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Il solista: la malattia del genio

Tris di film che esplorano il sottile confine tra genio e follia.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

La teoria di Kirk Lazarus
Jamie Foxx (Eric Morlon Bishop) (56 anni) 13 dicembre 1967, Terrell (Texas - USA) - Sagittario. Interpreta Nathaniel Ayers nel film di Joe Wright Il solista.

lunedì 19 luglio 2010 - Approfondimenti

La teoria di Kirk Lazarus
Chi si ricorda della teoria del cinque volte premio Oscar Kirk Lazarus? Nello spiegare al collega Tugg Speedman in cosa, secondo lui, avrebbe sbagliato nel ritrarre al cinema il ritardato Simple Jack, lo invita a riflettere. "Analizza. Dustin Hoffman, Rain Man. Sembra proprio un ritardato ma non lo è. Stuzzicadenti, carte: autistico non ritardato. Prendi Tom Hanks in Forrest Gump. Tardo sì, ritardato forse, apparecchio alle gambe, però affascinava Nixon e vinceva a ping pong in un torneo. Non era ritardato. O Peter Sellers in Oltre il giardino. Infantile sì, ritardato no. Mai completi ritardati. Non mi credi? Chiedi a Sean Penn, 2001, Mi chiamo Sam. Presente? Completo ritardato. Restò a mani vuote". Sebbene si tratti di una battuta dell'irriverente Tropic Thunder sarebbe davvero bello sapere se Robert Downey Jr. – che ha interpretato Lazarus nella commedia tutta da ridere di Ben Stiller – abbia ripetuto il discorsetto a Jamie Foxx prima che questi entrasse negli abiti dello schizofrenico ma allo stesso tempo talentuoso musicista afroamericano Nathaniel Ayers in Il solista. Se così fossero realmente andate le cose, avrebbe potuto dirgli: "Ayers, senzatetto, capelli sporchi, manie, ripeteva le cose ma suonava qualsiasi strumento gli mettessi in mano. Schizzato sì, ma non ritardato". Scherzi a parte, a differenza dei tanti personaggi diversamente abili incontrati sul grande schermo quella di Ayers è una vicenda realmente accaduta e di conseguenza fa subito venire in mente la trama di Shine, altra storia vera ambientata nel mondo della musica.

Il cinema al servizio dei geni musicali
Nel 1997, dopo aver menzionato gli altri candidati all'Oscar nella stessa categoria (Tom Cruise per Jerry Maguire, Ralph Fiennes per Il paziente inglese, Woody Harrelson per Larry Flynt e Billy Bob Thornton per Lama tagliente), Geoffrey Rush ringraziava David Helfgott perché la sua voglia di vivere, nonostante il disturbo schizoaffettivo, lo aveva enormemente ispirato durante la lavorazione di Shine. Basato sulla vita del dotato Helfgott – pianista colpito da un tracollo nervoso – il film di Scott Hicks ne racconta il travaglio in un percorso narrativo che conduce protagonista (e pubblico) verso un happy ending. Sebbene i detrattori abbiano avuto da ridire sull'effettivo talento del vero Helfgott, quello di Rush è indiscutibile.

The Devil and Daniel Johnston
Altra storia è invece quella di Daniel Johnston, musicista e pittore maniaco-depressivo divenuto celebre nell'ambiente indie grazie al sostegno pubblico di Kurt Cobain che più volte lo menzionava nelle interviste (famosa è, tra l'altro, la foto che ritrae il compianto leader dei Nirvana agli MTV Music Awards con indosso la t-shirt disegnata da Johnston). Dal suo primo disco, Songs of Pain, registrato negli anni '80 con un mangianastri da pochi dollari, già si poteva fiutare il talento del cantautore di Sacramento che qualche anno dopo avrebbe addirittura attirato l'interesse da parte dei Sonic Youth. Il documentario che ne narra la vicenda s'intitola The Devil and Daniel Johnston ed è un toccante ritratto di un artista schizofrenico che è riuscito a vincere i suoi demoni grazie alla musica.

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