Titolo originale | Tian Bian Yi Duo Yun - The Wayward Cloud |
Anno | 2004 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Taiwan, Cina, Francia |
Durata | 112 minuti |
Regia di | Tsai Ming-liang |
Attori | Lee Kang-Sheng, Chen Shiang-Chyi, Lu Yi-Ching . |
Uscita | venerdì 25 novembre 2005 |
Tag | Da vedere 2004 |
Distribuzione | Bim Distribuzione |
MYmonetro | 2,90 su 10 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 29 gennaio 2015
Uno Tsai Ming-Liang quasi pornografico che riesce ad essere profondamente "morale": la storia di un venditore di orologi che diventa attore porno e non può amare una sua ex cliente se non col corpo. Il film è stato premiato al Festival di Berlino, In Italia al Box Office Il gusto dell'anguria ha incassato nelle prime 8 settimane di programmazione 82 mila euro e 27,5 euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Si può essere "morali" portando sullo schermo l'erotismo più estremo? Si può. Ce lo dimostra Tsai Ming-Liang con questo suo ultimo film.
In una Taiwan prosciugata da una calura improvvisa un ex venditore di orologi divenuto attore porno incontra una ex cliente che abita al piano sottostante l'appartamento in cui si girano i film. I due potrebbero e forse vorrebbero amarsi ma l'amore è impossibile per il regista taiwanese. Perché? Perché deve servirsi del corpo, un corpo che la pornografia non rende "vitale" come propaganda vorrebbe, ma riduce a carne morta, incapace di reazioni che non siano meccaniche. Se il termine surrealismo fosse ancora utilizzabile sarebbe questo il film per cui dovrebbe tornare a svolgere la propria funzione. Perché, come il Buñuel di Un chien andalou, Tsai Ming-Liang colpisce basso per poi passare ad inserti di finto musical (dal parapolitico all'esplicitamente erotico) in un film in cui i due personaggi principali hanno a disposizione una sola riga di dialogo (una domanda affidata a lei). Lo spiazzamento dello spettatore fa parte della dinamica narrativa. Una dinamica che prevede orgasmi che non possono contemplare la parola amore. L'ultimo di essi sarà un grido disperato accompagnato dal pianto. Il pianto, appunto, fatto della materia vitale primaria che scarseggia in questo film in cui si partoriscono e si masturbano cocomeri. L'acqua è fonte di vita. Una vita che, per il regista di Taiwan, si sta ineluttabilmente inaridendo.
Pessimismo e alienazione e' la tematica di questo film capolavoro degno di un Orso d' Argento al festival di Berlino per il contributo artistico. Film ricco di metafore. La piu' importante quella dell'acqua come sinonimo di vita. La siccita' e' la morte di ogni cosa, morte della parola e conseguentemente della comunicazione, poiche' la solitudine divora i personaggi [...] Vai alla recensione »
Sembra fatto da un incapace. In realtà il regista gioca con la storia, inanellando immagini ferme sul compiacimento di turno. Il suo è un estetismo di maniera, ed è un a maniera presuntuosa. Linguaggio cinematografico a zero, sceneggiatura fatta di niente. Noioso, inutile. Perchè certa critica continua a premiare film indecenti perchè cervellotici?
Lo avevamo messo nella lista nera. Dopo The Hole, storia d’amore attraverso un buco nel pavimento, in una Taiwan apocalittica ravvivata soltanto dai cinguettanti intermezzi musicali anni Trenta: la ragazza in sottoveste al piano di sopra che sporge una gamba, e il ragazzo al piano di sotto che sbircia e timidamente accarezza. Dopo Che ora è laggiù, con l’aspirante attrice che parte per Parigi dopo [...] Vai alla recensione »
Osceno, coloratissimo, imprevedibile, esilarante. E poetico, concettuoso, pieno di gemiti e di canzoni ma povero di parole, rutilante e insieme estenuante. Dai tempi di Vive l’amour ogni film di Tsai Ming-liang è una scommessa, ma The Wayward Cloud (“La nuvola smarrita”, concorso) è una parata di contraddizioni. I protagonisti vengono da un film casto e rarefatto del 2002, Che ora è laggiù .
Comincia con una scena di coito per interposta anguria, finisce con una fellatio. Non si pensi però, di andare a vedere un film basato sul principio del piacere, un oggetto eccitante per lo sguardo del voyeur d’immagini: quello di Tsai Ming-Liang è cinema di un pessimismo integrale, che fa della disperazione uno stile. Inutile volerne mettere insieme i pezzi in un disegno coerente, perché Il gusto [...] Vai alla recensione »
Tsai Ming Liang, esteta irriducibile, creatore di un tempo sospeso e unico, affogato in liquidi amniotici più velenosi che vitali, imbastisce e cuce questa volta, con The Wayward Cloud (La nuvola capricciosa), in Italia Il gusto dell'anguria, un poema sull'apocalisse prossima ventura, una love story di fantascienza, divorata, consacrata e purificata dalle acque.
Una donna con le cosce divaricate a stringere una mezza anguria poggiata sul pube e un giovane stallone che si accanisce sul frutto simulando un violento atto sessuale che poi approderà a un coito consumato fra gemiti incontrollati. Ripresa nel manifesto pubblicitario, la scena indurrebbe a pensare che Il gusto dell'anguria sia una (fantasiosa) pellicola porno.
A Taiwan fa caldo. Molto caldo. Shiang-chyi è tornata da Parigi e cerca il venditore d’orologi della piazza, Hsiao.kang (sono i personaggi di Che ora è laggiù?). Ma tutto è cambiato, non c’è più neppure la piazza. Solo il caldo, e una crisi idrica che spinge la gente a usare il cocomero come alternativa. Si beve il succo, ci si lava e si arriva a fare altro ancora sul set di un film porno che vede [...] Vai alla recensione »
Il venditore di orologi di Taipei e la ragazza in trasferta a Parigi di Che ora è laggiù? sono tornati. Di nuovo in patria, lei si aggira per una città vuota, in preda ad una siccità senza rimedio, mentre lui ora è un attore di film hard, realizzati nel palazzo in cui vivono entrambi. Ma non s’incontrano né si parlano (quasi) mai, in quest’ultimo, estremo, tableau vivant (e chantant) di Tsai Ming-Liang. [...] Vai alla recensione »
Arriva sempre, in un festival, il film-scandalo, la storia sessuale scostumata che dovrebbe accendere la curiosità e vivacizzare il dibattito nei giorni di stanca. Di solito sono i registi orientali i più versati nel campo, i più fantasiosi, e dunque c'era molta attesa, alla Berlinale, per il nuovo film di Tsai Ming-Liang, il venerato maestro di «Vive l'amour», «Il fiume», «Il buco».
Nei grandi festival, grande è la dimensione. Di solito il resto è piccolo. A che cosa servono, allora, i piccoli film dei grandi festival? A far lavorare registi marginali come Tsai Ming-Liang, autore di uno dei più deliranti film da festival: Il buco (Cannes, 1998). Tsai Ming-Liang ha nostalgia per la Nouvelle vague e la trapianta nella Taipeh di oggi, ideando vicende sempre strampalate, come questa [...] Vai alla recensione »