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Dino Risi: poveri, belli, difficili, mostri, tutti da amare

Con i suoi film e i suoi personaggi ha raccontato l'Italia.
di Pino Farinotti

Un regista che sapeva raccontare storie
Dino Risi 23 dicembre 1916, Milano (Italia) - 7 Giugno 2008, Roma (Italia).

domenica 8 giugno 2008 - Focus

Un regista che sapeva raccontare storie
A quest'ora è stato tutto detto e scritto. Io sono sempre stato "pazzo per Risi", un uomo colto che ha preferito fare il cinema (a tempo pieno) piuttosto che lo scrittore o il chirurgo. E ha preferito raccontare piuttosto che essere artista assoluto alla Fellini, De Sica, Rossellini. E forse nessuno (forse Monicelli) ha saputo raccontare come lui.
I suoi personaggi erano duri, sgradevoli, magari cattivi, ma li accettavi, ci sorridevi e ridevi sopra. I quattro aggettivi valgono per i modelli dei film attuali. Il padre pedofilo, la prostituta dell'est, il transessuale umano, il commissario che si fa una (sana) canna, non fanno sorridere, sono strumenti costruiti per una dialettica dura e ideologica, per un confronto provocatorio, magari cattivo. Vogliono dividere. Risi, coi suoi personaggi omologhi, univa. Nella Vita difficile Sordi è un comunista radicale, ma è amato da tutti, anche dagli "altri". Gassman che fa Bruno Cortona nel Sorpasso ha creato un precedente imprescindibile, riprodotto, senza complessi, nei decenni, da attori di forte identità e personalità, come De Sica e Abatantuono. E raccolto anche fuori dal nostro Paese. Certo, Risi aveva Gassman e Sordi, "questi" hanno Orlando e Amendola. Ma Risi, Gassman e Sordi se li era meritati.

Un eroe della Commedia
Sabato sera La 7 ha proposto I mostri (1963). Sono "quadri italiani", il più corto dura un minuto, il più lungo dodici. Non vedevo il film da molto tempo. E che succede? È perfetto. Si dice "nel quadro del suo tempo", niente affatto, è perfetto nel quadro di tutto il tempo. Nella regia, nei testi, nei tempi, in Gassman e Tognazzi naturalmente. Persino i modelli, a quasi mezzo secolo di distanza sono intatti. E qui occorre una citazione di Age e Scarpelli, sceneggiatori (qui insieme ad altri) più efficaci di quasi tutti gli scrittori di quell'epoca che firmavano romanzi. Da quei quadri emergono esattamente i "mostri" attuali: il politico corrotto (ma si ride); la tivù devastante; il "grottesco" di certi premi letterari –con Gassman che fa la donna con quella sua schiena di un metro quadrato-; l'ossessione del calcio; il cinismo mortale della stampa; quello del cinema con la vecchietta cardiopatica scaraventata in piscina per l'"undicesima". E niente è da toccare, tutto è perfetto, come detto. Sono venti piccoli film completi, venti "corti". Nessun film italiano dell'era recente, fatte pochissime eccezioni, (diciamo due o tre) vale uno di quei "corti". Dino Risi un eroe della cosiddetta Commedia. Correvano (soprattutto) gli anni Sessanta e Settanta. Facevamo testo nel mondo. E giravano i corsi e i ricorsi. Nella guerra, e appena dopo, avevamo inventato la verità nel cinema, e anche lì avevamo fatto testo. Tra il realismo e la Commedia non ci fu quasi soluzione di continuità. Al "corso" era subito seguito un "ricorso". È da allora che questa regola, per noi, non vale. È passato davvero troppo tempo. Ma non è successo niente che non ci siamo meritati. Io spero che attraverso questo suo ultimo promemoria, da Dino Risi arrivino un'indicazione e un auspicio. E perché no, un incoraggiamento. Qualche timido segnale, recente, si sta forse profilando.

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