Il regista napoletano dirige Il vizio della speranza. Dal 22 novembre al cinema.
di Fabio Secchi Frau
Il cinema italiano contemporaneo, quello di Virzì, Genovese, Rohrwacher, Garrone, Sorrentino e Sollima, sta parlando al mondo. E il mondo, con le orecchie tese, lo sta ascoltando. Ma in questo coro di voci, alcune addirittura impreziosite da prestigiose onorificenze mondiali, ce n'è anche una giovanissima, e non per questo meno ipnotica. Parla in strettissimo dialetto napoletano ed è ricca di toni, timbri, colori.
È la voce di Edoardo De Angelis.
Gli è bastata una manciata di titoli per mettere in chiaro il suo stile. Fin dall'inizio e con risultati molto significativi ed entusiasmanti. Un neonato corpus artistico che è già forte rappresentanza di una nuova settima arte nostrana.
Piace il suo coraggio da sceneggiatore. Perchè ci vuole della sconsiderata audacia anche solo per pensare di poter presentare come protagoniste due gemelle siamesi partenopee, sfruttate dal padre per la loro disabilità, che si ribellano e fuggono alla ricerca di un dottore che aveva promesso di separarle.