Il cinema di Tsai Ming-liang continua ad essere spazio di riflessione personale e puro piacere estetico. Sperimentale, USA, Taiwan2024. Durata 79 Minuti.
Un monaco cammina tra le vie del Museo Nazionale di Arte Asiatica a Washington D.C.. Espandi ▽
Un monaco buddista avvolto in un abito di un rosso acceso si muove camminando con una lentezza esasperante, avulso da tutto ciò che lo circonda. Il territorio di marcia stavolta sono gli Stati Uniti, in particolare l’area attorno a Washington D.C., dove ha sede il Museo Nazionale di Arte Asiatica. Una serie di “quadri” a inquadratura fissa si susseguono mostrando i vari ambienti e cortili del museo, mentre il monaco li percorre in una sorta di esercizio meditativo. Guardando Abiding Nowhere si entra in contatto con quella che Guy Debord chiamava “deriva psicogeografica”, e lo spazio urbano si ri-configura davanti a noi. Meditazione per immagini, spazio di riflessione personale, puro piacere estetico: ciascuno troverà il suo punto d’ingresso preferito nel film, ma ciò che più conta è che Tsai Ming-liang continui a fare cinema di livello così assoluto anche in progetti di secondo piano. Recensione ❯
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Una rilettura della figura di Mosè partendo dalla origini. Espandi ▽
Durante la metà degli anni '30, mentre i nazisti stavano devastando l'Europa centrale, lo psicoanalista Sigmund Freud, residente a Vienna, stava scrivendo il suo lavoro finale. Completato nel 1939, Der Mann Moses und die monotheistische Religion, noto in inglese come "Moses and Monotheism", era uno studio sulle origini del monoteismo. Un libro controverso, in parte a causa della sua affermazione che Mosè era nato egiziano e non schiavo ebreo. Questo costituisce la base del film saggio di Jenni e Lauri Luhta. Recensione ❯
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Un film sperimentale sul letargo di una sorella e di un fratello. Espandi ▽
Un fratello e una sorella sono in letargo. Solo la sorella si sveglia. Il letargo umano offusca il confine tra persone e animali. Un esperimento mentale in parti uguali tra fantascienza e meditazione, girato in immagini brucianti. Recensione ❯
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Alexander Kluge, figura pionieristica del Nuovo Cinema Tedesco e dell'avanguardia, ha deciso di sperimentare con l'intelligenza artificiale cercando immagini al limite della facoltà dell'immaginario umano. Recensione ❯
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Un film che segue pazientemente la vita in una fattoria. Espandi ▽
Ambientato in una piccola fattoria nella campagna ceca, il film offre un ritratto preciso delle interazioni e delle dinamiche tra gli esseri umani e gli animali impiegati nell'agricoltura umana. Recensione ❯
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Un film che analizza il grande significato dietro al film Rambo III. Espandi ▽
Rambo III (1988) di Sylvester Stallone è un film sul fallimento della guerra e un'interpretazione surreale della cultura americana. Sebbene ambientato in Afghanistan, con l'eroe che sconfigge l'esercito russo, il film è stato girato nel deserto israeliano, con il coinvolgimento dell'esercito del paese. Il regista Daniel Mann impiega una varietà di approcci per disfare quello che per la maggior parte del pubblico era uno sparatutto senza cervello, ma per Mann è un'opera dai molti significati. Recensione ❯
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Una nuova interpretazione del celebre Macbeth, questa volta ambientato nelle Filippine, Espandi ▽
Un Macbeth ambientato nelle Filippine. Un mash-up di stili, generi, stati d'animo e atmosfere che presenta un cast di oltre 100 interpreti. Recensione ❯
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Intriganti scorci di Los Angeles e inquadrature inedite, a volte angoscianti, di una città più complessa del suo nome. Espandi ▽
Terminal Island, o il canto del cigno della palma losangelina. Gli splendidi panorami della capitale della California, fra l'altro uno dei luoghi dal clima più piacevole che esistano, non sono esenti dalle piaghe dell'era contemporanea, inquinamento, cementificazione, e dalle grandi paure per le catastrofi imprevedibili: di qui un sermone declamato in una futuristica struttura completamente vuota. Ma la preoccupazione ecologica non impedisce alla regista di montare in modo espressivo intriganti scorci di Los Angeles e inquadrature inedite, a volte angoscianti, di una città più complessa del suo nome. Recensione ❯
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Una rilfessione sulla giraffa, tra storia naturale e mito. Espandi ▽
Nel primo dizionario della lingua egiziana si trova il geroglifico "sr", che significa "giraffa". L'animale terrestre vivente più alto, il suo antenato più antico vagava per la Terra circa venti milioni di anni fa. Nel film di Lea Hartlaub l'animale è contestualizzato in termini di mito, favola e storia naturale e umana. Recensione ❯
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Il ritratto di un mondo che si limita ad esistere, fra sogno e desolazione. Espandi ▽
In cerca di tracce e impronte di un'assenza, questo film analizza la coesistenza di natura e strutture artificiali o manufatti nell'intento di creare un oggetto formale di commemorazione. Celebrazione oscura della superficie di un mondo spezzato ed esausto, quello che avrebbe potuto essere una sinfonia di città finisce invece per evocare il sentimento di un mausoleo della nostra esistenza contemporanea. "Materia vibrante", titolo che potrebbe essere una definizione del cinema stesso, è il ritratto di un mondo che si limita ad esistere, fra sogno e desolazione. Recensione ❯
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Rovin racconta il paesaggio che lo circonda: una campagna nella campagna che si affaccia sul Mar Baltico. Espandi ▽
Rovin vive in una fattoria spersa nella campagna che si affaccia sul Mar Baltico. Con un ritmo tutto suo, è assorto nell'esplorazione dell'ambiente circostante. Il muschio, il fuoco, e la scoperta di nuovi pianeti, stelle, o esseri ignoti come i tardigradi - quei minuscoli organismi multicellulari che sulle gambe sembrano sacchetti per la polvere, ma veri e propri artisti della sopravvivenza. Osservando semplicemente lo scorrere della vita, attraverso immagini terrose e dalla grana in evidenza e una narrazione pacata, mentre il vento soffia tra gli alberi e disperde i tardigradi Renninger incontra anche altri personaggi che vivono nel rarefatto paesaggio delle paludi della Germania settentrionale. Recensione ❯
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Un film che riflette sull'immagine partendo dalla favola di Biancaneve. Espandi ▽
Un film che riflette sull'immagine partentedo da una celebre favola. Rifiutando l'invito del Principe di guardare l'appassionato rapporto d'amore tra la Regina Cattiva e il Cacciatore, Biancaneve ribatte: "Piuttosto che guardare, preferirei sentire". Recensione ❯
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Una piccola opera muta, una sfida e un incoraggiamento a fidarci ancora di alcune immagini. Espandi ▽
«Anni fa avevo intenzione di comporre frammenti pieni di dinamismo, immagini in movimento di tutto ciò che germoglia, scintilla, si apre. Si trattava di un film legato all'élan vital in tutte le sue forme, legato, immagino, al giungere dei miei trent'anni. Nel corso del tempo, penso che l'atmosfera di questo progetto si sia erosa. Farsi seme è muto. Muto come le piante che ci circondano... Muto come i semi che ho iniziato a raccogliere nei luoghi in cui mi capitava di passeggiare. Raccogliere il sangue, raccogliere i semi. La potenza del seme rappresentava il congiungimento di solidarietà e singolarità: non era solo un non-essere-più-fiore. C'era tutta una molteplicità di forme, un rigoglio, una delicatezza intricata delle loro forme... Ho pensato di traslare il sangue venoso e quello mestruale in due differenti pigmenti naturali: l'ematite e la rubia tinctorum». (Anna Marziano) Recensione ❯
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Qualsiasi cosa ci sia successa, gli orizzonti c'erano. Espandi ▽
Qualsiasi cosa ci sia successa, gli orizzonti c'erano.
Qualsiasi cosa ci succeda, gli orizzonti ci sono.
Qualsiasi cosa ci succederà, gli orizzonti ci saranno. Recensione ❯
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Un horror sperimentale ispirato a una serie di eventi paranormali che hanno avuto luogo nei primi anni Settanta a Hexham, nell'Inghilterra settentrionale. Espandi ▽
Un horror sperimentale ispirato a una serie di eventi paranormali che hanno avuto luogo nei primi anni Settanta a Hexham, nell'Inghilterra settentrionale, ma anche una riflessione sull'intrinseco mistero della riproduzione fotografica. «[Sovente] virato nello stesso rosso della luce di sicurezza delle camere oscure, il film (ri)costruisce un horror pastorale mozzafiato su un luogo cristallizzato nel tempo e terrorizzato da due testine di pietra alte 6 cm [...] per mezzo delle fotografie dalla grana grossa di Chloë Delanghe, di una fissità che fa venire i brividi. [...] Delanghe e Driesen sfidano l'impossibilità di fermare i fantasmi su pellicola immergendoci in un viaggio psicogeografico che attraversa infinite porte, finestre e passaggi». (Ane Lopez) Da notare l'inquietante eppur commovente canzone che scorre sui titoli di coda, giustamente intitolata "The Cruel Mother". Recensione ❯
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