La prima volta che abbiamo incontrato Hayao Miyazaki è stato quando, sui nostri teleschermi, hanno cominciato a trasmettere i suoi cartoni animati seriali. Allora come adesso, il suo rigore e una certa severità nel tratto erano i suoi principali segni distintivi, così come lo era la sua affabilità con le storie trattate e, quindi, anche con lo spettatore. Poi è cambiato ed è diventato diverso, più colto e straordinariamente emotivo, riuscendo a mostrarci la bellezza di certe atmosfere metafisiche ricreate magistralmente attraverso toccanti scene armoniche. Oggi, si è imposto come il re dell'animazione giapponese, quello che viene odiosamente etichettato come il "Walt Disney nipponico". Perché? Perché dobbiamo sempre rifarci a un prototipo americano per indicare e definire un qualsivoglia personaggio cinematografico, anche quando l'unica cosa che questi due artisti hanno in comune è il fatto che disegnino cartoni animati? Ciò che li accomuna è solo ed esclusivamente la fama. Pensateci bene, è come se si descrivesse Sergio Leone come il John Ford italiano. Errato. A parte il genere western che li accomuna, i due hanno stilisticamente poco da spartire!
A differenza di Walt Disney, invece, le storie di Miyazaki si dipanano lentamente fra realtà dell'immagine e metafore, offrendo fenomenali panoramiche sui paesaggi. I suoi personaggi sono rubati al sogno e la fantasia, che ben si sposa con le musiche del grande autore Joe Hirashi, si sbizzarrisce raggiungendo vette di qualità intoccabili per un film d'animazione. Attuale, lontano dalle facili ideologie, antimilitarista, raffinato, melodrammatico e sentimentale, grande intrattenitore di tutti, sociale, anche noi occidentali abbiamo avuto il privilegio di conoscerlo, di celebrarlo, di applaudirlo e di dedicargli tributi, collocando fra le più grandi personalità dell'animazione del pianeta. Segno di gratitudine per un personaggio che ha la consapevolezza di essere uno dei registi più amati del globo, con attorno e addosso una tale onda di affetto e riconoscenza che a pochi è stata concessa di ricevere.
Le ragioni stanno nella sua semplicità e nella chiarezza delle sue fiabe che sono coinvolgenti, emozionanti struggenti in certi momenti. In esse troviamo tutte le tematiche a lui più care: dai temi naturalistici e ambientalisti, alla critica al progresso senza freni, passando per il pacifismo più tenace e convinto. Ciò che lui racconta colpisce l'emotività e non la razionalità delle persone: è come se il disegno entrasse in circolo, nel cuore e nel cervello dello spettatore, e non andasse mai via, anche a distanza di anni. Le persone sono così portate a identificarsi con una piccola bambina viziata che entra a servizio di una strega dalla testa enorme, con una principessa che protegge la natura, con il più grande ladro del mondo e anche con una streghetta che deve dimostrare che quello è il suo "mestiere" più appropriato. Nei suoi film Miyazaki dà sfogo alla sua creatività e alla sua fantasia, bilanciando il ritmo del film che, a ragion di forza, può essere anche interpretato come un film intimista, a volte anche privo di azione e autobiografico. Il tentativo di adoperare dei disegni semplici e di contrapporre l'uomo alla natura (alla ricerca di un'armonia perduta) ha tracciato veramente una strada nel mondo dell'animazione della Settima Arte, sdoganando quella giapponese in particolare. Di fronte a un film di Miyazaki non siamo mai di fronte a una semplice favola di stampo disneyano. Ci sono valori, magia, crescita, rappresentazioni a volte crudelmente realistiche, ma ricche di filosofia, spiritualità, poesia tipiche del popolo del Sol Levante. Un mondo da sogno.
Gli inizi
Figlio di un dirigente della fabbrica di aerei di famiglia e di casalinga per lungo tempo costretta a stare a letto a causa di una grave tubercolosi spinale (la donna nel 1947 fu infatti ricoverata in ospedale per ben 9 anni), Hayao trascorre tuttavia tranquillamente la sua infanzia. Nel 1959 si iscrive al liceo Toyotama, dove scopre la bellezza dei manga e delle anime, nonché il piacere del disegno. Dopo la laurea in Scienze Politiche ed Economia; nel 1963 dopo aver militato a lungo in un sindacato di sinistra, decide di diventare un disegnatore e si fa assumere dallo studio Toei, dove conosce la moglie Akemi Ota, anche lei animatrice, che sposerà nell'ottobre del 1965 e dalla quale avrà due figli (anche loro disegnatori). Si fa notare per aver proposto un miglior finale per il film Gariba no uchu ryoko (1965) e, alcuni anni più tardi, viene promosso ad animatore capo e concept artist (creatore di personaggi e scenari) per il film di Isao Takahata Horus - Principe del Sole.
Con Takahata collabora per molto tempo alternando l'animazione alla pubblicazione di manga come "La tribù del deserto" (1969-70) e poi, i due assieme a Yoichi Kotabe si sposteranno nel 1971 alla A-Pro, dove dirigeranno alcuni episodi della prima serie di Lupin III. Nel 1973 Miyazaki e Takahata entrano nel progetto World Masterpiece Theater, nella parte legata all'organizzazione di serie animate relative ai più famosi libri per l'infanzia di tutto il mondo. A Miyazaki in particolare, furono affidati: Heidi (1974), Marco - Dagli Appenini alle Ande (1975) e Anna dai capelli rossi (1979). Alla fine degli anni Settanta dopo aver animato Rascal, il mio amico orsetto (1977), Miyazaki lascia l'amico per produrre e dirigere Conan, il ragazzo del futuro (1978) che spopolerà in Italia. È il 1979 la data del suo primo lungometraggio: Il castello di Cagliostro, uno dei film dedicati a Lupin III, del quale diresse anche due episodi della seconda serie tv. Nel 1982 invece, la Rai coofinanzia la serie Il fiuto di Sherlock Holmes, della quale dirige 6 episodi.
Il successo mondiale
Nello stesso anno, la rivista ANIMAGE, che aveva cominciato a pubblicare il suo manga "Nausicaä della Valle del Vento", riuscì a convincerlo a farne un film. Prodotto da Takahata per lo studio Topcraft, l'omonimo anime esce nelle sale nel 1984. Il successo ottenuto dal film gli permise di compiere un grandissimo passo avanti, vale a dire fondare uno studio tutto suo. Così nel 1985 da Miyazaki e di nuovo Takahata, nasce lo Studio Ghibli (dal nome dell'aereo italiano della Seconda Guerra Mondiale, omaggio a sua volta di un vento caldo che soffia nel deserto del Sahara). Libero, finalmente, di dare sfogo alla propria immaginazione, il nostro autore sforna Laputa - Castle in the Sky (1986), che narra l'avventura di due ragazzi sulle tracce di un'isola che fluttua nel cielo, successivamente seguito da My Neighbor Totoro (il cui essere magico protagonista della storia sarà scelto come logo dello Studio), favola molto acclamata in patria. Nel 1989 arriva Kiki's Delivery Service, il cui successo è determinante per la grande espansione dello Studio Ghibli che infatti assume nuovi collaboratori e stabilisce nuove politiche di marketing, trasformandolo in un artista popolare e autonomo, così come sono popolari e autonome le sue regie, che non difettano certo di sintassi e scrittura. Miyazaki mette in risalto l'interiorità del personaggio e, in mezzo a tanti buoni cartoni che funzionano e tanti brutti cartoni che egualmente funzionano, ci prende la mano e ci porta in un altrove misterioso, proponendoci l'alternativa: un'animazione che è arte astratta, distante psicologicamente dai canoni occidentali e ripulita di canzoncine cui eravamo abituati. Diventa una pietra miliare del cinema, degno di stare accanto (e non subordinato come qualcuno vorrebbe imporci) a grandi registi del '900, sempre intento a migliorarsi e a firmare alcune delle pagine più belle della storia della Settima Arte.
Nel 1992 realizza Porco Rosso, pellicola ambientata nel Mediterraneo, nel periodo tra la prima e la seconda guerra Mondiale, dove il protagonista Marco Pagot, ex pilota dell'aeronautica italiana (il cui nome è un omaggio ai fratelli Nino e Toni Pagot, famosi fumettisti italiani), dalla quale è stato cacciato perché non in linea con la cultura fascista.
Miyazaki si impegna poi come sceneggiatore e produttore per altri autori, approfittando di questo per ultimare la lavorazione di Princess Mononoke (1997), pluripremiato in patria e che gli diede la spinta necessaria per dichiarare che, da quel momento in poi, si sarebbe dedicato esclusivamente ad altri impegni lavorativi all'interno dello Studio, lasciando la regia ai giovani autori.
I premi
Fortunatamente non lo fece e nel 2001, ritornò sui nostri grandi schermi con il suo capolavoro, La città incantata, vincitore dell'Orso d'Oro al Festival di Berlino (era la prima volta che un cartone animato vinceva un premio così ambizioso), nonché Oscar per il miglior lungometraggio di animazione. Commosso per il riconoscimento, Miyazaki capisce che non è ancora tempo per mettersi da parte e nel 2004 dirige Il castello errante di Howl, tratto da un libro di Diana Wynne Jones.
Meritatamente nel 2005 il Festival di Venezia gli dona il Leone d'Oro alla carriera, ma i premi che costellano la sua carriera sono infiniti. Eccolo dunque, il padre di un'animazione che, nel momento dell'impatto con lo spettatore, è violenta, imperiosa, drammatica, straordinaria e singolare, estremamente rifinita su più livelli che non si contrappongono mai, ma sono evoluzioni sempre più complesse, il cui unico scopo è quello di esprimere combinazioni e sfaccettature. La rivincita di una natura selvaggia e incontaminata, l'assenza dei cattivi di turno, l'approfondimento psicologico dei personaggi, la sublime tecnica realizzativa, l'abilità nell'alternare scene melanconiche a momenti leggeri e divertenti, ne fanno un maestro tanto eccelso da essere immortale.
Il sentimento amoroso, l'umorismo, la passione per le macchine voltanti e per il nonsense, serialità e genio, ma soprattutto quella solarità che emerge dai suoi disegni che ti girano intorno, ti danno conforto, ti entrano dentro in punta di piedi e si installano proprio lì, dove batte il cuore, ne fanno un personaggio poetico. Non aspettatevi storie che sono lo specchio della nostra epoca, Miyazaki va oltre e, con il suo pessimismo, ci mostra la realtà che "forse" sarà. Nonostante la veneranda età è un artista giovane che riesce a esprimere con parole, immagini, colori, vestiti e scenografie se stesso, anche quando potrebbe rimanere in ombra. Continuerà a disegnarci il cuore, vedrete.
The Wind Rises, presentato ieri in concorso al Festival di Venezia, sarà l'ultimo film diretto da Hayao Miyazaki. La notizia è piombata come un fulmine a ciel sereno su una Mostra in fibrillazione per il ritorno, dopo cinque anni di attesa, del maestro dell'animazione giapponese. A comunicarla è stato il presidente dello studio Ghibli Koji Hashino, al Lido in rappresentanza del film con l'attrice Miori Takimoto
Coniugare concetto e spirito dell'avventura, riflessioni filosofiche e divertimento puro, adatto alle più diverse fasce di età. Un'esclusiva dei più elevati storytellers, un dono appartenuto nelle diverse epoche ai Dante Alighieri, agli Shakespeare, agli Stanley Kubrick, agli Steven Spielberg. E a Hayao Miyazaki; in Il castello nel cielo come forse in nessun altro dei suoi splendidi lungometraggi
Il regista Hayao Miyazaki non dice mai una parola di troppo: non accadde nemmeno quando ricevette il Leone d'Oro alla Carriera, nel 2005. Lupin III - Il Castello di Cagliostro, del 1979, è la sua opera cinematografica d'esordio e rappresenta ben più che un solitario e talvolta dimenticato capolavoro all'interno della vasta filmografia dedicata al ladro gentiluomo, che racchiude numerosi elementi autoreferenziali, come la Fiat 500 gialla e la 2CV di Clarissa