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Tsai Ming-liang

Tsai Ming-liang (Ming-liang Tsai). Data di nascita 27 ottobre 1957 a Kuching (Malesia).
Nel 1997 ha ricevuto il premio come orso d'argento al Festival di Berlino per il film Il fiume [2]. Tsai Ming-liang ha oggi 66 anni ed è del segno zodiacale Scorpione.

Ming-Liang Days

A cura di Fabio Secchi Frau

I giorni che racconta il regista orientale Ming-Liang sono un concentrato di solitudini e di alienazioni immerse nella contemporaneità, che urlano l'impossibilità di essere vissuti pienamente, nell'appagamento dei propri sentimenti, perché il mondo moderno è senza purezza. Questa è la filosofia cardine di tutte le pellicole di questo grande autore, pellicole che sono amate da tutta l'Europa, all'interno delle quali i suoi protagonisti affascinano, perché prescelti per un gioco di destini alla ricerca di qualcosa che non c'è, come dei Peter Pan dagli occhi a mandorla che hanno perduto la strada e la capacità di volare con pensieri felici. Secondo l'insindacabile criterio della critica, Tsai Ming-Liang ha un modo davvero speciale di fare il regista e di affondare a piene mani nella Settima Arte, frapponendosi fra registi come Hsiao-hsien Hou e Yazhou Yang, richiamando il primo cinema di Ang Lee, riesce a creare e raccontare storie sono un cocktail di musica e sesso, di euforia e disgrazia. Un cinema di antonimie per eccellenza.
Nato a Kuching, in Malesia, e laureato in Drama and Cinema Department della Chinese Cultural University of Taiwan, ha lavorato prima come produttore teatrale e poi come regista televisivo firmando il film per la tv All the Corners of the World (1989). Passa al grande schermo solo nel 1991, con Boys, seguito da Rebels of the Neon God (1992). Amante di Truffaut, fin dal principio riesce a miscelare mélo e satira, affondi sociali e culturali, senza mai smettere di provocare, anche perché mette in scena il sesso con verità e sensibilità, rigettando categoricamente l'idea di raccontarlo con l'utilizzo di particolari filtri narrativi, ma semplicemente per quello che è, nudo e crudo, con tutti i pro e i contro.
In molti hanno ricercato dei modelli altisonanti per il suo capolavoro (si parlava di Straub e Antonioni): Vive l'amour (1994), che ha vinto il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia, ma pochi hanno capito che, una pellicola come quella, non aveva alcun bisogno di riferimenti. Una scena di pianto della durata di 10 minuti (ampiamente fischiata dagli spettatori) e il tema della sessualità che si sprigiona per tutto il film, ne fanno una buona opera innovativa, che sicuramente ha lasciato un raro segno in chi ha avuto la fortuna di vederla.
Sono rari nei suoi film l'uso della musica tradizionale, predilige le canzoni pop, e ancora più scarni sono i dialoghi; per questi e altri motivi, è ritenuto un Autore con la A maiuscola e scelto, nel 1995, come giurato per il Festival di Berlino. Nel 1997, sfiora l'incesto con Il fiume, mentre diventa ossessivo e stranamente divertente quando si immerge nella piovosa musica di The Hole - Il buco, uno dei suoi primi film arrivati in Italia. Chi era spettatore dei trailer trasmessi dalla tv ricorderà sicuramente la canzone che accompagnava tutto il film.
Decisamente originale e maturo, ci riprova nel 2001 con Che ora è laggiù? , dove incrocia non proprio romanticamente l'Europa e l'Asia. Il suo film più originale rimane Goodbye Dragon Inn, un vero e proprio omaggio al cinema dove gli spettatori di una vecchia sala cinematografica assistono all'apparizione dei personaggi del film in cerca del loro autore. Ming-Liang si veste da Pirandello e gioca ancora una volta con la sensazione di smarrimento e di amarezza che ha addosso e che trasferisce prima nelle sue immagini, poi sui suoi personaggi ed infine a noi spettatori. Mentre il film più stuzzicante è senza alcun dubbio Il gusto dell'anguria, un misto di pornografia e musical, dove porta sullo schermo le inquietudini di una generazione allo sbando, senza un elemento materno come l'acqua.
Affiancato a una delle sue attrici più importanti, Chen Shiang-Chyi, firma I Don't want to sleep alone, pellicola dalle atmosfere cupe e rarefatte in cui si inscena un turbinio di fascinazioni e attrazioni costantemente incasellate nella solitudine urbana.
Sono questi spunti mélo, questi dialoghi ridotti all'essenza, che rendono Tsai Ming-Liang un regista che sa quali sono i trucchi del mestiere.

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