Il 13 luglio scorso Harrison Ford ha compiuto 80 anni. Personaggio enorme, è notorio. Con un dato inalienabile, unico: è l’attore primatista – e non è primato da poco - di incassi. Si calcola che abbia portato al botteghino quasi cinque miliardi di dollari. Un dato che, un po’, contrasta – o forse non contrasta - col fatto che l’Academy Award non gli ha mai attribuito un Oscar. Ford è stato protagonista di film di ogni genere, alcuni hanno lasciato un segno. Ed è sempre stato all’altezza dei ruoli. Ma la lente su questo mio intervento – come sempre c’è il problema dello spazio - fissa Harrison che ha fatto Indiana.

La genesi. Quiz. Harry Steele, chi era costui? Era il protagonista del film Il segreto degli Incas, del 1954 l’attore era Charlton Heston. Invito chi legge a digitare quel titolo, quindi “immagini” ed ecco che apparirà Indiana Jones. Impressionante. Non è finita. Cina è un film del 1943. Il protagonista è Alan Ladd. Ripeto l’invito. Ecco apparire un altro Indiana, l’abbigliamento e l’impatto sono gli stessi. E anche il nome è… sospetto, visto che Ladd si chiama Jones.

Quando nel 1981 Steven Spielberg inaugurò la serie fu subito chiaro che il successo era garantito. Il regista, come suo costume fece tutti gli studi e i sondaggi che, come sempre, erano giusti. I predatori dell’arca perduta, il primo “indiana”, apriva una strada. Ma prima una digressione sul regista. Apprezzo Spielberg ma non è una mia passione. Lo considero un grande, perfetto artigiano di cinema, capace di risolvere tutti i temi, ad alti livelli, ma sempre senza possedere la grazia stellare di certi giganti poeti come Chaplin, Renoir, Bergman, Ford, Hitchcock, Kubrick e pochissimi altri. Certo ha firmato titoli antologici, seri, ne cito uno per tutti, Shindler’s List (guarda la video recensione).

Naturalmente è stato un grande inventore di avventura e di fantasia. Con Indiana Jones ha colto il momento per l’evoluzione. La stagione dei magnifici “avventurosi” come Errol Flynn e Burt Lancaster andava trasformata. E Spielberg ci mise, oltre alla sua attitudine spettacolare, ironia, velocità, sorriso, iperbole. E anche cultura perché Henry Walton Jones, è un archeologo coltissimo, uomo d’azione, esploratore, che attraversa tutti i Paesi e tutte le etnie. Passa dalla scoperta di un idolo della fertilità nella giungla a un mistero di un villaggio in India, alla ricerca del Santo Graal. In Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, quarto capitolo, del 2008, il quasi settantenne Jones ha dovuto vedersela coi servizi segreti russi. Adesso, per l’ottantenne Ford-Indiana si apre lo scenario del capitolo 5.

Se ne parla da anni. Il “mistero-Jones”, per promozione, depistaggi, curiosità, ipotesi non è da meno dell’affaire Rossella, quando il mondo intero venne coinvolto per la scelta della protagonista di Via col vento.

Quale sarà la vicenda del “Cinque” di Harrison Ford ha concesso poche, generiche, astratte parole. Vedremo nuovi sviluppi nella vita di Indiana Jones, nel suo rapporto. Vedremo risolta parte della sua storia. La Disney, che produce, ha lasciato trapelare: il contesto sarebbe quello degli anni dello sbarco sulla luna nel 1969, quando la Nasa assunse scienziati tedeschi, magari ex nazisti, compreso il geniale Werner von Braun, inventore della serie V dei razzi, le cosiddette armi segrete di Hitler. Sono centinaia i figli più o meno spuri di Indiana.

Meritevoli di citazione alcuni film diventati piccoli classici: le “pietre verdi e i gioielli del Nilo con Michael Douglas, le varie “Mummie”, magari Johnny Depp “pirata dei Caraibi” e il professor Langdon creato da Dan Brown con un Tom Hanks meno… acrobatico di Harrison Ford. Con l’auspicio di non vedere un ottantenne balzare da un treno su un elicottero.