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5x1: Luc Besson, un "americano" a Parigi

Il più hollywoodiano dei registi francesi.
di Stefano Cocci

Torna a dirigere "Arthur"

martedì 29 dicembre 2009 - Celebrities

Torna a dirigere "Arthur"
Un incidente può salvarti la vita? Luc Besson passa i primi anni della sua esistenza seguendo i genitori istruttori di nuoto subacqueo in giro per l'Europa, tra Italia, Jugoslavia e Grecia. Il suo sogno di bambino è studiare il "grande blu profondo". Un infortunio gli impedirà per sempre di immergersi, costringendolo ad abbandonare la sua ambizione di diventare un biologo marino ma a scoprire il mondo dei documentari, la televisione e il cinema. E un giorno a girare "Le Grand Bleu". È così che, dopo alcune esperienze nell'ambiente, si trasferisce per tre anni negli Stati Uniti. Ritornerà in patria, determinato a seguire la propria strada e, soprattutto, padrone di uno stile che lo porrà al centro dell'attenzione a causa del successo delle sue pellicole ma sostanzialmente odiate dalla critica. Qualcuno lo ha definito "cinema du look" e non è certo una nouvelle vogue, al contrario: è il trionfo della forma sulla sostanza, un approccio vicino alla pubblicità, certo non a Godard. Besson non lo ha mai rinnegato, anzi: sebbene mortificato dalle cattive recensioni, ha sempre sottolineato che i Maestri della cinematografia francese si confrontarono con la necessità di scrivere le regole di un'arte in formazione; per i loro eredi, si tratta di fare un cinema che possa essere accettato, soprattutto da chi finanzia i film. Ed è così che Besson, nel suo percorso dentro la macchina-fattura soldi di celluloide si ritrova a fare tutto e di tutto: scrivere, produrre, girare ma, soprattutto, rimorchiare. Infatti, se non fosse diventato il regista di successo che è, difficilmente avrebbe attratto splendide donne come Anne Parillaud (per cui scrisse "Nikita") e Milla Jovovich (che divenne la sua "Giovanna d'Arco"). Oggi, nel gran calderone di progetti, belli e brutti, di Luc Besson c'è la trilogia del cartone animato su Arthur che sta tornando nelle sale con "Arthur e la vendetta di Maltazard".

Subway
Dopo il primo lungometraggio, il fantascientifico Le dernier combat, il 26enne Besson ottiene un contratto per produrre Subway. Ha a disposizione le sue prime stelle, Isabelle Adjani e Christopher Lambert, la cui luce si doveva ancora completamente mostrare al mondo. Fu un successo per tutti: Besson raccolse 13 nomination e 3 premi ai Cesar (scenografia, sonoro e miglior attore a Lambert), rivelandosi da subito esteta raffinato e capace di costruire storie capaci di affascinare, divertire e piene di energia, e con una colonna sonora assolutamente perfetta. Inizia così l'ascesa del "cinema du look".

Nikita
Besson non sbaglia un colpo. Tra Subway e Nikita, in patria esce Le gran bleu incentrato sulla passione di fanciullo del regista: il mare e le immersioni. In patria è un successo travolgente, da noi arriva solo nel 2002 per la causa di diffamazione intentata da Enzo Maiorca contro Besson che si riconobbe nel personaggio caricaturale interpretato da Jean Reno, Enzo Molinari. Del resto, il film tratta dell'amicizia e della rivalità tra due apneisti, che ricorda tantissimo quella reale tra Maiorca e Jacques Mayol. Quest'ultimo partecipò alla stesura della sceneggiatura. Dopo il mare, Besson si dedica alle spie, e a una donna che, strappata alla prigione, accetterà di diventare un killer. Nikita fu scritto e pensato per la compagna dell'epoca, Anne Parillaud: il risultato è tanto bello quanto il volto dell'attrice francese. Il successo fu così significativo che Nikita sbarcò ad Hollywood dove fu realizzato un remake con Bridget Fonda, Nome in codice: Nina e una serie tv.

Leon
Ancora storie di criminali, rapine, omicidi e amore. Besson sembra specializzarsi nel genere, anche grazie alla maestria nell'orchestrare scene d'azione e a infarcire il tutto con l'alienazione, la solitudine e la disperazione di un'epoca, gli anni Novanta, che la corsa al successo degli Ottanta ha svuotato di ogni valore e significato. In Leon troviamo due dei suoi attori-feticcio: Reno, con lui fin dagli inizi e che al regista deve tutto, e Gary Oldman, il cui volto sofferto è perfetto per i personaggi crudeli e carismatici raccontati da Besson. Con loro sullo schermo c'è una giovanissima Natalie Portman che strappò il personaggio a Liv Tyler e iniziò così una carriera che la vedrà diventare, tra gli altri, la principessa Amidala di Guerre Stellari. Già per questo Besson si meriterebbe un premio.

Il quinto elemento
I successi di botteghino garantiscono a Besson la forza di portare a compimento un progetto alla cui stesura lavorava dall'età di 16 anni: un grande film di fantascienza. Il quinto elemento prese forma già tra il 1975 e il 1976, qualche anno prima di Guerre stellari. Quando finalmente, nel 1997, ebbe la forza di trasformarlo in realtà, alcuni elementi-cardine della storia avevano perso la loro freschezza e originalità, consunti da due decenni di fantascienza in bilico tra Dick e Lucas. Resta la capacità di una cinematografia come quella francese di competere con gli americani in quanto a sforzo produttivo.

Giovanna d'arco
"Chi mi ama, mi segua". Se a gridarlo è Milla Jovovich prima di partire in battaglia, in pochi saprebbero resistere. Besson tenne fede alla sua prima impressione: dopo il provino per Il quinto elemento affermò che Milla "ha un volto adatto per essere un antica egizia o un alieno, Nefertiti o un marziano". Così, decise di farle interpretare entrambi i ruoli. Dopo aver salvato l'universo come "quinto elemento", la Jovovich diventa per Besson la salvatrice di Francia, la santa che guidò i suoi concittadini a liberare la Nazione dagli inglesi invasori e morì sul rogo. È un'opera titanica, come impegno produttivo ma anche come sforzo creativo. Dopo Giovanna D'Arco, Besson attese sei anni prima di tornare dietro alla macchina da presa, dedicandosi ad altri progetti come sceneggiatore e produttore, come la franchigia di Taxxi e Transponder.

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