
Anno | 2024 |
Genere | Commedia, |
Produzione | USA |
Durata | 104 minuti |
Regia di | Alex Scharfman |
Attori | Jenna Ortega, Paul Rudd, Will Poulter, David Pasquesi, Anthony Carrigan Richard E. Grant, Téa Leoni, Jessica Hynes, Sunita Mani, Steve Park, Nick Wittman, Narantsogt Tsogtsaikhan, Christine Grace Szarko. |
Uscita | giovedì 10 aprile 2025 |
Distribuzione | I Wonder Pictures |
MYmonetro | 1,97 su 16 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 9 aprile 2025
Un padre e una figlia investono un unicorno. Si rivolgono a una grande azienda farmaceutica per salvarlo. In Italia al Box Office Death of a Unicorn ha incassato 218 mila euro .
CONSIGLIATO NÌ
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Elliot, dirigente vedovo di un'azienda farmaceutica, si reca con la figlia Ridley nella fastosa tenuta del suo capo, Odell Leopold. Guidando a gran velocità per il grave ritardo accumulato, Elliot finisce per investire un animale che si era fermato in mezzo alla strada: solo che non si tratta di un animale qualsiasi, ma di un unicorno. Quando la famiglia Leopold comprende che il sangue degli animali magici ha delle proprietà curative, pensa di sfruttare la scoperta a scopo commerciale. Nessuno però ha fatto i conti con l'ira di mamma e papà unicorno, assetati di vendetta.
Sull'avvenimento principale attorno a cui ruota il debutto di Alex Scharfman il titolo lascia pochi dubbi, forse consapevole che l'effetto sorpresa sia garantito in ogni caso dall'estrema singolarità del soggetto.
Lo spunto da cui parte il regista, anche autore della sceneggiatura, è un ribaltamento semantico di un feticcio dell'infanzia, ricontestualizzato in grottesco strumento di morte: idea non nuovissima, ma che fin qui non aveva mai interessato l'animale prediletto delle bambine di tutto il mondo. Dagli zainetti e dai maglioncini delle bambine il cavallo dal corno magico si trasferisce nel nostro presente, insieme al suo portato leggendario di derivazione medievale - inclusi il fatto che possa essere domato da una fanciulla dal cuore puro e che il suo sangue guarisca ogni ferita o malattia.
Superato lo choc iniziale, diviene più semplice inquadrare l'intento di Scharfman, che cala la leggenda dell'unicorno nel contesto ideale, quello degli opulenti, cinici e squallidi Leopold, che incarnano così profondamente lo stereotipo negativo del capitalismo americano da preparare il terreno all'indifferenza del pubblico di fronte al loro grandguignolesco trapasso.
Death of a Unicorn non è una commedia né un horror, bensì un ibrido dei due generi, di quelli cari alle produzioni A24, che intendono rielaborare i B movies in una chiave appetibile per una fetta specifica di target blasé e radical chic. Il coté di satira politica, che vede gli Odell intenti a compiere i peggiori misfatti a scopo lucrativo che un ricco capitalista potrebbe concepire, risente della visione del Bong Joon-ho di Parasite e ancor più del Ruben Ostlund di Triangle of Sadness, ma la somma di due Palme d'oro non implica una terza come totale.
La rappresentazione parossistica e gigionesca degli Odell azzera fatalmente l'effetto sorpresa, consegnando la seconda metà del film alla escalation splatter della vendetta monocornuta. C'era bisogno di un altro film su ricchi cattivi dilaniati, con catartico splatter? No, o comunque non abbastanza da giustificare il pilota automatico che subentra dopo una mezz'ora spiazzante e promettente.
Gli effetti cgi, discutibili ma volutamente camp, non aiutano ad alzare il livello di coinvolgimento, che si limita all'apprezzamento per un casting pregevole - Ortega sempre più goth queen, Poulter che riprende il ruolo di spregevole cafoncello di Midsommar (benedice Ari Aster tra i produttori) - seppur parzialmente sprecato.
A Death of a Unicorn manca soprattutto un target di riferimento: i fan del genere horror sono abituati a ben altro, quelli di Paul Rudd e della commedia americana un po' sboccata reggeranno a fatica ma difficilmente resteranno appagati. Se ne parlerà come di una curiosità, ma è difficile che il debutto di Scharfman lasci un segno più persistente di una scritta sulla sabbia in una giornata ventosa.
In Death of a Unicorn c’è un gigantesco problema di tono e di mancanza di esagerazione, di conseguenza viene meno il contrasto tra le anime horror, commedia e satira politica che film di questo genere devono sapere necessariamente maneggiare per potersi dire riusciti. Nonostante qui la creatura leggendaria venga calata nel contesto più squallido possibile, ovvero quello dei riccastri [...] Vai alla recensione »
non mi spiego come Jenna Ortega sia finita in tale obbrobrio di film
Si inizia, e pare di essere dalle parti di Shining. Un’auto si inoltra nel Nord americano, tra foreste secolari, verdi e gialli delle foglie, alberi inquadrati dall’alto, e l’auto giù, puntino in una Natura. Che hai la sensazione non gradisca troppo questa intrusione.
Troveremo, anche dopo, echi kubrickiani, per esempio quando Jenna Ortega sfiora il corno dell’animale del titolo, e ne riceve una sorta di illuminazione. Dalle iridi dei suoi occhi scuri, partiamo per un viaggio fra spirali, nebulose, costellazioni di punti luminosi che ricordano da vicino il viaggio “Oltre l’infinito” di 2001: Odissea nello spazio (guarda la video recensione) di Stanley Kubrick. Ma le somiglianze si fermano qui. Alex Scharfman, produttore, qui all’esordio come sceneggiatore e regista di Death of a Unicorn, non è né sarà mai Kubrick. E non sarà nemmeno Spielberg o Ridley Scott, anche se Jurassic Park e Legend c’entrano, come punti di riferimento del suo film.
No: se a qualcosa assomiglia questo film, è ai B-movies americani degli anni ’80, quei film che da noi arrivavano alle soglie dell’estate. E mescolati a quei sapori, ci sono quelli di una commedia horror che si incrocia con il teen movie, anche se Jenna Ortega, la protagonista, è un po’ troppo adulta per essere “teen”. E il tutto si incrocia con il genere che in America chiamano “eat the rich”. Commedia feroce, grottesca, in cui quelli delle classi dominanti fanno una brutta fine. Fra gli esempi migliori, negli ultimi anni, Parasite (guarda la video recensione) di Bong Joon-ho e Triangle of Sadness di Ruben Östlund.
Qui, i ricchi da mangiare sono un oligarca dell’industria farmaceutica e la sua famiglia. Un triangolo di privilegiati, arroganti, sfruttatori del lavoro altrui, privi di scrupoli all’ultimo grado. Con il capofamiglia industriale, la moglie ipocritamente filantropa, il figlio immaturo, viziato ed ex tossicodipendente.
È verso questa famiglia che un avvocato (Paul Rudd) e la figlia Jenna Ortega si dirigono. L’avvocato dovrà sistemare le ultime faccende legali del magnate, che sta morendo di cancro. Durante il viaggio – quello che ricorda l’inizio di Shining, per capirsi – il padre fa di tutto, tranne che guardare la strada: litiga con la figlia, litiga col telefono, perde la comunicazione, richiama, non c’è campo, si innervosisce, spinge sull’acceleratore… Ovvio che prima o poi impatti con qualcosa o qualcuno. Non è un’auto, non è un Tir, non è un ciclista, un pellegrino o nemmeno un cervo. È un giovane unicorno, preso in pieno.
Qui parte il deragliamento del film, che certo ti porta a tirare come un elastico la tua sospensione dell’incredulità: devi credere che gli unicorni esistano. E poi, che il loro sangue e la polvere del loro corno abbiano proprietà miracolose. Che facciano guarire il magnate morente. “Abbiamo trovato la cura contro il cancro!” esclama costui, senza neanche controllare i possibili effetti collaterali.
Il film è un po’ così: di grana grossa. I personaggi sono tutti degli stereotipi, e gli attori sono spinti a caratterizzarli nel modo più esagerato e didascalico. Intanto, il film si trasforma sempre più da commedia horror a incubo splatter. Entro questa cornice, fra unicorni creati in CGI, il film trova la sua carta migliore nella sua riflessione sulla società americana attuale, e sul capitalismo tutto. Una società in cui vige la legge del più forte, del più spregiudicato. Gli altri devono sottostarvi. Le classi sociali raccontate, messe in scena dal film sono in realtà tre: i ricchi, con la famiglia dell’oligarca dell’industria farmaceutica; i loro servitori, dai domestici agli scienziati; e l’avvocato, che rappresenta una borghesia ormai costretta ad ogni compromesso, ad ogni asservimento, incapace di ritrovare la schiena dritta e la sua dignità. A osservare tutto questo, Jenna Ortega, la figlia, emblema di una generazione che sente come le generazioni precedenti abbiano distrutto, divorato, rovinato. Custode di una rabbia, di una indignazione, di una purezza che rappresenta l’ultima frontiera della speranza.
Volendo, nel magnate Richard E. Grant e nella sua famiglia possiamo leggere allusioni a Trump o a Elon Musk, o agli altri tycoon che hanno dominato o dominano la società americana. Anche se il film rimane a metà, fra le esigenze dello spettacolo, del gioco, della sarabanda, e quelle dell’indignazione, della denuncia, della critica sociale. Per quanro riguarda il cast, tutti sono un po’ ingabbiati nei rispettivi personaggi: bravo Will Poulter, nell’esagerare i tratti del suo figlio irresponsabile e tossicodipendente, sempre con inadeguati calzoni corti; e brava Téa Leoni, che si rivede dopo un bel po’, e che in tutto quel concentrato di agitazioni e facce è quella che ammicca di meno.
Non è semplice mantenere per tutta la durata di un film un filo rosso, un tono, che leghi i momenti da commedia nera con quelli quasi da splatter. Certo una sceneggiatura come quella di Alex Scharfman, che esordisce anche alla regia nel film targato A24 Death of a Unicorn, aiuta, con i suoi alti e bassi, momenti quasi ‘demenziali’, in onore di un certo cinema anni '80 e ’90, e momenti quasi horror con gli unicorni del titolo che seminano il panico nella villa tra le montagne rocciose canadesi dove vive un ricco clan legato al mondo farmaceutico il cui patriarca (Richard E. Grant) sta morendo per una malattia terminale. Accanto a lui la moglie (Tea Leoni) e il figlio (Will Poulter). Ma anche un padre (Paul Rudd) – l’avvocato di questa ricca famiglia – e una figlia (Jenna Ortega) che, nel viaggio di avvicinamento a questo luogo isolato e meraviglioso, investono con l’auto un animale selvatico che si rivela essere un cucciolo di unicorno.
Capite bene che qui i registri sono molto vari anche perché si inserisce su tutto quello fantastico legato a figure di animali mitologiche che rispuntano come se niente fosse ai giorni nostri. Ecco, per mantenere il tono giusto, la colonna sonora si rivela un elemento cruciale nella costruzione di questo tipo di film. A sorpresa la A24 nel novembre del 2023 annuncia che, per il progetto di Death of a Unicorn, a comporre la musica ci sarebbe stato addirittura John Carpenter che ha composto le colonne sonore di molti suoi film. Con lui dovevano collaborare il figlio Cody con Daniel Davies (figlioccio di Carpenter) come è accaduto nel recente passato per l’uscita di Anthology: Movie Themes 1974-1998, una raccolta dei brani più famosi della sua filmografia.
Ari Aster è emerso sulla scena nel 2018 con Hereditary, inquietante film di possessione con Toni Collette. Il film è diventato rapidamente un classico dell’horror contemporaneo, consacrando il regista come un talento da tenere d’occhio. L’anno successivo, ha diretto Midsommar (guarda la video recensione) con Florence Pugh: un horror folcloristico che ha conquistato il pubblico grazie al suo finale incendiario e al sontuoso design visivo. Con questo doppio colpo da maestro, Aster è diventato il volto dell’horror d’autore, un termine spesso associato ai film sperimentali di A24, per cui produce la campy dark comedy Death of a Unicorn. Classe 1986, Aster ha avuto il suo primo incontro con il cinema all'età di quattro anni, guardando Dick Tracy. Fu così spaventato da una scena con Warren Beatty che, dopo averlo visto sparare davanti a un muro di fiamme, saltò dal divano e corse per sei isolati, con sua madre che cercava di fermarlo.
Si consideri l'immagine di un unicorno che cavalca fieramente all'ombra di un bosco: molti penseranno alla visione di Rick Deckard, protagonista di Blade Runner, cruciale anticipazione del finale ed essenziale per comprenderne la vera natura. Death of a Unicorn, opera prima del regista-sceneggiatore Alex Scharfman, fa uso della medesima creatura mistica, la trasferisce nel mondo terreno e la rende [...] Vai alla recensione »
Un unicorno muore. Non è spoiler, è il titolo. Oltre al titolo, sono i primi quindici minuti di Death of unicorn a spoilerare il resto del film. Nonostante questa prevedibilità non pianificata, Alex Scharfman regge botta e firma una commedia piacevole con qualche spunto horror qua e là. Papà Elliott e figlia Ridley, Paul Rudd e Jenna Ortega, viaggiano in macchina verso un molto poco entusiasmante [...] Vai alla recensione »
"It's a fucking unicorn". Difficile che Jenna Ortega (sua la battuta iconica del film) diventi grande mettendo in curriculum "Death of a unicorn", una commedia gore eat-the-rich satireggiante diretta da Alex Scharfman (produttore all'opera prima) e prodotto dalle bizzarre fucine di A24 (Substance, Everything everywhere all at once). Appunto "mangiare i ricchi", un filone dissacrante che una volta [...] Vai alla recensione »
Il 14 aprile torna in sala Blade Runner , in copia restaurata: e tutti gli appassionati ricordano quanto sia cruciale, nel film di Ridley Scott, la presenza degli unicorni. È quindi una curiosa e felice coincidenza che in questi stessi giorni esca Death of a unicorn ("Morte di un unicorno", si poteva anche tradurre), film a cavallo tra fantasy e horror che segna il debutto alla regia dello sceneggiatore/pr [...] Vai alla recensione »
Paul Rudd, padre vedovo, e la figlia Jenna Ortega in viaggio verso la residenza del ricchissimo capo di lui. L'auto corre e investe un unicorno. Parte da qui questo bizzarro film scritto e diretto da Alex Scharfman per A24. Si scopre che il sangue dell'unicorno ha straordinarie virtù curative e che di unicorni ce ne stanno altri nei paraggi, e non son niente contenti che uno di loro sia stato tirato [...] Vai alla recensione »
L'avvocato Elliot Kinter (Rudd) sta andando insieme alla figlia Ridley (Ortega) a una specie di ritiro aziendale nell'isolata magione del suo ricchissimo boss, Odell Leopold (Richard E. Grant). Lungo la strada investono con l'auto un unicorno scatenando la sete di vendetta della famiglia del "puledro" e le fantasie imprenditoriali di Leopold. Il film non funziona né come satira "mangia i ricchi" né [...] Vai alla recensione »
È interessante notare come il cinema statunitense contemporaneo, alla ricerca disperata di una propria identità che nell'immaginario pare latitare, continui a voltarsi alle proprie spalle, come se nel passato più o meno recente fosse possibile trovare la panacea di tutti i mali; così tornano in auge figure mitologiche perdute nel corso del tempo, come ad esempio la ripresa - pur survoltata e ribaltata [...] Vai alla recensione »
Dopo il recente Opus, A24 torna nelle sale - dal 10 aprile tramite I Wonder Pictures - con Death of a Unicorn, un debutto alla regia variegato per toni e registri che porta la firma di Alex Scharfman e Ari Aster come produttore esecutivo. Nel cast, Jenna Ortega, Paul Rudd, Richard E. Grant, Will Poulter e Téa Leoni. La vicenda si avvia come un teen movie, con il conflitto emotivo tra Elliot [...] Vai alla recensione »
Alex Scharfman dopo le esperienze come produttore, soprattutto di titoli horror come Resurrection o il più recente House of Spoils (una sorta di The Menu ambientato in un'antica dimora di campagna) per il proprio esordio dietro la macchina da presa decide di traslare un'immagine innocente, quella dell'unicorno, in una dimensione insolita. Dal piccolo pony delle fiabe, simbolo riconoscibile di colore [...] Vai alla recensione »
Alex Scharfman, leggiamo da Imdb, è noto soprattutto per la sua attività di produttore esecutivo, ma con Death of a Unicorn, di cui è anche sceneggiatore, decide di tentare la sua prima regia in un lungometraggio. Se è vero, però, che il buongiorno si vede dal mattino, diciamo che da regista deve ancora perfezionare, con grandissimo impegno, la propria arte.
Tempo di mostri, sangue e satira, tempo di A24, tempo di Death of a Unicorn. Beh, almeno in teoria, perché la nuova creatura della casa di produzione diventata simbolo di sperimentazione di genere e creatività, a dispetto di un grande cast e di un'idea per nulla male, si rivela un film al massimo medio e incapace di fare il giusto salto di qualità. Death of a Unicorn porta la firma a livello di sceneggiatu [...] Vai alla recensione »
Elliot Kintner (Paul Rudd) e la figlia adolescente, Ridley (Jenna Ortega), trascorrono un weekend nella tenuta del capo di Elliot, Odell Leopold (Richard E. Grant), e della sua famiglia, la moglie Belinda (Téa Leoni) e il figlio Shepard (Will Poulter). Mentre guidano verso la loro destinazione, Elliot investe accidentalmente un puledro di unicorno con la sua auto.
Il marchio A24 oggi lo osserviamo obliquamente: fin dai suoi inizi si è rivestito di un'aura prestige ammiccante e autorial-cinefila, vendendo la promessa di far godere di una confezione elevated, di un giocattolo di lusso bislacco e originale, ma l'iperproduttività dello studio sta portando a progetti ambiziosi riusciti a metà (Heretic) e altri semplicemente scioccherelli, dimenticabili nel giro di [...] Vai alla recensione »
C'è un padre e una figlia in viaggio segnati da un lutto: prima in aereo, poi in macchina, si stanno dirigendo da qualche parte. All'improvviso investono "qualcosa", forse un animale, come il classico cervo che inaugura gli horror e non solo. E invece no... La forma che Elliot e Ridley hanno colpito, come rivela gradualmente lo specchietto retrovisore, è un giovane unicorno.
I millenial sono cresciuti leggendo Piccoli brividi, la collana di libri horror pensata per ragazzi e ragazze di un'età compresa tra gli undici e i sedici anni (anche se c'è chi, nel segreto della propria cameretta, ha iniziato molto prima e ha finito molto dopo). Si trattava di una serie di libri pensati proprio per loro, tanto è vero che si potevano acquistare in edicola insieme alle figurine e in [...] Vai alla recensione »