Anno | 2022 |
Genere | Drammatico, Thriller, |
Produzione | USA |
Durata | 97 minuti |
Al cinema | 23 sale cinematografiche |
Regia di | Zachary Wigon |
Attori | Margaret Qualley, Christopher Abbott . |
Uscita | giovedì 25 maggio 2023 |
Tag | Da vedere 2022 |
Distribuzione | I Wonder Pictures |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,07 su 13 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 19 maggio 2023
Una stanza d'hotel, un uomo ricchissimo, una donna che forse recita una parte, un gioco al massacro che non farà sconti. In Italia al Box Office Sanctuary ha incassato 43,1 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Nella suite di un albergo di lusso si incontrano un uomo sulla trentina e una giovane avvocatessa chiamata per delle verifiche burocratiche sulle abitudini di vita del suo cliente. L'uomo è Hal Porterfield, erede di una catena di alberghi e prossimo amministratore delegato di un impero milionario; la donna si chiama invece Rebecca, è aggressiva e misteriosa, e in realtà è una dominatrice assunta dallo stesso Hal per testare la propria tenuta psicologica sul lavoro. Presto il colloquio rivela la sua natura di finzione, ma anche fuori dalla parte Rebecca non abbandona il serratissimo gioco di maschere e svelamenti, cambiando continuamente i rapporti di forza fra cliente e padrone, dominatore e dominato. Chi la spunterà?
Un solo spazio, un solo tempo, due personaggi, mille ruoli: nonostante la struttura volutamente chiusa e soffocante, Sanctuary allestisce un gioco al massacro che non conosce attimi di tregua e segue l'isterica relazione fra i protagonisti.
Inevitabilmente, la sceneggiatura firmata da Micah Bloomberg affida al ruolo femminile il controllo del gioco, anche se l'unico coltello che si vede nel film è tenuto in mano dalla controparte maschile. Il povero e inutile milionario Hal Porterfield (Christopher Abbott) non può nulla in realtà contro l'uragano che gli piomba (volutamente) in stanza, che ha le sembianze di una Margaret Qualley scatenata e non è mai ciò che sembra, nemmeno quando toglie la parrucca bionda sotto la quale si nasconde o quando ammette di non mentire e (forse) rivela la verità sulla sua vita.
In ballo, tra Hal e Rebecca, ci sono le solite cose per cui la gente si azzuffa da millenni: i soldi e il potere, anche se non per forza in una chiave meramente economica. Per Rebecca il potere su Hal può anche essere semplicemente il potere di dominarne il desiderio o quello di fargli devastare la stanza in cerca di una videocamera che forse nemmeno esiste. Forse.
A contare nel film è la disumanità del confronto fra i due personaggi, la loro reciproca interdipendenza, cosa che dà a Sanctuary una lunga serie di padri nobili, a cominciare dal Kammerspiele per arrivare a un classico come Gli insospettabili (1972) di Mankiewicz (rifatto nel 2007 da Branagh), alla versione corale del dramma da camera Americani di James Foley, ad ancora a un film come Tape (2001) di Linklater, da quale riprende la scelta della stanza d'hotel come set unico.
In realtà, il vero e unico modello del film di Zachary Wigon è come sempre Hitchcock, non fosse altro perché tutta la vicenda del film - e cioè la relazione tra il ricchissimo e terrorizzato Hal e la vorace e irrefrenabile Rebecca, lui rampollo nato per essere schiavo, lei figlia di nessuno diventata bravissima a sbranare quella società che non le hai mai dato nulla - non è che un gigantesco McGuffin.
Il thriller con toni da commedia crudele rilancia per un'ora e mezza lo scontro fra l'uomo e la donna solo per osservare lo spettacolo della loro deflagrazione: da un lato c'è la crisi conclamata del maschio contemporaneo, dall'altro la disperazione vitalistica di una donna sempre in controllo della situazione, con un risultato finale non così scontato come potrebbe sembrare...
Al centro dell'esplosione di Sanctuary c'è naturalmente Margaret Qualley, bellissima e irrefrenabile, ma come già in Stars at Noon di Claire Denis lasciata troppo sola a gigioneggiare in un accumulo di sequenze in cui le parole sparate a raffica sono solo una parte dello spettacolo e il resto è confezionato da una messinscena che non sempre tiene insieme i primissimi piani, gli occhi sgranati, le urla, le risate, la musica a palla, gli squarci visionari, le scene di sesso, le aggressioni, i vani tentativi di fuga e il continuo ritorno al punto di partenza...
Il gioco al massacro allestito da Sanctuary è in definitiva così gratuito e scritto da non risultare mai spontaneo. Colpa anche di uno stile iperconcitato, con il quale Wigon e la direttrice della fotografia Ludovica Isidori fanno di tutto per far capire che se i personaggi del film sono due, i protagonisti sono in realtà tre, dal momento che la macchina da presa è la vera presenza ingombrante del film, a ricordare che quanto il cinema sia da sempre lo spettacolo di un uomo e una donna attratti l'uno dall'altra, a patto di mentire e interpretare una parte...
"Sanctuary" è la parola d'ordine per porre fine a un gioco. Ma se il gioco si intreccia con la realtà, non esiste uscita ma solo una lenta e inesorabile implosione dei giocatori stessi. Siamo all'interno di una lussuosa stanza di hotel: in scena solo due personaggi. Hal (Christopher Abbott) è il rampollo di una famiglia che possiede una famosa catena di alberghi.
Reed è uno yuppie, ricco padre di famiglia, che ha il vizietto di uccidere. Perciò mette a punto un omicidio che crede essere perfetto: registratosi in un hotel di lusso, "affitta" la call girl Jackie con l'intenzione di sbarazzarsene, ma le cose naturalmente vanno per il verso sbagliato, specialmente perché anche Jackie ha in mente qualcos'altro. Hal è un ricco figlio di papà, erede di un ingente [...] Vai alla recensione »
L'uso sapiente e sofisticato del colore, con grande fotografia, unito a un fortissimo potere mentale che assolda anche lo spettatore, basterebbe a rendere sublime questo film. Ma c'è molto, molto di più. 'Sanctuary' è quindi un'opera intensa e affettuosa, prepotente e contorta, come l'amore. E come i suoi traumi. O come il cinema e i suoi anfratti.
Un solo spazio: la suite di un albergo di lusso. Due soli protagonisti: Hal Porterfield, erede dell'impero del defunto padre, e Rebecca, una escort. Una trama che sembra scontata, ma in "Sanctuary - Lui fa il gioco, lei fa le regole", opera seconda del regista e critico cinematografico Zachary Wigon, i ruoli si mescolano, in quella che è uno scontro di classe e di genere.
Nella stanza di un hotel di lusso s'incontrano Hal, erede di un impero economico multimilionario, e Rebecca, la sua dominatrice. Nessun contatto fisico tra i due, ma un gioco di ruolo che si ripete, dove lei impartisce or- dini umilianti al facoltoso cliente. Complice l'abilità della professionista, le sessioni sono anche e soprattutto un modo per l'altro di es- sere pienamente se stesso e superare [...] Vai alla recensione »
Santuario è la parola d'ordine per interrompere il gioco. Di gioco sessuale si tratta, tra dominatrice e schiavo, un gioco dichiarato sin dalla prima scena in cui Rebecca, una bella giovane donna bionda in completo di velluto verde, tiene un colloquio a un bel tenebroso in una stanza di albergo a cinque stelle. Lo scambio di battute diventa presto altamente personale, smascherandone la natura fittizia. [...] Vai alla recensione »
Un uomo in una stanza d'albergo ordina al telefono una cena. Una donna bussa alla porta: è incaricata dal consiglio di amministrazione dell'azienda che l'uomo sta per ereditare di tracciare un profilo psicologico che garantisca la sua affidabilità. Le domande però diventano presto disturbanti, morbose. Sembrano seguire un copione ben definito, volto a scardinare i ruoli e a ribaltare i rapporti di [...] Vai alla recensione »
Inizia molto bene Sanctuary, l'opera seconda di Zachary Wigon che arriva alla Festa di Roma (dove viene presentato in concorso) a otto anni di distanza dall'esordio The Heart Machine, e a quell'opera prima si lega almeno in piccola parte. Entrambi i lavori infatti sembrano ruotare attorno al concetto di "verità", e di narrazione di sé che un essere umano costruisce sul proprio passato, per dare un [...] Vai alla recensione »
Un uomo in una lussuosa stanza d'albergo ordina al telefono qualcosa da mangiare e poi in aggiunta chiede una piastra per waffle. Se qualcuno conoscesse la breve sinossi di Sanctuary, opera seconda di Zachary Wigon presentata al Festival di Toronto e ora in concorso alla Festa del Cinema di Roma, potrebbe equivocare e immaginare che quell'oggetto possa servire al protagonista per dolorose e intense [...] Vai alla recensione »
Nel rapporto privato uomo/donna cos'è esattamente catalogabile come "perversione"? A tale quintessenziale domanda prova a fornire una risposta Sanctuary, opera seconda di Zachary Wigon presentata nel concorso Progressive Cinema alla Festa del Cinema di Roma 2022. Una sorta di kammerspiel ossessivo e ripetitivo in cui la sorpresa ed i ribaltamenti di ruolo sono sempre in agguato, succedendosi senza [...] Vai alla recensione »
Una suite di un hotel di lusso. Un uomo apre la porta ad una bella ragazza, bionda, in tailleur. Quella che inizialmente era un'intervista formale si trasforma poco a poco in un gioco dalle sfumature sempre più chiare: Rebecca (Margaret Qualley) è una escort dominatrix, l'uomo, Hal (Christopher Abbott), il suo facoltoso cliente, pronto a qualsiasi cosa pur di soddisfare le richieste della sua "padrona". Al [...] Vai alla recensione »
Nei film incentrati su un'unica location tutto passa attraverso la costrizione spaziale, vero argine e origine delle teorizzazioni formali che li contraddistinguono. Da Nodo alla gola in poi, il confinamento della storia all'interno di quattro mura ha permesso ai filmmaker di interpretarne le atmosfere soffocanti di fondo in termini perlopiù di genere, portandole verso orizzonti diversi a seconda della [...] Vai alla recensione »