un possibilissimo scenario economico (la Cina del tutto compra, tutto fa e tutto vende meglio di noi), privata del suo senso di oppressione per acquistarne uno più buffo. Un'operazione vincente che la critica loda per compattezza e ritmo.

Perez.
A questo punto, De Angelis si sente pronto per reggersi sulle proprie gambe. Fonda la società di produzione O' Groove, assieme a Pierpaolo Verga e mette in cantiere Perez., il suo secondo lungometraggio. Nel cast, vuole ancora una volta Luca Zingaretti, ma gli affianca l'esordiente Simona Tabasco. Presentato fuori concorso alla 71° Mostra del Cinema di Venezia, Perez., scritto con Filippo Gravino, è un altro noir, epurato stavolta dalla leggerezza della musica partenopea e dalla risata. La machiavellica storia dell'incorruttibile e onesto avvocato Perez, che si trova costretto a infrangere la legge per salvare la propria figlia, tra l'altro colpevole di aver avuto una relazione con un criminale, è solida e incisa principalmente nei personaggi di cui fa uso. Anche qui, ci sono molti debiti con Gomorra, ma la serie, non il film. Li accomuna, infatti, tutta quella operazione di rimozione di una didattica al Bene che certe fiction sulle mafie hanno. Nonché quell'atmosfera opprimente, gelida, da polar (il nuovo cinema poliziesco francese) che azzera ogni aspettativa di riuscita.
Non è un'opera perfetta. A tratti, è sottotono. Eventi, emozioni dei personaggi, perdono colpi man mano che si procede nella visione. In più, c'è qualche illogicità. Ma nonostante questo e nonostante l'impianto della trama sia tutto sommato classico (c'è un po' di Squitieri), la pellicola rimane originale. L'antieroe, il pericolo che incombe su di lui, la sua paligenesi sono feroci. Meno le inquadrature, che rimangono distanti per acuire il senso di piccolezza umana, di ingenuità.

Le sceneggiature per Ficarra e Picone
Cambia totalmente registro quando scrive soggetto e sceneggiatura di Andiamo a quel paese (2014), pellicola con Ficarra & Picone. La farsa di due emigrati, finiti disoccupati e per questo costretti a tornare nel loro piccolo paese d'origine, ormai ridotto a una sorta di grande ospizio, piace al pubblico. Qui, si gioca un po' con il classico della commedia italiana Piccola posta di Steno, con quell'immagine di un Alberto Sordi meschino e vile che si sdoppia nelle anime dei protagonisti. Il risultato è molto divertente, le gag sono riuscite anche quando la trama svolta verso una superflua storia romantica.
Non sarà la sola collaborazione con Ficarra e Picone. Nel 2017, De Angelis mette mano (con Nicola Guaglianone e Fabrizio Testini) anche la sceneggiatura de L'ora legale. I comici siciliani, stavolta, sono impegnati in una battaglia all'ultimo voto di scambio, senza sapere che le conseguenze di questo conflitto condurranno a un utopico paese in cui la legalità sarà rispettata sempre e comunque. Giocata su un provocatorio paradosso (tutti vogliamo un giusto cambiamento politico e civile, ma solo se non va a ledere i nostri interessi), questa commedia vince al box office, schiacciando gli allora scaduti cinepanettoni in sala ( Poveri ma ricchissimi , Natale da chef e persino il documentario di Paolo Ruffini a loro dedicato Super vacanze di Natale ), disastrosi per contenuti e incassi. De Angelis e i suoi colleghi, prendendo ideologicamente spunto da Anni facili e Anni difficili di Zampa e aggiungendoci ancora una volta un pizzico di Sordi, rifiutano la volgarità spicciola e virano verso la satira, seppur non graffiante. Il comodo populismo, la malapolitica e l'immagine degli Italiani come un popolo di lamentosi disonesti sono all'acqua di rose, ma il riflesso di noi stessi è comunque spietato.

Il successo di Indivisibili
Nel frattempo, nel 2016, si aggiunge alla sua filmografia anche l'episodio Magnifico Shock , inserito all'interno del film a episodi Vieni a vivere a Napoli. Il suo segmento è indubbiamente arguto, disingannato, ma non mette da parte una certa dose di bonarietà. La storia di un cameriere cingalese che viene assunto da un bar del centro per portare la colazione negli uffici limitrofi e che non può e non deve rientrare senza che sia stato pagato, fa risaltare quella che è un'altra importante componente del cinema di De Angelis: la multietnicità.Lo stesso anno, viene presentato alle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia Indivisibili con le esordienti gemelle Angela e Marianna Fontana. Il film sancisce definitivamente lo stile di De Angelis. Dopo aver vinto il Premio Pasinetti come miglior film, gli fa ottenere ben sei David di Donatello, tra i quali spicca quello per la migliore sceneggiatura, firmata da De Angelis con Guaglianone e Barbara Petronio. La suddetta nera fiaba sulle due gemelle siamesi che vogliono separarsi diventa una porta che, una volta spalancata, mostra tutta l'immoralità e la materialità degli uomini. Sulla carta, è un originale e sapiente crescendo dialettale di orrori grotteschi, fino a raggiungere un finale atroce, ma indubbiamente potente e affascinante perché infantile, immediato. Sulla pellicola, è l'estetica trovata nella bruttezza naturale. Uno sguardo visionario che ha la forma dei primi piani, quando si tratta di cogliere la stancezza esistenziale sui volti delle ragazze, e dei campi medi e lunghi, quando invece deve contrapporre le stesse ai lerci paesaggi che le circondano. Anche la religiosità, che come un'onda si infiltra nel film, si rimescola a questa bruttura del vivere, aumentandone l'energia narrativa.

Nuzzo & Di Biase e Il vizio della speranza
Si rimane abbastanza sorpresi quando poi De Angelis tornerà al comico, scrivendo la sceneggiatura della commedia on the road Vengo anch'io di Nuzzo & Di Biase. Tra aspiranti suicidi, ex carcerate, ragazzi con la sindrome di Asperger e atleti salentini, il film però non ha i meccanismi giusti per scatenare una sana risata. Neanche il grottesco sembra salvare l'imbarazzo di certe scene, sebbene siano simpaticamente interpretate.
Evidentemente, la vera forza di De Angelis sta proprio nel dramma e nel suo ruolo di regista e sceneggiatore. Lo dimostra con Il vizio della speranza, dove una donna che è uno dei tanti anelli di una catena fatta di traffici di neonati, ritrovandosi incinta, diventa preda della sua stessa socia di loschi affari. Come già spiegato, siamo di fronte a un'altra fuga per la libertà. Un'emancipazione che sembra immensa tanto quanto remota e celata dalla cupezza esistenziale. Per come è strutturato, il copione offre la possibilità di affascinare lo spettatore esplorando le diverse sfumature di significato del termine "madre" e lo correla a quella naturale perseveranza spinta dalla protezione e dalla salvaguardia dei propri legami con un figlio. Si insinua in sottilissime ombre di dubbio sulla bontà dei personaggi, descrive la dozzinalità del Male come una raffinata filosofia di schiavitù, ma cosa ancora più importante conduce lo spettatore in una vita sregolata, rozza, che solo con gravidanza comincia ad assumere una forma ben delineata. Come già accaduto in Indivisibili, solo con il rischio di andare via da questo mondo, sarà possibile spezzare il corpo doppio. Formidabilmente confezionato, Il vizio della speranza passa dai primi piani di una pallida e preoccupata Pina Turco ai campi lunghi che le scendono addosso come una profetica condanna a morte. Tutto sembra sussurrare che siamo di fronte a una che non vivrà a lungo. Ma man mano che il film avanza, man mano che l'espressione del suo desiderio di maternità si fa palese e che il timore che non possa adempiere al suo ruolo la fa piangere muta ma come se lo facesse a squarciagola, le inquadrature rafforzano l'idea della non rassegnazione. E lo fanno anche con angolazioni di ripresa che subiscono l'influsso della libertà quasi assaporata, tanto vicina e selvaggia da essere palpabile e indomabile.
Regista anche di Natale in casa Cupiello e Sabato domenica e lunedì, nel 2023 traspone per il piccolo schermo il libro di Elena Ferrante La vita bugiarda degli adulti. Lo stesso anno presenterà in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia Comandante.

Vita privata
Edoardo De Angelis è sposato con l'attrice e sceneggiatrice Pina Turco, protagonista del film Il vizio della speranza. I due hanno un figlio, Giorgio.

Ultimi film

Drammatico, (Italia - 2023), 120 min.
Commedia, ( - 2021), 111 min.
Drammatico, (Italia - 2016), 100 min.

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venerdì 19 novembre 2021
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TOKYO FILM FESTIVAL
lunedì 29 ottobre 2018
Emanuele Sacchi

Fresco di un'onorificenza importante come il Premio del pubblico vinto alla Festa del Cinema di Roma, Il vizio della speranza miete consensi anche dall'altra parte del mondo. Yoshi Yatabe, Programming Director per la sezione competitiva del Tokyo International Film Festival, ha fortemente voluto l'opera seconda di Edoardo De Angelis in concorso. Yatabe vede in De Angelis il futuro del cinema italiano e in questo film l'evoluzione naturale del percorso inaugurato con Indivisibili

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