Non solo 150 milligrammi, dall'8 febbraio al cinema, ma anche 300 e Bourne Identity: ecco 10 grandi titoli su battaglie perse in partenza. O forse no.
di Emanuele Sacchi
Quello del cittadino semplice e onesto, in lotta contro un sistema acefalo e privo di volto, apparentemente impossibile da scalfire, è un tema eternamente attuale. Il cinema, specialmente quello americano, ne ha fornito esempi di varia natura, declinando la lotta civile in una forma narrativa di sicura efficacia e consolatoria, con un villain destinato a mettere d'accordo tutti (chi può sinceramente schierarsi dalla parte di chi uccide per profitto?). Un'iniezione di speranza e in fondo l'ennesima dimostrazione che per l'America e per un americano tutto è possibile.
Ma la tematica "Davide contro Golia" è tutt'altro che un'esclusiva statunitense. L'ultimo esempio, dall'8 febbraio al cinema, è infatti francese e riguarda 150 milligrammi di Emmanuelle Bercot, racconto accorato di una vicenda reale: dopo aver scoperto un legame tra il decesso di suoi pazienti e l'utilizzo di un farmaco, denominato quasi ironicamente Mediator, una dottoressa scatena una battaglia legale per togliere dal mercato il prodotto, che la vedrà fronteggiare il governo e la multinazionale che produce il farmaco.
Ancora una volta un uomo semplice contro una macchina di potere e di morte, ancora una volta la sensazione che le singole vite umane calpestate contino meno del movimento di ingenti somme di denaro. Persino quando il tema riguarda direttamente la salute della persona. La Bercot sottolinea il tutto con un linguaggio volutamente sovraccarico, fatto di gesti eccessivi e di riprese di interventi chirurgici che lasciano poco spazio all'immaginazione. Una scelta radicale e personale, in un film-inchiesta che si aggiunge a una lunga galleria di titoli che hanno fatto battere il cuore per cause civili apparentemente impossibili. In alcuni casi ci è piaciuto forzare un po' le regole del gioco, con qualche sorpresa.
Contravvenendo in parte al tema e soprattutto al riferimento biblico, la storia del cinema è fatta anche di David perdenti e Golia vincenti.
In Le mani sulla città di Francesco Rosi, l'onesto consigliere De Vita si scontra con la sprezzante avidità di Edoardo Nottola - interpretato da un grandioso Rod Steiger - che pare riassumere in sé i mali (e i malcostumi) italici.
Nottola come la volgare arroganza del potere, che non muore mai, sopravvivendo al fascismo e alla sua caduta. Insieme a Il caso Mattei, forma il dittico inossidabile del cosiddetto cinema di "impegno civile", lucida riflessione, tuttora attuale, sulla disperata solitudine dell'onestà riformatrice contro un potere invisibile.
Agli antipodi del pessimismo di Rosi, il padre del film di denuncia moderno a stelle e strisce.
L'opera a cui ancora oggi si guarda come esempio di intento didattico, consolatorio e positivista dell'arte cinematografica, che abbia una corrispondenza col, e un effetto sul, mondo reale.
La New Hollywood scrive il suo manifesto grazie alle gesta di Robert Redford e Dustin Hoffman, ossia Bob Woodward e Carl Bernstein. La ferita del Watergate è ancora fresca, ma Pakula non esita a gettarvi del sale, invitando a non dimenticare.
Jim Garrison è tutt'altro che un vincente. Della sua strenua battaglia per svelare la verità attorno alla morte di John F. Kennedy restano solo concreti sospetti e silenzi pieni di imbarazzo. Troppo difficile da ammettere quanto avvenuto, impossibile per il sistema americano confessare il cortocircuito democratico che esigeva il sacrificio del proprio amatissimo presidente.
Sull'opera di Oliver Stone, come su buona parte della sua filmografia, regna la consapevolezza di come la ricerca di giustizia sia spesso più importante dell'applicazione della stessa.
Garrison, assai più di Warren l'"insabbiatore", incarna lo spirito americano, bene prezioso di una nazione che troppo spesso si dimentica della sua unicità, preferendo cedere a un'insaziabile sete di potere.
Per Francis Ford Coppola rappresenta il ritorno alla regia dopo il doloroso fallimento personale di Jack, ultimo di una serie quasi ininterrotta di insuccessi commerciali, succedutisi dagli anni Ottanta in poi.
Per Matt Damon è il trampolino di lancio per una brillante carriera hollywoodiana, nei panni di un eroe che si libera dalle catene del compromesso grazie alla fiducia nella Legge e alla volontà di sistemare le cose, dentro e fuori dall'aula di un tribunale.
La causa legale attorno a cui ruotano i destini dei personaggi è quella intentata contro una compagnia di assicurazioni corrotta, che si rifiuta di coprire le spese mediche di un bambino affetto da leucemia. Cinema classico, quasi anacronistico e anche per questo affascinante.
Dalla penna senza scrupoli di James Ellroy il sottovalutato Curtis Hanson trae l'adattamento più riuscito e più famoso dei celeberrimi romanzi dell'autore noir.
L'indagine della "strana coppia" composta dal manesco Bud White e dall'impeccabile Edmund Exley conduce i due sbirri contro l'asse del male che domina su Los Angeles.
i vertici corrotti della polizia e i gangster sono impossibili da distinguere in una Los Angeles che scrive la sua storia nel sangue, tra segreti inconfessabili e l'illusione di Hollywood. Oscar meritati e il nome passe-partout di Rollo Tommasi diviene leggenda.
Il ruolo che consegna a Julia Roberts uno degli Oscar più meritati e acclamati all'unanimità della storia recente. La Roberts "diventa" Erin, si trasforma in una donna che non nasconde la propria origine popolare e le proprie fragilità, ma che dimostra un coraggio e una determinazione impareggiabili: in primis nel guadagnarsi una credibilità presso lo studio legale di Ed Masry e, in secondo luogo, nello sfidare la holding responsabile di avvelenare con cromo esavalente la falda freatica di Hinkley, California.
Happy end di una storia vera, in cui la giustizia ha avuto la meglio sul profitto, nonché un classico da domenica pomeriggio, rivolto a ogni tipo di target.
Di nuovo il camaleontico Matt Damon, che, nel caso di Jason Bourne, incarna un superuomo capace di tutto, soprattutto di uccidere. Un Davide peculiare, ma lo è anche il super-Golia che Bourne si trova a fronteggiare.
In una sindrome da complotto che non conosce confini, è come se la Spectre di Bond avesse invaso come un cancro la CIA e i servizi segreti mondiali, in una rete di potere occulto che determina i destini del mondo come se muovesse delle marionette.
Ma la forza di The Bourne Identity, quella che gli permette di comunicare con il pubblico come se si trattasse di una storia credibile, si deve al portato personale di Doug Liman, figlio di un ufficiale coinvolto nello scandalo Iran-Contra. Da antologia la sequenza della Mini Cooper, in un classico dell'action moderno che ha dato vita a una fortunata franchise.
La resistenza degli eccellenti Spartiati, guidati da Leonida di fronte allo sterminato esercito persiano, incarna, anche visivamente, il senso della sfida impari.
Zack Snyder riprende l'epica del fumetto di Frank Miller e la traduce con lo stile sovraccarico che diverrà cifra stilistica: il suo uso audace della computer graphics e la sua raffigurazione della violenza apriranno la strada a innumerevoli (e sovente pessimi) imitatori, dal Trono di spade in giù.
Discusso e discutibile, 300 resta una pellicola di rara potenza, in grado di rendere nel suo stile peculiare e macho la portata storica del sacrificio di alcuni super-oligarchi, che hanno paradossalmente consentito alla democrazia di fare il suo corso nella storia dell'uomo.
Un avvocato scaltro, che pone l'impegno politico in fondo alla propria agenda, cambia idea quando viene a conoscenza del sistema di abusi e violenze perpetrate dai servizi segreti ai danni di alcuni ragazzi accusati di essere comunisti (e spie del Nord).
Uno dei titoli più "americani" della recente produzione cinematografica sudcoreana, The Attorney sussume una lunga tradizione di legal thriller a stelle e strisce, riuscendo ad adattarla alla specificità coreana.
Non solo per le tematiche politiche, che riguardano il recente passato del Paese, ma per la crudezza con cui vengono illustrate le violenze ai danni dei presunti colpevoli. L'avvocato protagonista delle vicende narrate nel film è poi divenuto presidente della Corea del Sud nel 2003.
Vincitore di una Palma d'oro contestata al Festival di Cannes del 2016, Io, Daniel Blake mostra ancora una volta l'impareggiabile abilità di Ken Loach di modellare eroi della plebe, personaggi straordinari per la loro coscienza e solidarietà.
La figura di Daniel Blake e la solidità dei suoi principi hanno commosso le platee internazionali: un esempio di resistenza alla burocrazia e alle contraddizioni di un sistema iniquo, che non smarrisce la propria dignità e trova la forza di aiutare il prossimo. Cinema necessario contro la barbarie del potere, che colpisce gli ultimi con precisione infallibile.