Anno | 2025 |
Genere | Avventura, Fantasy, |
Produzione | USA |
Durata | 96 minuti |
Al cinema | 289 sale cinematografiche |
Regia di | Isaiah Saxon |
Attori | Helena Zengel, Willem Dafoe, Emily Watson, Finn Wolfhard, Puiu Mircea Lascus Razvan Stoica, Carol Bors, David Andrei Baltatu, Gabriel Spahiu. |
Uscita | giovedì 8 maggio 2025 |
Distribuzione | I Wonder Pictures |
MYmonetro | 2,87 su 12 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 29 aprile 2025
Una giovane ragazza che scappa di casa, impara a comunicare con una specie animale apparentemente poco socievole, conosciuta come Ochi. The Legend of Ochi è 6° in classifica al Box Office. lunedì 12 maggio ha incassato € 9.337,00 e registrato 22.642 presenze.
CONSIGLIATO SÌ
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In un piccolo villaggio della fittizia isola di Carpathia il tempo sembra essersi fermato e la vita scorre seguendo ancora ritmi rurali, disturbati solo da qualche automobile. Sull'isola vivono gli ochi, una specie di primati dal pelo bluastro e capace di comunicare con versi dalla strana musicalità. Gli uomini li cacciano da sempre e l'attuale capo dei cacciatori è Maxim, il padre di Yuri, una ragazzina introversa che si sfoga solo ascoltando la musica black metal degli Hell Throne. Quando trova un cucciolo ferito di ochi decide di accudirlo di nascosto e poi di aiutarlo a tornare a casa e ritrovare sua madre. Lungo il cammino realizzerà di saper comunicare con lui e ritroverà a sua volta la madre, che si era separata dal marito dopo una orrenda lite. Maxim si metterà però sulle tracce della figlia, insieme ad alcuni cacciatori bambini, tra cui Dasha, il fratello adottivo di Yuri.
Una fiaba realizzata con la magia vintage di un cinema dagli effetti speciali in larghissima parte analogici: animatronic, pittura matte e pupazzi.
Straordinario il lavoro anche sulla colonna sonora, peccato il racconto sia a tratti stereotipato e a tratti stridente.
La storia non è nulla di nuovo e non basta che il regista esordiente Isaiah Saxon citi nelle interviste E.T. e i film di Miyazaki per ritrovarne la magia. Il film infatti affianca alla basilare storia il costante tentativo di renderla originale con stacchi improvvisi di montaggio e personaggi strambi, ma il risultato è una continua strizzata d'occhio postmoderna, quasi Saxon e la produzione A24 non credessero alla forza di un film semplice e cercassero la complicità dello spettatore smaliziato. Inoltre la fiaba, pur con personaggi dalle pulsioni negative, manca di un vero cuore oscuro, di un senso di reale minaccia (che invece, per esempio, non mancava in Labyrinth) e infatti si scioglie nel più disneyano dei luoghi comuni. Tutto in La leggenda di Ochi è semplicemente troppo caricato, ma allo stesso tempo è anche troppo convenzionale per funzionare come film per adulti. Il risultato è un'opera senz'altro ammirevole dal punto di vista artigianale e musicale che resta però lettera morta da quello emotivo.
Il cast fa del suo meglio, capitanato dalla giovane Helena Zengel, che aveva travolto il mondo del cinema da festival per la sua indomabile performance in System Crasher, film che infatti ha portato il regista a sceglierla per la parte. Willem Dafoe si trova come al solito perfettamente a suo agio in un personaggio stralunato, bizzarro ma pure sofferente, mentre Emily Watson ha una parte che lo stesso regista definisce quasi da maestra Jedi, pure nel suo caso però non priva di inconsulti scatti violenti o di parole affilate. Piuttosto superflua poi la presenza di Finn Wolfhard da Stranger Things, di certo un nome di richiamo per il pubblico più giovane, ma in un ruolo che era stato pensato per essere affidato a un ragazzo rumeno non professionista, una piccola parte dove un volto così noto non solo è inutile ma costituisce una dannosa distrazione.
Se il film non riesce a essere coerente nella scrittura, è però perfetto nella realizzazione artigianale, sia per la meravigliosa animazione degli ochi, sia per il lavoro sui set. Il cucciolo è un animatronic controllato da vari tecnici, un po' come il Grogu di The Mandalorian per citare l'esempio più recente, mentre gli adulti sono interpretati da attori in una tuta, come nei capitoli originali di Il pianeta delle scimmie, ma per i primi piani sono state usati di nuovo delle teste animatroniche, garantendo una recitazione molto espressiva.
Inoltre l'uso della pittura matte, per trasformare gli sfondi ritoccando direttamente i fotogrammi, anziché ricorrendo alla più fredda computer graphic del green screen, garantisce un risultato magico, vagamente surreale, anche grazie all'uso delle luci di Evan Prosofsky. La colonna sonora poi, firmata da David Longstreth, inizia con un crescendo che fa ripensare a Das Rheingold di Wagner e continua a essere molto presente nel film, dando alla pellicola un incedere sinfonica. Per i suoni delle creature, infine, ci si è affidati per il 90% a un cantante dalla voce unica, mixandola a suoni di uccelli. Uno sforzo produttivo davvero meticoloso, un atto d'amore per il cinema analogico, per il fantastico su pellicola come non se ne vedevano da tempo, che avrebbe meritato una narrazione più solida, ma che rimane encomiabile.
Quanti universi ci sono dentro The Legend of Ochi, il film di esordio di Isaiah Saxon in uscita per I Wonder Pictures? Scartabellando assieme sulla superfice e sul fondo troviamo il primissimo Ken Loach di Kes e il letterario Black Stallion, il centro spielbergiano di E.T. l’extra-terrestre e altro termometro che è Miyazaki con Il mio vicino Totoro, e poi la coppia Willow e Chi ha paura delle streghe?, il grimorio di Kwaidan fino ad arrivare alle vertigini dell’Ozu de I racconti della luna pallida d’agosto e il feat Powell-Pressburger di Narciso nero.
E poi? E poi si prosegue con il “primato dei primati” Peter Elliott che ha lavorato su Greystoke – La leggenda di Tarzan, il signore delle scimmie, Gorilla nella nebbia e King Kong 2, il mago robotico John Nolan e i suoi modelli per la saga di Harry Potter, Hellboy e Nel paese delle creature selvagge, il prestigiatore-burattinaio Robert Tygner dall’alto dei suoi Labyrinth, La piccola bottega degli orrori e Tartarughe Ninja alla riscossa. Quindi sì, tutte le indicazioni le ha dato Saxon stesso, ma no, Saxon non ha visto la serie The Mandalorian e non ha realizzato il film grazie all’uso massiccio della CGI.
Già, perché sono state queste le prime stilettate mosse al nuovo titolo A24 quando nell’ottobre dello scorso anno fu lanciato il trailer, critiche che guardavano alla luna e non al resto del firmamento dentro il quale è immerso The Legend of Ochi, con il regista subito pronto a dare battaglia su X rispondendo “Sei anni di lavoro artigianale: pupazzi, animatronics, matte paintings e un tocco di animazione 3D. Nessuna IA. Questa è la dichiarazione”. Perché, appunto, se da un lato il film di Saxon sembra muoversi su sentieri emotivi conosciuti, dall’altro la visione rabdomantica che illuminava questi percorsi sembra essersi oramai offuscata.
Il “lore” fondativo degli Eighties è presente con i titoli elencati in esergo, quell’antologia di turbe adolescenziali, cavalcate fantasy e classicismo modernista non sfacciatamente citata ma testardamente inseguita, per una ricerca che deve sempre ritrovare il segno onirico all’interno del linguaggio realistico, aprendo squarci di vertigine che portano a chiedersi se quel paesaggio esista davvero e ti possa inghiottire o se gli Ochi verranno mai a cantare sotto la tua finestra perché sono troppo reali per essere finti. Bambini, tecnologia, ragazzi, natura, il quotidiano, l’ignoto – è tutto lì.
Prima ancora di essere un film animalista ed ecologista, un fantasy e un family movie, The Legend of Ochi è un emozionante coming of age. La sua protagonista Yuri, che incontriamo a inizio film intenta nella sua prima caccia agli Ochi – creature di fantasia dal cuore buono e dallo sguardo dolce -, nel finale sarà tutt’altra persona. Accade non solo per via di un innamoramento spontaneo con una creatura diversa da lei - metafora anche politica dell’incontro con l’altro, lo straniero, il più debole, perseguitato, e dunque da salvare – ma anche per una presa di consapevolezza progressiva.
Non è un caso che il regista Isaiah Saxon abbia scelto come protagonista proprio un'adolescente: è nella sua fase di crescita esplosiva e insieme di potente ribellione alle figure genitoriali che si compie la sua avventura di “eroina”. Perché Yuri eroina lo diventerà davvero, suo malgrado e inconsapevolmente, una volta appresa - con il potere dell’empatia più forte di ogni intelligenza - la vera natura di chi avrà di fronte. Allora non avrà nessun dubbio nel fare la cosa giusta, ovvero portare in salvo la piccola creatura sconosciuta, tutt’altro che feroce come le era stata raccontata.
Sta tutto nell’aggettivo “sconosciuto” la chiave di un racconto per tutta la famiglia che si scaglia contro ogni paura e diffidenza xenofoba, mirando a portare sullo schermo, attraverso lo sguardo privo di sovrastrutture e pregiudizi di una ragazza, la magia dell’incontro con l’altro. Pur provenendo da specie, culture e linguaggi diversi si può trovare un punto in comune in cui ritrovarsi, pare voler dire Saxon, in un’esplosione di tenerezza in cui non si risparmia un’ipotesi di contaminazione. Perché avvicinarsi all’altro, allo sconosciuto, significa anche permettere di contaminarsi e influenzarsi a vicenda, specie se si tratta di due cuccioli a confronto nella fase più critica e insieme più stimolante di acquisizione di esperienze, conoscenze e lezioni di vita. Dall’addestramento rigido di suo padre, cacciatore di Ochi (un istrionico Willem Dafoe), Yuri saprà passare dall’altra parte della barricata, facendosi custode e protettrice del “nemico”, in una ribellione che non è affatto una puerile rivolta adolescenziale ai genitori, quanto piuttosto una presa di posizione decisa rispetto un sistema valoriale basato sull’odio a cui sente (prima ancora che “capisce”) di non voler aderire.
Il film racconta appieno la sua presa di consapevolezza, trovando una sua dimensione rispetto ad altri coming of age ambientati nel fantastico (da Il mago di Oz a Pinocchio (guarda la video recensione), passando per Il Labirinto del Fauno) e si rivela affascinante proprio per questo, per la capacità di trasportare chi guarda nel viaggio di Yuri, un viaggio anche interiore che le cambierà la vita e il modo di vederla, tra archetipi, relazioni ancestrali e linguaggi preverbali. A renderlo avvincente non è solo la regia – e il panorama spettacolare del “regno” degli Ochi – ma anche il talento indiscusso della giovane Helena Zengel, interprete tedesca magnetica di appena sedici anni, già candidata quattro anni fa al Golden Globe come miglior attrice non protagonista per Notizie dal mondo e qui protagonista in grado di accompagnare per mano il pubblico in questo percorso di crescita soprattutto emotiva.
C’è stato un tempo in cui il cinema parlava ai ragazzi di loro stessi, fornendo uno strumento di intrattenimento e contemporaneamente di supporto alla crescita, di scoperta del mondo. Erano film, quelli di Steven Spielberg, Joe Dante, Richard Donner, Barry Levinson, prodotti in America negli anni Ottanta, in cui i protagonisti stessi erano preadolescenti, alle prese con avventure più grandi di loro, e spesso, anche o soprattutto, con problemi familiari.
Il film d’esordio di Isaiah Saxon, The Legend of Ochi, si rifà a quel cinema e racconta della giovane Yuri (Helena Zengel) che vive con il padre (Willem Dafoe) in un angolo sferzato dal vento di un’isola del Mar Nero. Yuri è l’unica femmina di un gruppo di ragazzini capitanati da un capobranco dispotico e un po’ bestiale, profondamente smarrito, che è appunto il padre di lei. L’uomo li ha cresciuti e addestrati a vedere nella natura un pericolo e negli animali della foresta dei nemici. Gli Ochi in particolare, creature mitologiche simili a goblin (chiaro omaggio ai Gremlins di Joe Dante), sono oggetto di un odio atavico da parte dell’adulto, causa e effetto della sua ferita sentimentale.
Come nei film della Amblin, dunque, e in E.T. in particolare, il genitore è assente o incapace di capire; madre e padre sono divisi, e questo crea un vuoto emotivo e sentimentale nei giovani protagonisti, che viene riempito dall’incontro con una creatura speciale, a sua volta vittima dell’incomprensione generale, bisognosa di cura esattamente come lo sono i giovani personaggi principali.
Nel film di Saxon, Yuri disobbedisce al padre (e riscopre a sua insaputa l’eredità materna) proprio sul terreno che più lo ossessiona: quello delle creature selvagge. Come in E.T. la missione della giovane protagonista diventa quella di riportare a casa il cucciolo di ochi che ha trovato e nascosto, per metterlo al sicuro, e, là dove lo scambio di sangue tra E.T. e Elliott amplificava una comunione di sentimenti, quasi una simbiosi emotiva, il morso dell’ochi svela in Yuri il potere di comunicare con lui. Stavolta però il rispecchiamento si gioca su un altro piano rispetto a quello del sentire: entrambi hanno bisogno di ritrovare una casa e di ricongiungersi con una madre lontana. Gli ochi, inoltre, non appartengono a un altro mondo, sono creature del nostro pianeta; siamo noi che abitiamo il loro territorio. Yuri e il piccolo Ochi, dunque, non vanno incontro a una separazione ma, al contrario, a una speranza di coabitazione.
Occhi aperti, arrivano gli Ochi. Ispirati alle figure folcloristiche dei Goblin, sono degli esserini che ricordano i Gremlins per conformazione e pericolosità, senza tuttavia aspirare al black humor tipico delle leggendarie creature portate sullo schermo negli anni Ottanta da Chris Columbus, in tandem con Steven Spielberg. Meno infestanti e dispettosi, gli Ochi, braccati dagli abitanti dei monti Carpazi, [...] Vai alla recensione »
In un'immaginaria isola del Mar Nero chiamata Carpatia e sferzata senza sosta dal vento, la giovane Yuri (Helena Zengel) vive con il padre (Willem Dafoe) e con un ragazzo senza famiglia che quasi non proferisce parola. Il padre di Yuri è il capobranco eccentrico e bestiale di un gruppo di ragazzini cresciuti e addestrati per vedere nella natura un pericolo e negli animali della foresta dei nemici. Vai alla recensione »
L'esordio di Isaiah Saxon è un'opera di nostalgia dei film per ragazzi (come La storia infinita o E.T.), elaborata e molto efficace. Gli ochi sono un incrocio tra le scimmie arboricole e Yoda e vivono isolate nei boschi, lontane dalla civiltà. Gli abitanti di Carpathia li temono e li cacciano. Maxim (Dafoe) addestra i ragazzi a trovarli e ucciderli, ma non permette alla figlia adolescente Yuri di unirsi [...] Vai alla recensione »
Opera prima del regista Isaiah Saxon, The Legend of Ochi , si presenta come un fantasy per ragazzi con atmosfere spesso cupe; pur attingendo ai classici della letteratura e dell'avventura per ragazzi - impossibile non pensare all' E. T. di Steven Spielberg - il lavoro di Saxon sposa ambientazioni con tinte vagamente dark, senza nascondere un senso di angoscia, inquietudine e impotenza, che si alterna [...] Vai alla recensione »
Arriva al cinema dall'8 maggio con I Wonder Pictures prodotto da A24, The Legend of Ochi, esordio alla regia di un lungometraggio di Isaiah Saxon. Con Helena Zengel, Willem Dafoe, Emily Watson e Finn Wolfhard. A Carpathia, un remoto (e immaginario) villaggio sperduto tra i boschi e le montagne, un gruppo di ragazzi cresce sotto la guida di un capo-cacciatore (Willem Dafoe) armato come un cavaliere [...] Vai alla recensione »
Se vi mancano le creature fantastiche di Labyrinth o Nel Paese delle Creature Selvagge, ma anche un po' i Gremlins, The Legend of Ochi è quel che fa per voi. Scoprirete la meraviglia degli Ochi, animali dagli occhi dolci capaci di straordinaria empatia, che gli umani giudicano erroneamente feroci e selvaggi. E ovviamente danno loro una caccia spietata.
Venire a contatto con qualcosa di diverso è sempre difficile, è una sfida per la nostra cultura ed identità, sollecita la sensibilità ad uscire da un modello predefinito e riconoscere l'unicità dell'altro. Per Yuri, la giovanissima protagonista del film, non è facile sospendere il giudizio. Cresciuta tra le montagne, le è stato proibito di uscire dopo il tramonto per non imbattersi negli Ochi, figure [...] Vai alla recensione »
Non è il che cosa che può in qualche modo sorprenderci, e persino affascinarci, in quest'esordio dopo tanti videoclip e corti di Isaiah Saxon, autoprodotto insieme ai fratelli Russo e alla A24, qui soprattutto distributrice. Infatti, la storia della giovanissima Yuri (Helena Zengel, vivace), affossata nella remota e fuori dal tempo isola di Carpathia, insofferente a un padre cacciatore (Willem Dafoe, [...] Vai alla recensione »
Benvenuti in un mondo senza tempo. Un mondo che somiglia al nostro, tra sperdute regioni dell'Europa dell'Est, un'isola immaginaria chiama Carpathia. Un mondo duro, in cui i ragazzi imparano a sparare come fosse un gioco, perché sin da piccoli gli viene insegnata l'esistenza di un pericoloso nemico tra i boschi: i terribili ochi. Il padre di Yuri è alla guida di un manipolo di questi ragazzi, tra [...] Vai alla recensione »
Per immaginare The Legend of Ochi partite dall'idea dei grandi classici dell'avventura fantasy anni Ottanta. Pensate allora a La storia infinita o Dark Crystal, mondi dominati da effetti prostetici e popolati da pupazzi animati. Dentro il film scritto e diretto da Isaiah Saxon, al debutto al lungometraggio dopo aver lavorato nell'animazione e con i videoclip, c'è anche un po' di E.
Metti E.T. nei boschi. Trasformalo in un Gremlin ringhioso. Cambia di genere il protagonista. Contornalo di volti noti al pubblico teen e non. E il pasticci(acci)o è fatto. L'esordiente Isaiah Saxon al debutto dietro la cinepresa occhieggia, per forma, tecnologia e contenuti, alla Hollywood per ragazzi anni Ottanta e Novanta: incrocia il capolavoro diretto da Spielberg con i Gremlins di Joe Dante [...] Vai alla recensione »