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Allerta Rossa in Africa Nera, torna l’agente speciale 117, mix irresistibile di stupidità, leggerezza e seduzione

Cambia la regia (Bedos subentra ad Hazanavicius, autore dei primi due capitoli della trilogia) ma ritroviamo Jean Dujardin nei panni della versione iper-parodica di James Bond, un agente che le caratteristiche degli 007 di Sean Connery e Roger Moore ce le ha tutte. Soprattutto le peggiori. Dall'11 novembre al cinema.
di Giovanni Bogani

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mercoledì 10 novembre 2021 - Focus

Agente speciale 117 al servizio della Repubblica – Allerta rossa in Africa nera è l’undicesimo film sull’agente segreto OS117, nato dalla penna di Jean Bruce quattro anni prima che Ian Fleming pubblicasse una sola riga del suo 007. Undicesimo film, sì: ma i primi otto sono rintanati nelle pieghe del tempo, fra il 1957 e il 1970. Questo è, più propriamente, il terzo che rilegge il personaggio in chiave di parodia, dopo Missione Cairo del 2006 e Missione Rio del 2009. A interpretare il personaggio dell’agente segreto è, anche questa volta con un misto irresistibile di stupidità, leggerezza e forza di seduzione, Jean Dujardin.

E dunque rieccolo, quel bellimbusto sessista, razzista, pasticcione, demodé di OS117. Ovvero, tutto quello che avreste voluto vedere di 007 e non avete più osato chiedere. Già, perché se al cinema abbiamo appena visto uno 007 “vero” che si è tolto, del personaggio originale, quasi tutto tranne lo smoking, perdendo per strada sicurezze, arroganza, ma anche canagliesca seduttività, qui abbiamo qualcuno che le caratteristiche degli 007 di Sean Connery e Roger Moore ce le ha tutte. Soprattutto le peggiori. E noi possiamo regalarci il piacere, un po’ peccaminoso, di ritrovare il “vecchio” 007 dentro una sua parodia.

Fra l’altro, particolare minuscolo ma significativo, a doppiare Dujardin nella versione italiana del film è Francesco Prando: che doppia anche il James Bond di Daniel Craig. E se lo sceneggiatore delle tre parodie – Missione Cairo, Missione Rio e Allerta rossa in Africa nera – è lo stesso, Jean-François Halin, qui cambia, e non è un dettaglio, il regista: via Michel Hazanavicius, l’uomo che aveva portato Jean Dujardin fino all’Oscar con The ArtistDujardin ha vinto la statuetta come Miglior attore protagonista per quel film – e dentro Nicolas Bedos, quarant’anni e spiccioli, che aveva fatto irruzione nel salotto buono del cinema francese con La belle époque, nel 2019.

Era un ottimo film, La belle époque: raccontava di un gruppo di teatranti che ricreava, a pagamento, viaggi nel tempo. Al protagonista Daniel Auteuil offriva una full immersion nella primavera del 1974, e lui estasiato nel ritrovare oggetti, vestiti, pettinature, atmosfere di quegli anni. Il gioco con il tempo passato torna anche in Allerta rossa in Africa nera. Finiamo in un anno non lontano da quel 1974: siamo nel 1981, quando in Francia si stanno preparando le elezioni che vedranno il socialista Mitterrand trionfare, a sorpresa, sul conservatore Valéry Giscard D’Estaing.

E dunque, ecco nel film i manifesti elettorali, e OS117 – appena scampato alle grinfie dei sovietici “cattivi” in Afghanistan – che discute delle elezioni con il suo capo, interpretato dal bravo Wladimir Yordanoff al suo ultimo film – è morto l’anno passato, poco dopo la fine delle riprese. Entrambi convengono su quanto sarebbe orrendo e deprecabile il trionfo di Mitterrand: “La sinistra al potere! Le file davanti ai negozi vuoti, niente acqua né elettricità, i carri armati russi in parata sugli Champs-Elysès…!”, esclama il capo. E Dujardin annuisce, compreso, costernato. Ovviamente saranno del tutto smentiti dalla Storia: Mitterrand vincerà e non accadrà niente di tutto questo.

Però, il viaggio nel tempo che il film offre è godibile, così come le strizzatine d’occhio alla Storia. Come quei diamanti che il dittatore africano, nel film, dà a OS affinché li faccia giungere al presidente francese Giscard D’Estaing: è un’allusione allo “scandalo dei diamanti”, che D’Estaing avrebbe ricevuto dal dittatore africano Bokassa, scandalo che lo travolse proprio nell’imminenza delle elezioni.

Ma se quelle sono citazioni, come dire?, tutte francesi, ben più universali sono le citazioni bondiane. Chi ama lo 007 doc, tutto certezze, dell’era Connery e anche dell’era Moore, troverà una miniera di piccoli regali. I titoli di testa scorrono sulle note di una canzone che più bondiana non si può, e che echeggia Bond fin dal titolo, “From Africa with Love”, mentre nella stessa sequenza le immagini proiettate su corpi di donna sono un’allusione sia a Dalla Russia con amore che a Goldfinger.  Nel film apparirà un localizzatore, una scatoletta nera con una spia rossa che fa bip, esattamente come in Goldfinger. OS117 troverà un “vilain” con un uncino d’acciaio al posto della mano, e i coccodrilli, allusioni a Vivi e lascia morire, il primo 007 dell’era Roger Moore. Troverà fra le lenzuola una bestia dal veleno mortale, come in Licenza di uccidere. E non mancheranno i campi da golf, le ragazze in bikini, le piscine. E una musica di sax che cita Solo per i tuoi occhi.


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