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Sherlock Holmes come Chuck Norris

Sherlock Holmes palestrato nel nuovo film di Guy Ritchie con Robert Downey jr. e Jude Law.
di Pino Farinotti

Sherlock Holmes e le arti marziali
Robert Downey Jr. (Robert Downey) (59 anni) 4 aprile 1965, New York City (New York - USA) - Ariete. Interpreta Sherlock Holmes nel film di Guy Ritchie Sherlock Holmes.

lunedì 16 febbraio 2009 - Focus

Sherlock Holmes e le arti marziali
Londra fine ottocento. Una donna è immobilizzata nelle fogne in mezzo a una figura geometrica, un chiaro simbolo dell'occulto. Chiamato da un amico medico, arriva l'eroe che affronta i membri della setta satanica e, combattendo alla Steven Seagal e Chuck Norris messi insieme, ne fa strage. Nessuno potrebbe pensare che quell'esperto di arti marziali che porta i colpi con una velocità da playstation o da animazione, sia Sherlock Holmes. L'idea per un'evoluzione tanto estrema del personaggio è venuta al regista Guy Ritchie, che si è valso degli sceneggiatori Mike Johnson e Anthony Peckham. Nell'era recente abbiamo assistito a evoluzioni e contaminazioni, anche violente, su personaggi che parevano intoccabili. Un esempio per tutti: Bond, passato dall'elegante 'britannico' Connery, attraverso altri modelli comunque accettabili, per approdare al 'tamarro' Craig, il palestrato figlio della cultura veloce e da mission impossible del nostro tempo, giusto per titillare il pubblico giovane e ... poco colto che va a vedere gli 'action'. Il contorno del film di Ritchie vuole essere tradizionale. C'è il dottor Watson (Jude Law) sprovveduto, c'è l'antagonista cattivissimo capace di morire sul patibolo e poi rifarsi vivo. E c'è la casa di Holmes in Baker Street, più triste, sgradevole e buia del dovuto, anche quella da fumetto. E poi l'interprete, Robert Downey jr., che non ha davvero niente del carattere originale, a cominciare appunto dalla pratica delle varie arti marziali, dal karate al kung fu, al thai boxing.

Le atmosfere e i luoghi
Non c'è dubbio, davvero non c'è, che Doyle si arrabbierebbe molto assistendo alla prima del film che avverrà il 13 novembre in America. Anche se il baronetto Conan Doyle, non era così innamorato della sua creatura Sherlock Homes, ne era tuttavia geloso. Il detective lo aveva fatto diventare popolare e ricco ma lo aveva anche fagocitato. Doyle scrisse romanzi di ottima qualità letteraria, racconti di fantasy che facevano testo e romanzi storici che i critici di allora giudicavano secondi solo all'Ivanhoe del gigante Walter Scott, altro baronetto. Tuttavia il suo nome era impietosamente legato a quello del compassato detective londinese. Holmes nasceva con un'identità così forte e precisa che pareva davvero impossibile attribuirgli delle evoluzioni o delle licenze. Identità forte e precisa significava anche farlo esistere al di là del racconto. Holmes era uscito dalle pagine, e diventato talmente vivo che finì davvero per abitare la casa al numero 221 B di Baker Street. Quando lo scrittore scelse quell'appartamento in quella via, si preoccupò di indicare un numero che non esisteva – i numeri civici arrivavano fino al 100 -. In un riordino successivo il 221 B fu introdotto. Divenne sede di una società immobiliare, la Abbey Road Building, che si vide invasa dalla corrispondenza inviata a chi... non esisteva.
Tuttavia la società la prese bene, all'inglese, anzi, cavalcò la vicenda ricavandone una pubblicità gratuita certamente efficace. Così nel 1999 per... riconoscenza sponsorizzò la statua di Sherlock Holmes nella stazione della metropolitana di Baker Street. Ma non basta, diciotto numeri più avanti, al 239, esiste il museo Sherlock Holmes che riproduce esattamente la casa del detective così come l'aveva immaginata l'autore. Tutti elementi che dovrebbero determinare la purissima immagine inglese di Holmes mettendolo al riparo da tentazioni revisionistiche. In sostanza avrebbe dovuto avere abbastanza crediti e franchigia per meritare rispetto. Invece no, come detto sopra.

Sherlock Holmes in principio
In principio, proprio in principio – si parte dagli anni dieci, col muto - Sherlock cominciò ad essere rappresentato secondo tradizione, cioè secondo i codici ben conosciuti: la pipa, il cappello, il mantello, il violino eccetera. Si tratta di film di diverse lunghezze, tedeschi, americani, danesi, francesi, naturalmente inglesi. Successivamente sono stati decine gli attori che hanno dato corpo e volto al detective. Comanda Basil Rathbone, perfetto. Come se Doyle lo avesse davvero conosciuto e si fosse ispirato a lui. La Universal applicò a Rathbone le sue brave contaminazioni, ma sono solo licenze quasi dovute. Holmes-Rathbone nasce nel '39, c'è la guerra, e un modello così forte e popolare non può non esservi applicato. Ma è solo un fatto estetico, relativo a certi episodi: non più carrozze ma automobili, non più case basse ma la Londra moderna.
Per il resto Holmes mantiene le sue abitudini i suoi riti e i suoi tic, soprattutto i suoi metodi. E mantiene un altro carattere classico, il suo amico dottor Watson interpretato da Nigel Bruce. I film furono 14, perfetti come il detective e il medico. Dopo il modello Rathbone è accaduto di tutto. Nel quadro del mantenimento della tradizione e in quello opposto dell'evoluzione. Grandi attori sono stati impiegati, da Roger Moore a Christopher Lee, a Peter O'Toole a Charlton Heston, solo ricordandone alcuni. C'è stato il solito tentativo di ribaltamento in Senza indizio, dove l'idiota è Holmes (Michael Caine) e l'intelligente è Watson (Ben Kingsley). Disney si è ispirato a Holmes per Basil l'investigatopo. Anche la fantascienza non ha risparmiato il detective: nella serie Star trek l'androide Data impersona proprio Sherlock. Povero baronetto, se avesse saputo.

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