A pochi giorni dalla chiusura del Festival, scopriamo i 10 autori già riconosciuti come maestri indiscussi in almeno uno dei grandi eventi europei o mondiali.
di Gabriele Niola
Quello di Cannes è un festival di campioni più che di nuove scoperte. Chi accede al concorso ha già sulle spalle vittorie, allori, riconoscimenti e premi.
Con qualche eccezione sì può dire che la competizione ufficiale sia il terreno in cui è possibile vedere i cineasti, giovani o vecchi che siano, più premiati e riconosciuti del mondo, quelli che hanno creato intorno a sè uno status di celebrità del cinema autoriale anche grazie ai festival europei (Cannes in testa).
Non a caso anche quest'anno almeno 10 cineasti sono stati già riconosciuti come maestri indiscussi del genere in uno dei grandi eventi europei o mondiali, hanno cioè vittorie che parlano per loro.
Si chiama Agassi ma non ha nulla a che vedere con il noto tennista il nuovo film di Park Chan Wook, anzi è una storia in costume.
Una donna assunta come dama da compagnia in realtà non lo è, è una ladra, una borseggiatrice che daccordo con un complice vuole far rinchiudere la sua datrice di lavoro in manicomio e rubarle tutto.
Cineasta nato nel vivaio di Cannes, coccolato e premiato già in precedenza almeno in due occasioni, ovvero con il Gran premio della Giuria nel 2003 ad Oldboy e il Premio della giuria del 2009 a Thirst, Park Chan Wook è un'autorità a Cannes e nella sua bacheca ormai manca solo il massimo premio.
Una donna a capo di una società che produce videogiochi è vittima essa stessa di un gioco. Un uomo l'ha assalita, lei l'ha rintraccio e ora sono parte di uno strano gioco che non riescono a smettere di fare. Questa è la trama di Elle.
Questo cineasta immenso ha flirtato talmente tanto con l'industria commerciale statunitense da essere quasi non riconosciuto dal mondo dei festival.
Nonostante film come Robocop, Basic Instinct e Starship Troopers (per non dire Amore e Sangue) rimangano capolavori intoccabili il suo non è mai stato un cinema beniamino dei festival. Solo il festival di Locarno seppe premiarlo per L'uomo senza ombra e con il premio alla carriera che decisamente merita.
Bacalaureat è ancora una volta una storia di princìpi messi alla prova, un padre che ha deciso di mandare la figlia a studiare all'estero si trova a dover risolvere un problema che potrebbe compromettere l'esame che dovrebbe decidere il futuro della figlia. Risolverlo potrebbe voler dire andare contro tutto quello che, come genitore, ha promosso nella sua vita.
Era poco più che un esordiente nel mondo del cinema internazionale che conta Christian Mungiu quando arrivò inaspettato il premio maggiore al festival di Cannes.
Era il 2007 quando 4 Mesi, 3 Settimane, 2 giorni vinceva la palma d'oro e il 2012 quando Oltre le colline vinceva quella per la sceneggiatura. Ora Mungiu torna da veterano nonostante abbia sulle spalle solo 4 lungometraggi.
Il suo The salesman racconta di una coppia di donne che si sposta in un nuovo appartamento a causa di un problema con il vecchio. In questa nuova casa ciò che è successo in precedenza creerà loro nuovi guai.
Non serve molto per fidarsi di un film di Farhadi, il suo talento in occidente aveva cominciato ad annunciarlo About Elly (Orso d'argento nel 2009) ma è esploso definitivamente nel 2011 con Una separazione e il suo meritatissimo Orso d'oro a Berlino.
Da quel momento Farhadi è diventato un ospite regolare di Cannes, ammesso nel giro che conta.
È una storia di ultimi bisognosi di aiuto, ancora una volta, quella di I, Daniel Blake, ovvero di un uomo e una donna che si incontrano perché entrambi bisognosi di aiuto dallo stato. Vengono da situazioni diverse ed hanno esigenze diverse ma alla stessa maniera sono in balia del welfare.
Abbonato al premio della giuria (che ha vinto tre volte) ma anche trionfatore nel 2006 con Il vento che accarezza l'erba e ospite fisso del festival, Ken Loach immancabilmente torna anche quest'anno.
Amatissimo dai selezionatori di Cannes che lo chiamano dal 1979, il cineasta britannico negli altri grandi festival (Venezia, Berlino, Locarno) vanta solo premi alla carriera.
Julieta è un ritorno ai grandi drammi, una storia di perdita e lutto. Una madre soffre assieme alla figlia la scomparsa del marito e più le due soffrono più vengono divise. Ma forse la madre non conosce quasi nulla della figlia, forse il lutto le ha divise in maniera irrisolvibile.
Non c'è limite al palmares di Almodovar che negli anni '90 ha accumulato onori, glorie e notorietà internazionale come pochi altri cineasti europei hanno saputo fare.
Con un Oscar per la sceneggiatura di Parla con lei in libreria, la palma alla miglior sceneggiatura per Volver e quella per la miglior regia per Tutto su mia madre, Almodovar già nel 1989 veniva celebrato a Venezia sempre con il premio per la miglior sceneggiatura per Donne sull'orlo di una crisi di nervi. Oggi è uno dei cineasti più importanti in assoluto e come tale ha un biglietto già staccato per Cannes ad ogni film che produce.
Si presenta come un'odissea quella della protagonista di La fille inconnue, che una sera non risponde al campanello della porta e il giorno dopo scopre che una donna è stata trovata morta davanti a casa sua.
Non c'è limite all'importanza del cinema dei fratelli Dardenne. Grazie a due palme d'oro raccolte in pochi anni (dopo aver prodotto solo 4 film) con Rosetta e L'enfant e una valanga di altri premi a cascata, sono blindatissimi dalla manifestazione e non vanno da nessun'altra parte.
Hanno cambiato definitivamente la maniera in cui si fa cinema d'autore e l'hanno fatto per il meglio. Il loro è l'unico caso in cui i premi non raccontano a sufficienza l'importanza dell'impresa.
C'è uno scrittore che sta per morire al centro di Juste la fin du monde, il nuovo film di Xavier Dolan, uno che tornato a casa per annunciare a tutti la sua morte imminente si trova in mezzo a risentimenti e strane accoglienze che mutano le sue intenzioni.
Per Dolan i premi non valgono, al suo attivo ne ha solo uno, un Premio della giuria per Mommy, ma non è sufficiente a spiegare come la sua presenza nel mondo del cinema sia stato un fulmine a ciel sereno a partire dal 2009, quando a 20 anni si presento alla Quinzaine con J'ai tuè ma mere.
A quell'esordio fenomenale sono seguiti 4 film memorabili che lo hanno reso il più giovane maestro che sì ricordi.
Una modella appena arrivata a Los Angeles è vittima della sete di altre modelle che vogliono da lei quel che la rende speciale.
È un film dell'orrore e un thriller The Neon Demon, cinema che mangia se stesso e gli altri tra sangue e colori fluo.
Alle volte basta un film per catapultare un autore da beniamino dei festival a rockstar del cinema mondiale. Per Refn è stato Drive, premio per la regia proprio a Cannes, dopo anni di partecipazioni, piccole retrospettive e vittorie in festival minori quel successo mondiale ha cambiato tutte le carte in tavola per sempre.
America piccolina, autista d'autobus con velleità di poeta, routine e un amore che forse nasce, basta poco a Jarmusch per fare un film e Paterson promette di essere in linea con quello che sappiamo essere nelle corde dell'autore di Stranger Than Paradise.
Proprio Stranger than paradise era Golden Camera a Cannes già nel 1994, e solo dieci anni dopo sarebbe arrivato un altro riconoscimento, il Gran premio della giuria per Broken Flowers.
Forse il festival di Locarno allora aveva capito meglio cosa sarebbe accaduto visto che a Stranger than paradise diede il Pardo d'oro.