Regista, produttore, sceneggiatore e montatore giapponese, che si è legato ai temi sociali del suicidio e dell'esistenzialismo con solida rassegnazione e coraggio, lasciando attoniti spettatori e critica che rimangono in preda delle sue domande per tutta la durata della pellicola. Abilissimo nella macchina da presa, la usa in maniera memorabile per ricreare uno stile audio-visivo contemplativo e intimista.
La carriera di documentarista
Hirokazu Koreeda nasce il 6 giugno 1962, a Tokyo. Dopo aver studiato all'Università di Waseda, decide di fare lo scrittore, ma non incontrando il successo sperato, lavora prima come assistente documentarista e poi come documentarista per l'emittente televisiva Man Union, firmando principalmente opere legate al sociale o al cinema come Shikashi (1991), incentrato su un caso di suicidio di un funzionario governativo, Eiga ga jidai o utsusutoki - Hou Hsiao-hsien to Edward Yang (1993) sui registi taiwanesi Hou Hsiao-hsien ed Edward Yang e Kare no inai hachigatsu ga (1994), un diario audiovisivo di un malato di AIDS.
Il debutto cinematografico
Il debutto nei film a soggetto, avviene subito dopo queste esperienze con la trasposizione della novella omonima di Teru Miyamoto Maboroshi no hikari (1995), legato al tema del suicidio e che viene definito dalla critica un film "difficile da comprendere" proprio perché trova il suo senso in un tipo di cultura che è diametralmente opposta alla nostra e che è molto più introspettiva.
Wandfuru raifu
Il suo film successivo è Wandfuru raifu, dove si fa più nitido il suo stile, definito un mix di Hou Hsiao-Hsien e Tsai Ming-liang, e dove ancora una volta si esplora il ruolo della morte e il suo confine con la vita. Partendo da un assunto paranormale (i nuovi deceduti vengono accolti in un ufficio dove, assieme a dei consulenti, devono scegliere i momenti più importanti della loro vita così da farne un film e poter essere ammessi al paradiso), Koreeda cerca di indagare sulla memoria e sulle esistenze umane.
Distance
Nel 2001, dirige invece Distance, dove ritorna ai casi di suicidio (vera e propria piaga della società giapponese), narrando le conseguenze del suicidio di massa da parte degli adepti di un culto religioso ispirato a quello di Aum Shinrikyo, che divenne noto in tutto il mondo dopo la strage nella metropolitana di Tokyo il 20 marzo 1995. Ancora una volta, Koreeda sfrutta al massimo uno stile audiovisivo contemplativo, per denudare Tokyo del suo vestito metropolitano e per mostrarcela come un agglomerato urbano angusto e indifferente ai bisogni affettivi dell'uomo.
Nessuno lo sa
Di seguito, dirige il cupo Nessuno lo sa, basato su un tragico fatto di cronaca su quattro fratelli, cresciuti nascosti alla società, ma abbandonati poi dalla madre. Il film stupisce lo spettatore per la meraviglia con la quale il regista racconta un'innocenza pura che, a contatto con il mondo, genera terrore ed euforia, ma che è naturalmente costretta ad andare incontro all'orrore.
Il primo film in costume
Nel 2006, esce Hana yori mo naho, il suo primo film di costume affiliato al sottogenere giapponese dello jidai geki (pellicole di samurai, contadini, fabbri, mercanti e con duelli a fil di lama)
Still Walking
Ritornerà a uno stile più intimista con il dramma familiare Still Walking (2008), che raccontava il ritorno a casa di due fratelli dopo la commemorazione funebre di un terzo fratello, deceduto quindici anni prima. Ritorno che non è esente da vecchi nervosismi ancora vivi fra genitori e figli. A questo, si unisce l'originale e divertente trasposizione del manga omonimo "Kûki ningyô", storia di una bambola gonfiabile che prende vita e che pur essendo un film molto leggero, non è esule dall'affrontare i soliti film che sono una tematica principale del cinema di Koreeda (la vita, la morte, il piacere che può diventare mortale).
Il successo di Father and Son
Uno dei suoi film più conosciuti, anche e soprattutto in occidente, è Father and Son (2013) che vince, al Festival di Cannes, il Premio della Giuria e il Premio Ecumenico della Giuria, per aver analizzato con estrema introspezione la complessa figura di un uomo che deve diventare padre. È, senza dubbio, il capolavoro della sua carriera da cineasta. Fra commozione e senso di tenerezza, lo spettatore e il critico cinematografico si trovano di fronte a un dilemma che è semplice ed eppure difficile nella sua semplicità: chi è il vero padre, l'uomo che ti ha messo al mondo o quello che ti aiuta a stare al mondo? Ripercorrendo la storia di un uomo che scopre, dopo anni, che suo figlio è stato scambiato nella culla da un'infermiera, non appena venuto al mondo, attraversiamo tutte le fasi della costruzione di una consapevolezza genitoriale che si nutre di emozioni, turbamenti, insistenze logiche. Accusato di essere troppo lento e stereotipato, il film è comunque applaudito.
Umimachi Diary
Nel 2014, tenta di rinnovare il suo successo con Little Sister, dove un padre che aveva abbandonato la famiglia, muore e le sue figlie vengono a contatto con la nuova famiglia da lui creata e, in particolare, con la loro sorellastra. Due anni dopo porta al Festival di Cannes la potente storia di famiglia e legami di After the Storm. Del 2017 è invece The Third Murder, e del 2018 Shoplifters, film vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes.
Del 2019 è invece il film francese con Catherine Deneuve e Juliette Binoche Le verità, mentre nel 2022 porta in concorso a Cannes Broker.
Nel 2023 presenta al Festival di Cannes il nuovo film Monster.
Guardare un film di Hirokazu Kore'eda è come ritrovarsi in famiglia. Da qualche anno il suo cinema ritorna sui medesimi temi: la filiazione, i legami intimi che la biologia impone e le relazioni affettive che scegliamo. Da Nobody Knows a Ritratto di famiglia con tempesta, passando per Still Walking, Father and Son e Little Sister fino ad arrivare a Un affare di famiglia, la sua opera è un grande ma minuzioso studio della cellula familiare
I film di Hirokazu Kore'eda hanno sempre accordato all'infanzia un'importanza centrale: in qualità di soggetto, bambini abbandonati alla loro sorte (Nessuno lo sa) o separati da un divorzio (I Wish), ma anche in quella di oggetto della discordia, pedine mobili di un gioco di riorganizzazione familiare e di scambi che non si preoccupano della loro individualità (Father and Son). Il suo cinema empatico filma l'infanzia come nessuno
Per un anatomopatologo delle dinamiche familiari come Kore'eda Hirokazu è forse normale che subentri un coinvolgimento personale, un'influenza del proprio vissuto che dia forma alla materia narrativa. Quasi ad accomunarlo ulteriormente a Ozu Yasujiro, gratificando così lo stuolo di critici poco fantasiosi che citano, in ogni occasione, il regista di Viaggio a Tokyo come influenza dominante per il cinquantacinquenne regista di Tokyo
"I legami familiari sono diventati il mio leit motif perché ho un coinvolgimento molto personale nell'argomento", afferma sorridendo il regista e sceneggiatore giapponese Kore'eda Hirokazu. "In questi ultimi anni mia madre è venuta a mancare e quasi contemporaneamente è nata mia figlia. Ho anche osservato mia moglie diventare una creatura diversa da quando è diventata madre. E io ho dovuto confrontarmi con i miei cambiamenti interiori nel momento in cui sono diventato genitore e ho smesso di essere figlio"
Con una distribuzione ormai regolare dei suoi film nelle sale italiane, grazie al lavoro della Tucker Film, Koreeda Hirokazu è divenuto un nome irrinunciabile per il panorama del cinema d'essai sul territorio nostrano. In particolar modo dopo Father and Son, racconto di due famiglie incrociate dal destino. Un sottogenere, lo home drama, di cui Koreeda Hirokazu è maestro indiscusso almeno dal 2008, anno di uscita dello splendido Still Walking