Hayao Miyazaki è un attore giapponese, regista, produttore, produttore esecutivo, scrittore, sceneggiatore, co-sceneggiatore, montatore, autore animazioni, è nato il 5 gennaio 1941 a Tokyo (Giappone). Hayao Miyazaki ha oggi 83 anni ed è del segno zodiacale Capricorno.
Miyazaki sta all'animazione nipponica come come Disney sta a quella americana. Autore dei più bei film di animazione giapponese degli ultimi trent'anni, Miyazaki ha ottenuto nel 2002 un illustre riconoscimento, l'Orso d'oro a Berlino, per Spirited Away (2001), che ha definitivamente sdoganato l'animazione giapponese dal rango di realtà cinematografica di serie b, marchio affibbiatole troppo velocemente da critici disattenti e incapaci di andare oltre il fenomeno Pokemon o Tamagotchi. La filmografia del regista, che come Kubrick, ed il paragone non è fuori luogo, ha girato pochi film nella sua vita, tutti o quasi capolavori assoluti, s'incentra su alcuni temi cardine: il rapporto tra l'uomo e la natura, il contrasto tra il progresso e la tradizione, il recupero dei valori: il Giappone dei videogiochi e della tecnologia è lontano anni luce, eppure tutti i suoi film hanno un successo straordinario in patria, tanto che alcuni suoi lavori, Spirited Awa (2001) e La Principessa Mononoke (1999) ha incassato in totale il doppio di Titanic e degli ultimi film di Spielberg messi assieme. Il percorso del regista inizia con la riduzione cinematografica delle storie di un famoso personaggio dei fumetti: Lupin ne Il Castello di Cagliostro (1978): già in quest'opera si notano alcuni tratti che caratterizzeranno lo stile del regista: la cura maniacale per i dettagli ed i particolari, l'interesse per le macchine volanti, la forte caratterizzazione psicologica dei protagonisti delle storie (spesso femminili). Il tema ambientalista, particolarmente caro a Miyazaki, esplode nella serie animata Conan (1979), ambientato in un mondo sconvolto dalla guerra nucleare ed è ribadito nei film per le sale Nausicaa (1983) e Laputa (1985). L'Italia, come spesso accade tra i giapponesi, è oggetto di attenzione da parte del regista e la lungimiranza di un produttore della Rai, innamorato delle opere cinematografiche di Miyazaki, permette, caso unico, una coproduzione italo-giapponese per la realizzazione di una serie a cartoni animati centrati sulle avventure di Sherlock Holmes: nonostante la serie non riscuota una successo eclatatante, Miyazaki rende omaggio all'Italia in Porco Rosso (1992) film nel quale il protagonista è un aviatore italiano della prima guerra mondiale vittima di una maledizione che lo fa assomigliare ad un maiale (altra fissa del regista che mette questo animale in tutti i suoi film). Negli anni a seguire, il linguaggio cinematografico si è evoluto bruscamente: prima vengono realizzate favole immerse in atmosfere oniriche e tranquillizzanti come Totoro (1988) o Kiki delivery services (1989), in seguito la Principessa Mononoke suscita scalpore per le scene violente ed il messaggio pessimista: ma così va il mondo e Miyazaki non è altro che attento osservatore della realtà che lo circonda. Con Spirited Away, il regista torna a temi magici e fantastici e guarda ai bambini come speranza per il futuro. Con La città incantata (2002) ha raggiunto il grande pubblico internazionale vincendo l'Orso d'Oro a Berlino e l'Oscar per il miglior film di animazione.
Ormai di Hayao Miyazaki si parla come del Kurosawa o del Kubrick del cinema d’animazione. John Lasseter, l’autore di Toy Story e Monsters & Co . considerato negli Stati Uniti l’erede di Walt Disney, ha detto che «è il più grande maestro dell’animazione, anzi il più grande regista vivente». E’ anche vero che Akira Kurosawa gli ha reso omaggio affermando che «non si può sminuire l’importanza dell’opera di Miyazaki paragonandola alla mia». E’ certo, comunque, che questo tranquillo e riservato signore di 64 anni, capelli e barba bianchi, sguardo mite, uno dei papà di Heidi, è il più geniale creatore di anime, dove anime in Giappone, il suo paese, sta per cartoni animati. «Facciamo soffiare un vento caldo nell’animazione giapponese», disse Miyazaki quando vent’anni fa fondò i suoi Studi a Tokyo, chiamati Ghibli, il vento caldo del Sahara e il nome dato dai piloti italiani ai loro aerei da ricognizione (l’artista nipponico ha una passione per i vecchi velivoli). E ha mantenuto l’impegno.
Dopo aver vinto l’Oscar nel 2003 con La città incantata (l’anno prima il suo capolavoro aveva conquistato l’Orso d’oro al Festival di Berlino e ha sbancato tutti i record al box-office giapponese con 18 milioni di spettatori), Miyazaki riceverà il prossimo 9 settembre, alla Mostra di Venezia, il Leone d’Oro alla carriera, una onorificenza mai assegnata prima a un regista di film a disegni animati. La definitiva consacrazione per il Maestro e il suo paese incantato, lucciole, baluginare di fiocchi di neve, spettri che volteggiano nel buio, mostri mitologici e tecnologici, animali parlanti, bambine incantevoli protagoniste di molti dei suoi nove lungometraggi, da Kiki’s delivery service a Nausicaa della valle del vento. E ancora, quei prati dove si riflettono le ombre delle nuvo le, quei monti innevati, quella luce che si stempera in mille colori ai margini di una foresta, il Giappone medievale e una Europa fantasiosa, ottocentesca e futuribile, che ricorda quella di Jules Verne e H. G. Wells. Come nell’altro suo capolavoro, Principessa Mononoke del 1997, o nell’ultimo film, Il castello errante di Howl, che arriverà nel cinema italiani il 9 settembre, lo stesso giorno della premiazione di Miyazaki a Venezia.
Tratto da un romanzo dell’inglese Diana Wynne Jones, il cartoon (distribuito in Italia dalla Lucky Red, in Giappone al quarto posto degli incassi di tutti i tempi) racconta le avventure di Sophie, una diciottenne attratta dal bellissimo mago Howl che vive in un castello “errabondo”, una costruzione che sembra uscita da un romanzo di Verne, tutto ferraglie, torrette e pinnacoli, che si muove su lunghe zampe d’acciaio. L’umile ragazza che fabbrica cappelli in una città europea immaginaria, metà Alsazia e metà Normandia, ai tempi della Belle époque, suscita così la gelosia della mastodontica Strega delle lande che la trasforma in una novantenne. Per Sophie non c’è altra scelta che introdursi nel castello sotto le spoglie di donna delle pulizie e vivere accanto al mago Howl. Come le altre fiabe miyazachiane, anche Il castello errante di Howl è un viaggio d’iniziazione attraverso un mondo di maghi, streghe e altri personaggi fantasiosi, tra cui spiccano un simpatico fuoco antropomorfo, Calcifer, il misterioso spaventapasseri Rapa.
Miyazaki ha realizzato al solito un film complesso, pieno di significati e messaggi. Ma, ed è qui la sua arte, lo fa senza proclami e slogan ideologici. Come già la bambina Chihiro in La città incantata, Sophie compie un viaggio d’iniziazione e impara ad accettare la sua nuova condizione, sforzandosi a continuare la vita. Insomma, il messaggio è che bisogna accettare ogni fase della vita e tirarne fuori il meglio. Nel Castello errante tornano anche alcune delle tematiche care al Maestro, tra cui la forza dei sentimenti e della tradizione, l’ecologia, il rapporto uomo - natura, la critica allo strapotere della tecnologia, la lotta tra il Bene e il Male ma senza manicheismi. E il pacifismo, la condanna della guerra. Mentre sulla città piovono le bombe lanciate da macchine volanti simili a giganteschi uccellacci, Sophie chiede: «Sono nemici o amici?». E Howl risponde: «Gli uni o gli altri, è la stessa cosa. Maledetti assassini». Come tanti registi giapponesi dell’animazione, anche Miyazaki disegna e rivive l’incubo del fungo atomico di Hiroshima e Nagasaki. E ha detto chiaramente che «la guerra in Iraq, i bombardamenti su Bagdad, hanno influenzato molto il mio film».
Il Maestro non gradisce di essere chiamato il Disney giapponese. E non nasconde di non amare le opere disneyane. «Lui era un produttore, io sono un realizzatore. E poi non ho mai amato i suoi film. Detesto certe scene di Biancaneve e i sette nani». E aggiunge: «Oggi siamo sommersi da produzioni animate mediocri. Il dramma dell’animazione odierna è che molti autori non sanno più distinguere un film da un videogioco. E’ giusto prendere il meglio dall’unione tra le tecniche moderne e quelle tradizionali. Ma io non intendo lasciarmi menare per il naso dai computer e dall’elettronica». E così continua a lavorare alla vecchia maniera. «Sono semplicemente un artigiano», dice modestamente. Contrario alla tecnologia che uccide la fantasia, accetta solo un limitato uso della computer grafica. Per La Città incantata e Il castello errante di Howl, ad esempio, lo Studio Ghibli ha realizzato a mano tutti i disegni e gli sfondi. Una volta tradotto il lavoro in formato digitale, pittura, colorazione e “fotografia” vengono fatte con il computer. Per Miyazaki la maggior parte della produzione «si deve basare sul disegno manuale. Ai miei animatori dico: facciamo film in 2D, non in 3D, questa è la nostra forza». E lui continua a seguire ogni dettaglio della lavorazione, dai personaggi ai fondali e ai colori: «Ma quando iniziamo una produzione non esiste una sceneggiatura. Disegno i primi storyboard e non so mai dove mi porteranno i personaggi e come si svilupperà la storia». Alla fine, però, i risultati si vedono. Basti pensare che nel 1999 il prestigioso Moma di New York (Museum of modern art) ha ospitato una retrospettiva delle opere targate Ghibli e ne ha acquistata una per la sua collezione permanente, My neighbors the Yamadas, del regista Isao Takahata. E lui si sente sicuro di dire che ancora oggi i suoi Porco rosso (1992) o Il mio vicino Totoro (1988) «non hanno rughe. Sono attuali. Perché se un film è in sintonia con la sua epoca durerà sempre».
Da Il messaggero, 29 agosto 2005
Se non esistesse già, uno come lui bisognerebbe inventarlo. Certo a leggere il curriculum (laurea in scienze politiche ed economiche) e anche a guardare le foto non direste mai che quel signore un po' anonimo, dagli occhi a mandorla sovrastati da ordinatissimi capelli lisci bianchi che finiscono in un morbido pizzetto, sia il massimo autore vivente giapponese di cartoni animati o «anime», come li chiamano da quelle parti. E invece sì, Hayao Miyazaki, fantasia allo stato puro, nato a Tokyo nel 1941, è il creatore di una serie strabiliante di personaggi che rimangono impigliati nella memoria dello spettatore lasciando una sensazione di leggerezza e incanto.
Il mondo di Miyazaki, approdato in Italia solo nel 1997 con Princess Mononoke (il più grande incasso nella storia del cinema giapponese) prima della consacrazione nel 2001 con La città incantata (Oscar e Orso d'oro al Festival di Berlino), riporta quasi magicamente alle atmosfere e alla bellezza della vita e delle opere di un occidentale come Antoine de Saint Exupéry.
Forse perché, proprio come il padre del Piccolo principe, anche Miyazaki ama il volo, che non manca mai nei suoi film, popolati soprattutto di ragazzi intrepidi alle prese con avventure virate sempre su tematiche impegnate: la lotta dell'uomo, segnato dal progresso e dalla tecnologia, con la natura e quindi l'ecologia; l'odio e l'intolleranza e quindi la guerra.
Ragione in più per approfittare dell'occasione che la Mostra di Venezia il 9 settembre offrirà in occasione della consegna del Leone d'oro alla carriera a Miyazaki, il primo a un regista d'animazione, con la proiezione di tre suoi film ancora inediti in Europa: Nausicaa della valle del vento (1984), Porco rosso (1992) e On Your Mark (1995). Ma nello stesso giorno in cui il riservato e timido Miyazaki (si descrive da sempre come «un semplice artigiano») salirà le scale del Palazzo del cinema, uscirà nelle sale anche la sua ultima opera, Il castello errante di Howl (tratto dall'omonimo romanzo di Diana Wynne Jones edito da Kappa Edizioni), che si distingue per una purezza tecnica dell'animazione, mista fra tradizionale e digitale.
Dal direttore di Venezia, Marco Müller, che di Oriente certo se ne intende, arriva una puntuale descrizione dell'opera di Miyazaki: «È il gigante che ha fatto saltare le pareti dentro le quali si era voluto incasellare il cinema giapponese d'animazione. Troppo frettolosamente, infatti, lo si è indicato come il “Disney giapponese”, riducendo a parametri per noi consueti un'energia creativa, una visione assolutamente fuori dell'ordinario. La filosofia di Miyazaki unisce romanticismo e umanesimo a un piglio epico.
Il senso di meraviglia che i suoi film trasmettono risveglia il fanciullo addormentato che è in noi». Il ricorrente riferimento a Disney infastidisce lo stesso Miyazaki, chissà perché visto che è poi la major statunitense a distribuire i suoi film in tutto il mondo, anche se è certo che con il genio statunitense condivide almeno una cosa, l'abilità nell'aver creato un grande studio d'animazione cui ha affiancato anche un museo. Entrambi li ha voluti chiamare non con il suo nome, ma Ghibli. Sì perché lui, il più occidentale degli animatori nipponici, è un grande appassionato di viaggi. Così all'epoca della creazione della leggendaria Heidi si è recato in Svizzera per documentarsi dal vero sugli scenari, per poi trasferire nei suoi film suggestioni di un'Europa più o meno fantastica: la Francia nel suo primo lungometraggio da regista, Lupin III: il castello di Cagliostro; il Galles in Laputa: il castello nel cielo; un'Italia immaginaria degli anni Venti in Porco rosso, dove l'eroe è un aviatore antifascista la cui testa si è tramutata in un maiale.
Ma attenzione a cercare metafore azzardate, Miyazaki non le ama e con la sua calma proverbiale vi spiegherà che i suoi film sono pieni di maiali «semplicemente perché più semplici da disegnare».
Da Il Giornaledel 30 agosto 2005
Non è il vento a scuotere i capelli dei protagonisti di Hayao Miyazaki. Piuttosto un’irresistibile forza interiore, un astratto furore, un impeto di giustizia. Potrebbe trattarsi di Nausicaa, protagonista del suo secondo film ambientato in mondo distrutto dalla tecnologia e invaso dal veleno, oppure di Kiki, la piccola strega che fa consegne a domicilio, o ancora di Shuta, la tredicenne di Laputa, il castello nel cielo. Di certo è un personaggio disegnato, preferibilmente femminile, di film che hanno uno straordinario potere di sorprendere e commuovere.
A Miyazaki il festival di Venezia consegnerà un Leone d’oro alla carriera, premio che arriva dopo altri importanti riconoscimenti, come l’Orso d’oro del festival di Berlino (fortemente voluto dalla giurata Nicoletta Braschi) e dal Premio Oscar per il miglior film d’animazione. Ma erano entrambi per La città incantata. Venezia invece celebra il maestro giapponese per tutta la sua lunga carriera, che viene da lontano e che in parte al pubblico italiano è nota, anche se non lo sa.
Perché questo signore, nato sessantaquattro anni fa nella periferia di Tokyo, ha partecipato al successo di personaggi popolarissimi da noi, come Heidi e Lupin III, di cui ha diretto anche Il castello di Cagliostro, primo lungometraggio straripante di invenzioni. Il film è del 1979 e arriva dopo 16 anni di tirocinio televisivo, in cui partendo come aiuto animatore è arrivato ad essere autore e regista. Poi realizza Nausicaa>, ispirato a un suo manga, e negli anni Ottanta, Miyazaki sa che il suo destino è nel grande schermo: così fonda lo Studio Ghibli insieme al suo socio Isao Takahata (altro grande maestro, che ha annunciato la sua presenza in Italia il prossimo dicembre, al festival “Castelli animati” di Genzano). Da allora Miyazaki realizza altri sette film, tutti di altissimo livello, tutti assai diversi tra loro, in cui riesce ad inventare mondi fantastici eppure credibili, in cui personaggi perlopiù adolescenti cercano la propria strada. E non è affatto detto che la trovino.
Al centro delle storie di Miyazaki è la magia: ma non quella facile. risolutiva, quella della bacchetta magica. La magia piuttosto come mistero della vita, quello che scuote i capelli, quello che per un attimo può rivelare l’inconoscibile ma anche essere fatale. Perché nel cinema di Miyazaki il bene e il male non sono mai separati e il suo cinema, rifuggendo la semplificazione, vuole approfondire, capire, svelare.
Ha detto Neil Gaiman che Miyazaki realizza film animati perché “la sua immaginazione è così straripante che un film live non potrebbe contenerla tutta”. E quel che sorprende è la capacità di Miyazaki di rendere magici anche momenti di assoluta quotidianità; a vederli nei suoi film si resta con il fiato sospeso. E di toccare temi alti raccontando storie splendidamente popolari e a volte piuttosto crude. Il suo Principessa Mononoke, che comprende violente scene di guerra, in Giappone è stato secondo per incassi solo a Titanic (poi è stato battuto prima dalla Città incantata e poi dal suo ultimo film, Il castello errante di Howl, che presto uscirà anche in Italia). Eppure Ashitaka, il protagonista della Principessa Mononoke, a pochi minuti dall’inizio viene colpito a un braccio da un demone e dichiarato incurabile. La sua storia d’amore con Mononoke rimarrà una storia di destini incrociati, e non di obblighi matrimoniali.
Invece i genitori di Chihiro, protagonista della Città incarnata, trasformati in maiali grufolanti perdono la propria dignità dì fronte a uno sterminato buffet. Alla fine, nonostante un’avventura prodigiosa in cui la protagonista affonda le mani nelle profondità dell’animo umano, non si sa bene quanto Chihiro sia cambiata. Forse per nulla. Miyazaki non vuole consolare il pubblico. Piuttosto, lo lascia là dove la storia finisce, ma potrebbe anche continuare. Là dove sta anche allo spettatore. cercare senso e motivazioni.
Solo La principessa Mononoke e La città incantata sono stati distribuiti nei cinema italiani, mentre Lucky Red presenterà 119 settembre Il castello errante di Howl, l’ultimo grande successo che fu a Venezia lo scorso anno. I film di Miyazaki per anni erano circolati solo nei festival e tra gli appassionati, prima che la Disney stringesse con Studio Ghibli un accordo per la distribuzione in Occidente. Così ora alcuni cartoni di Miyazaki si possono trovare in dvd, mentre in libreria due recenti volumi (L’incanto del mondo di Anna Antonini e Hayao Miyazaki, Il dio dell’anime di Sandro Bencivenni) ci raccontano di un regista esigentissimo, che esce esausto ed esaurito dalla lavorazione di ogni suo film.
Da La Repubblica, 30 agosto 2005
Hayao Miyazaki in questi anni si è guadagnato il ruolo di nume tutelare dell’animazione mondiale e anche John Lasseter, boss della Pixar, non fa mistero nelle sue interviste della profonda stima che lo lega all’opera del maestro giapponese. Schivo, quasi ritroso nei confronti di stampa e pubblicità il suo primo istinto, quando Marco Muller gli propose il Leone d’oro alla carriera, fu quello di rifiutare e neppure i tanti premi prestigiosi che ha ritirato negli ultimi anni (come l’Orso d’oro vinto a Berlino e l’Oscar, entrambi assegnati per La città incantata) riescono a cambiare questa sua innata ritrosia. Miyazaki nasce nel 1941 non lontano da Tokyo, durante la Seconda guerra mondiale che tanto ha segnato la vita dei giapponesi e quella della sua famiglia. Il padre lavorava per l’azienda aeronautica di famiglia che costruiva i timoni dei celebri velivoli Zero, quelli delle missioni “kamikaze” contro le portaerei statunitensi, che dopo la fine del conflitto si trasforma in una fabbrica di posate. A causa dei bombardamenti americani, nel 1944 la famiglia si rifugia in campagna e di questa triste parentesi il suo cinema conserva ancora traccia nel forte sapore antimilitarista delle sue storie. Secondo di quattro fratelli, Hayao è molto legato anche alla figura materna, una donna forte e carismatica ma costretta a frequenti ricoveri a causa di una tubercolosi ossea, alla quale si ispirano molti dei personaggi femminili del suo cinema, forti e indipendenti. Laureato in economia, Miyazaki però sembra più attratto dalla letteratura e dai manga, così comincia a lavorare per la Toei Doga, il più importante studio di animazione del Giappone. Qui collabora a numerose serie Tv e fa degli incontri fondamentali per la sua vita; la disegnatrice Akemi Ota, che diventerà sua moglie, il suo mentore Yasuo Otsuka e Isao Takahata il suo sodale compagno artistico. Nel 1971 Miyazaki e Takahata raggiungono Osuka alla A Pro Studio e qui lavorano alla serie Lupin III, il simpatico ladro che sarà anche il protagonista del suo primo lungometraggio Lupin III e il castello di Cagliostro. In quegli anni il regista giapponese lavora a numerose serie Tv, tra le quali Conan, il ragazzo del futuro, HeidI, la bambina delle Alpi e Il fiuto dl Sherlock Holmes realizzato in coproduzione con l’italiano Studio Pagot. Nel 1984 nasce Nausicaa della valle del vento, uno dei suoi tanti capolavori, trasmesso in Tv in Italia in una copia devastata dai tagli, situazione che si verifica anche per le versioni statunitense e francese e che provoca l’ira di Miyazaki. Nel 1985 il regista e Takahata fondano il loro studio di animazione, il Ghibli, come il vento del deserto, in una sorta di auspicio che “un vento caldo soffi sul mondo dell’animazione giapponese”. Ghibli però è anche il soprannome di un aereo fabbricato dall’italiana Caproni, un bombardiere leggero usato nella Seconda guerra mondiale in Nord Africa e che conferma la passione di Miyazaki per gli aeroplani, che si sublimerà in Porco Rosso (1992), forse il suo capolavoro, ambientato negli anni 20 tra Milano e il Mar Adriatico in una comunità di aviatori pirati e Miyazaki userà per i due protagonisti i nomi di Marco e Gina, amichevole omaggio agli eredi dello studio fondato da Toni e Nino Pagot. Gli anni di Ghibli sono fecondi e pieni di soddisfazione per Miyazaki che ha trovato così una sua autonomia produttiva e la possibilità di lavorare su uno stile assai personale in cui giocano un ruolo fondamentale la cura maniacale dei particolari, un lavoro straordinario sui colore e la tradizione del disegno manuale anche negli anni della rivoluzione dell’animazione digitale, usata con grande parsimonia. Tra i titoli prodotti per lo studio ricordiamo Il mio vicIno Totoro, Kiki-Consegne a domiciio, Principessa Mononoke, La città incantata e il recente Il castello errante di Howl, presentato come Evento speciale lo scorso anno a Venezia e nelle sale italiane dal settembre.
Da Film Tv, n. 32, 2005
Hayao Miyazaki nasce nel 1941 a Tokyo. Dopo la laurea in Scienze politiche ed economiche alla Gakushuin University nel 1963, entra nella Toei Animation Company. Come nel caso del suo mentore Isao Takahata, questo tipo di carriera è piuttosto insolita per un laureato in tali materie. Ma già da studente universitario Miyazaki si appassiona alla letteratura infantile e legge ogni genere di pubblicazione nazionale e internazionale scritta per i bambini. Hayao è anche un disegnatore straordinario. Come animatore, viene coinvolto nella creazione di numerosi film e serie TV, spesso in collaborazione con Takahata. Nel 1978 dirige la serie Tv Conan, il ragazzo del futuro e nel 1979 il film Il castello di Cagliostro. Agli inizi degli anni Ottanta Miyazaki parte per Los Angeles per studiare animazione con i famosi “Nine Old Men” della Walt Disney. Uno dei suoi amici e studenti di quegli anni è John Lasseter, fondatore e mente creativa della Pixar Animation Studios. Durante lo stesso periodo, Miyazaki scrive e illustra l'acclamata serie di fumetti Nausicaa della valle del vento.
Nel 1985 fonda con Takahata lo Studio Ghibli. La città incantata (2001) supera ogni record al box office giapponese e conquista una lunga serie di premi e riconoscimenti, inclusi l'Orso d'oro alla Berlinale nel 2002 e l'Oscar come miglior film d'animazione nel 2003. La fama di Miyazaki è prevalentemente legata al suo essere un regista di film per l'infanzia. Nel 2004 Il castello errante di Howl, basato sull'omonimo libro della britannica Diana Wynne Jones, riceve l'Osella d'oro alla Mostra di Arte Cinematografica di Venezia. E sempre al Lido, l'anno successivo, Miyazaki viene onorato con il Leone d'oro alla Carriera. Il suo ultimo film, Ponyo sulla scogliera, in concorso all'ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia, è uscito lo scorso in Giappone riscuotendo un enorme successo.
Tra le varie attività di Hayao Miyazaki si annoverano la pubblicazione di alcune raccolte di poesie, saggi e disegni e la progettazione di diversi edifici di prestigio, tra i quali il Museo Ghibli e il Mitaka nel Inokashira Park di Tokyo.