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Eran Riklis

Eran Riklis è un regista, produttore, sceneggiatore, è nato il 2 ottobre 1954 a Gerusalemme (Israele). Eran Riklis ha oggi 70 anni ed è del segno zodiacale Bilancia.

Io, tu, Israele e gli altri

A cura di Fabio Secchi Frau

Sono pochi i nomi del cinema israeliano contemporaneo che riescono ad arrivare fino alle orecchie e agli occhi del pubblico europeo.
Composta da prospettive narrative entusiasmanti e nuove, la cinematografia di questa nazione ha vissuto, soprattutto con l'arrivo del nuovo millennio, una fresca ondata di arte e di talento, coi quali ha affrontato di petto l'ambiente culturale del panorama israeliano con una dozzina di straordinarie opere, molte delle quali portano la firma di Eran Riklis.
Acclamato dalla critica e sorprendente rivelazione fin dagli Anni Novanta, Riklis cerca di proporre al grande pubblico internazionale delle pellicole personali e ambiziose, spesso supportate da una coproduzione congiunta tedesca e francese, e rifacendosi ai classici del cinema americano.
Ripescando ideali dell'utopico sogno di sinistra di minare alle barriere difensive, cercando quindi pace e giustizia, talvolta nella forme audiovisive di una condizione sentimentale o erotica, Riklis riconfigura l'identità dei suoi protagonisti in uno scambio sovversivo condotto a livello fisico, che spera si traduca in una presa di coscienza sulla riscoperta della propria umanità.
Lo scopo è quello di creare immagini che confondano il confine tra il sé e l'altro, il pubblico e il privato, l'io e il tu, e quindi anche quel nodo tra il personale e il politico, l'essenza e l'esistenza, sfidando gli spettatori a riflettere sulla propria percezione di se stessi e a controllare, vedere se, dopotutto, la realtà con la quale ci interfacciamo è veramente una nostra realtà o quella di qualcun altro.
Non a caso, in uno dei suoi film più importanti, l'ebreo diventa arabo e l'arabo diventa ebreo, pur rimanendo entrambi israeliani. Perché il futuro di uno Stato significa deliberatamente contrassegnarsi di incertezze e di non scritti, di personificazioni e di impersonificazioni, rimanendo aperti alla messa in discussione, alla contaminazione e all'integrazione inclusiva.
Un'empatia che è letteralmente una "presa di posto", profondamente in conflitto proprio per aver scelto di vivere come qualcun altro, adottandone l'identità abbandonata e abbandonando la propria, con un processo di riavvio del destino, delicato e malinconico, senza violenza palese o dimostrazione di aggressività.
Private di una superiorità morale assoluta, le opere di Riklis ci parlano, attraverso metafore, di una decadente società civile ebraica israeliana, che si avvia lentamente ma meticolosamente verso un'orchestrata fine, che è la chiave di critica dei suoi perspicaci film.
Eloquentemente, ma con un ottimismo moderato, Riklis spera infatti che questo aspro e disperato momento non arrivi mai e che una certa spinta antinomica della sua arte, moderna e postmoderna, spinga i suoi connazionali a essere orgogliosi della propria vergogna come segno di una cultura liberal-democratica fondamentalmente sana e vibrante, disposta e in grado di guardare a se stessa in modo critico.

Studi
Nato a Bersabea negli Anni Cinquanta, Eran Riklis studia cinema alla Steve Tisch Film and Television School dell'Università di Tel Aviv.

Esordio al cinema
Dopo la laurea, nel 1977, gira il cortometraggio Blues for Easy Listening, ma sceglierà di tornare a studiare cinema, frequentando la Beaconsfield National Film School e completando in quegli anni il suo primo lungometraggio B'Yom Bahir Ro'im et Dameshek (1984).
Un inizio un po' in sordina, che verrà poi seguito da documentari, fiction, spot pubblicitari e trasmissioni del servizio nazionale televisivo.

Anni Novanta
Uno dei suoi primi film più noti arriva però in Europa solo nel 1991, quando girerà Finale di coppa con Moshe Ivgy, ambientato nel 1982, durante l'invasione israeliana del Libano.
Nel film, il sergente Cohen, un ufficiale israeliano in congedo, viene richiamato dalla Spagna, dove era andato per seguire i Mondiali di Calcio, per un pattugliamento con un giovane soldato. Inaspettatamente, il sergente verrà fatto prigioniero da un commando di palestinesi.
Una pellicola sui conflitti bellici di natura politica ed etnica che però non sembra centrare perfettamente il punto della questione che vuole animare, nonostante la commizione e l'ottimismo definito "ingenuo". È indubbio che Riklis sappia usare la cinepresa e il cuore, ma la troppa superficialità della sua opera non convince del tutto la critica.
Negli anni successivi, dopo il da noi inedito Zohar (1993, scritto da Amir Ben-David e Moshe Zonder e basato sulla storia della vita del cantante Zohar Argov), che si rivelerà essere uno dei film israeliani di maggior successo di quel periodo, e numerose serie televisive (Straight Ve-La'inyan, Sipurey Efraim, Kezef Katlani, Tzahal 1), torna al cinema con Vegvula Natan e con Tzomet volkan, entrambi del 1999.

Anni Duemila
Con l'arrivo degli Anni Duemila, dopo la direzione di un'altra serie televisiva (Ha-Masa'it del 2002) e della pellicola Pituy (2002), Riklis si impone definitivamente all'attenzione internazionale con La sposa siriana (2004), storia di una donna che lascia il suo villaggio sulle alture del Golan per un matrimonio con un noto personaggio televisivo siriano, compiendo la dovuta scelta di non poter mai più vedere la sua famiglia una volta varcati i confini tra Israele e Siria.
La trama è elevata al genere della commedia, unico registro che, secondo l'autore, sarebbe stato in grado di poter comunicare le serie difficoltà e le complicazioni della sua protagonista, soffocata da un'assurda burocrazia, che diventa a tutti gli effetti un muro invisibile e invalicabile da scavalcare.
Rifacendosi un po' a quel Free Zone di Amos Gitai, Riklis firma un'opera "di frontiera", incentrato sulle migrazioni e sui conflitti etnico-culturali, sfruttando inquadrature documentaristiche (lo stesso film è basato sulle realtà che il regista aveva già raccontato in un precedente documentario) per meglio descrivere l'insolito magnetismo di oppressive e contraddittorie situazioni reali che hanno anche una certa dose di umorismo, ma senza fare delle facili ideologie e retoriche.
Nel 2008, replica il buon risultato di La sposa siriana con Il giardino di limoni - Lemon Tree, che vince il Panorama Audience al Festival di Berlino. Qui, una vedova della Cisgiordania ingaggia una battaglia legale con il suo vicino, nientemeno che il Ministro della Difesa israeliano, deciso ad abbattere secolari alberi di limoni (unico sostentamento della donna) per ragioni di sicurezza.
Efficace nella sua rappresentazione, il film soffia via il pesante clima socio-politico relativo alla paura e al sospetto di futuri attentati, per arrivare al cuore di chi è in grado di cogliere le analogie sul tema delle occupazioni territoriali, in un divenire di primi piani vibranti e profondità di campo tra opposti, che opposti non sono perché prossimi anche da un punto di vista fisico.
La critica apprezza tantissimo il tentativo, soprattutto da un punto di vista umano, di semplificare con la tragicommedia i drammatici rapporti tra israeliani e palestinesi e non può che meditare su quest'uomo di confine che racconta i confini, i muri costruiti, le decimazioni vegetali (e umane) per dispute, sentenze e le stupidità degli uomini, imprigionati nel loro modo di giudicare ma non di essere giudicati, risultato di atavici timori, creati dalla Storia di reciproche violenze.

Gli Anni Dieci
Altro film che ha indubbiamente un impatto significativo sulla sua percezione internazionale è Il responsabile delle risorse umane (2010) con Mark Ivanir, che è per l'appunto incentrato su un responsabile delle risorse umane di un panificio di Gerusalemme, che deve accompagnare, assieme al figlio della defunta, una console e un autista, la bara fino al villaggio della donna, esorcizzando le accuse di indifferenza e disumanità sollevate sulla compagnia.
Tratto da un romanzo di Abraham B. Yehoshua, il titolo è uno dei più grotteschi della sua filmografia, sebbene abbia una buona dose di malinconia e di sommesse scelte narrative che non hanno del tutto conquistato il pubblico, ma che gli ha permesso comunque di rappresentare Israele nella corsa alla cinquina per la candidatura all'Oscar come miglior film straniero.
Poi, dopo aver firmato Playoff (2011) e In fuga con il nemico (2012) con Steven Dorf, torna al cinema internazionale con la trasposizione del romanzo di Sayed Kashua "Arabi danzanti" (2014), Dancing Arabs, dove un ragazzo arabo, trasferitosi a Gerusalemme, cambierà la sua identità culturale di appartenenza.
Parallelamente, firma anche Love Letter to Cinema (2014), seguito dal thriller psicologico Shelter (2017) e dalla spy story Armi chimiche (2019) con Monica Bellucci e il Premio Oscar Ben Kingsley, su un veterano del Mossad, la cui professionalità viene messa in dubbio dai vertici e, per questo, viene sottoposto a monitoraggio da parte di un collega più giovane.

Gli Anni Venti
Poi dopo una lunga pausa quinquennale, nel 2024, Riklis torna sul grande schermo con Leggere Lolita a Teheran, tratto dal romanzo omonimo di Azar Nafisi sull'indottrinamento islamico, incentrando il tema su un gruppo di studentesse che si riunisce segretamente a casa di una professoressa dell'Università di Teheran.

Vita privata
Eran Riklis è sposato con la regista Dina Zvi-Riklis.

Ultimi film

Drammatico, (Israele - 2014), 105 min.

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giovedì 14 novembre 2024
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