Anno | 2023 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 74 minuti |
Regia di | Steve Della Casa |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 8 settembre 2023
Il racconto di un regista italiano che ha attirato l'attenzione di tutto il mondo.
CONSIGLIATO SÌ
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Leone d'oro alla carriera alla Mostra di Venezia del 1995 - condiviso quell'anno con Woody Allen, Goffredo Lombardo, Ennio Morricone, Alain Resnais, Martin Scorsese, Alberto Sordi, Monica Vitti - Giuseppe De Santis è stato uno degli intellettuali più rilevanti dell'Italia repubblicana, coerente agli ideali del comunismo per tutta la vita. Nato a Fondi (LT) nel 1917 e scomparso a Roma nel 1997, ha militato come critico nella rivista "Cinema", diretta da Vittorio Mussolini, prima di essere attivissimo come sceneggiatore e regista nel cinema italiano del dopoguerra, dalla collaborazione con Visconti come assistente alla regia in Ossessione al suo debutto alla regia con Caccia tragica nel 1947. Insieme ai sodali Antonio Pietrangeli e Michelangelo Antonioni, è stato anche tra i primi registi a offrire alle attrici ruoli prominenti e a coltivare un'attenzione per l'emancipazione femminile, anche intrecciandolo al tema del lavoro: le mondine di Riso amaro, il suo film internazionalmente più noto, le aspiranti dattilografe di Roma ore 11, la violenza, che oggi chiamiamo "di genere" in Non c'è pace tra gli ulivi. A posteriori, ha molto ispirato stesso i suoi allievi, come Paolo Virzì e Mario Martone (che, tra i tanti intervistati nel documentario, dichiara una corrispondenza tra Silvana Pampanini di Un marito per Anna Zaccheo e Anna Bonaiuto del suo L'amore molesto). Con una carriera complicata dal rapporto conflittuale coi produttori, De Santis ironizzava sullo scarto numerico tra i film ancora da fare e quelli già realizzati, tra i quali un progetto, rimasto nel cassetto, di una storia sulle terroriste italiane in carcere.
Tutto ciò e molti aneddoti emergono dal documentario di Della Casa, che si riaggancia nel titolo allo slancio utopico dello slogan della Genova del G8.
Intendendo che quella in cui ha operato De Santis, instancabile animatore culturale, era un'Italia molto diversa dall'attuale per il cinema, sinceramente interessata a storie, di impegno e lavoro. Storie di lotta di classe, di paesaggio italiano (dal titolo di un suo noto intervento critico), di liberazione femminile, appunto. I ricordi del regista, raccolti da Della Casa e Caterina Taricano, passano attraverso le parole affettuose dei suoi ex studenti al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dove "Peppe", regista rispettoso del talento attoriale e creatore di primi piani femminili dall'illuminazione memorabile, insegnò recitazione. Le parole della moglie Gordana Miletic, conosciuta sul set di La strada lunga un anno (1958), tutto ambientato nella ex Jugoslavia, sono un formidabile stimolo a recuperare anche la seconda parte, meno nota, della sua filmografia (La garçonnière, Uomini e lupi, Italiani brava gente), interrottasi all'inizio degli anni Settanta. Per comprendere a fondo la distintiva commistione di impegno politico e volontà di cinema spettacolare, autenticamente popolare, vale a dire in costante dialogo col pubblico.
Non a caso Paolo Virzì lo chiama "il nostro John Ford", per il tratto energico e sinceramente popolare del suo cinema, che racconta storie di donne e uomini comuni. Come quelli della sua terra d'origine, a cui restò, se pur da Roma, intimamente legato: la Ciociaria di Fondi, che con orgoglio ha dato vita a un'associazione a lui dedicata e che è partner del film.
Dedicato alla memoria di Luciano Sovena (amministratore delegato di Cinecittà Luce scomparso nel 2023) e al giornalista Andrea Purgatori, che proprio con De Santis debuttò al cinema come assistente alla regia del suo ultimo film: Un apprezzato professionista di sicuro avvenire (1972).
La coppia Faldini & Fofi l'aveva soprannominato «l'ultimo dei mohicani», il superstite di una battaglia culturale e politica ormai tristemente sorpassata (si era nel 1984). Stiamo parlando di Giuseppe "Peppe" De Santis, classe 1917, nativo di Fondi (in Ciociaria), pedigree orgogliosamente contadino, alfiere di un cinema nazionalpopolare nel senso più vero della parola, mosso da un'idea - anzi, un ideale: [...] Vai alla recensione »
Non solo Riso Amaro. Giuseppe, per tutti Beppe De Santis secondo Steve Della Casa è stato (in disordine): pioniere del neorealismo, sceneggiatore sociologo, regista ideologo, direttore di attori e attrici impareggiabile. E poi marxista (clandestino) sotto il fascismo, cuore pulsante del quindicinale Cinema, militante a guerra conclusa. Populista per certa critica, sensualista per i moralisti, via [...] Vai alla recensione »