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udiego
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giovedì 1 febbraio 2018
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poesia
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Siamo nelle campagne cremasche durante l’estate del 1983. La famiglia Perlman, composta dai genitori e dal figlio Elio, si appresta ad ospitare per circa un paio di mesi il giovane Oliver, studente americano che sta lavorando al dottorato insieme al Sig. Perlman, docente universitario. La presenza di quest’ospite provoca grande interesse in Elio. Interesse che si trasformerà ben presto in un sentimento travolgente per entrambi.
Luca Gudagnino, già regista di opere come “Io sono l’amore”, “A Bigger Splash” e “Melissa P.”, porta sul grande schermo il riadattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Andrè Aciman pubblicato nel 2007.
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Siamo nelle campagne cremasche durante l’estate del 1983. La famiglia Perlman, composta dai genitori e dal figlio Elio, si appresta ad ospitare per circa un paio di mesi il giovane Oliver, studente americano che sta lavorando al dottorato insieme al Sig. Perlman, docente universitario. La presenza di quest’ospite provoca grande interesse in Elio. Interesse che si trasformerà ben presto in un sentimento travolgente per entrambi.
Luca Gudagnino, già regista di opere come “Io sono l’amore”, “A Bigger Splash” e “Melissa P.”, porta sul grande schermo il riadattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Andrè Aciman pubblicato nel 2007. “Chiamami col tuo nome” ci racconta lo spaccato di vita di due uomini così diversi, che non possono che attrarsi. Da una parte il piccolo Elio, non ancora maggiorenne, ammaliato e confuso dalla nascita di questo inaspettato sentimento nei confronti del ragazzo appena conosciuto. Dall’altra Oliver, bello ed affascinante studente americano, che sa ciò che prova, ma cerca di tenerlo nascosto per salvare le apparenze. Il regista palermitano riesce nel non facile compito di regalare eleganza ed equilibro alla storia. Guadagnino utilizza i luoghi e gli spazi come parte integrante della vicenda, come elementi che si amalgamano alla sceneggiatura nel raccontare i fatti. Il regista lavora in modo maniacale sui dettagli, ogni inquadratura ed ogni immagine del film non sono mai fini a se stesse, ma fanno parte di un lavoro corale che funziona bene. Ottime le performance del cast, con un Armie Hammer perfettamente a suo agio nel suo ruolo ed un Timothèe Chalamet fantastico nel regalare al suo personaggio una sensibilità ed una dolcezza quasi commoventi. Il film scorre nelle sue più di due ore di visione in modo graduale, permettendo allo spettatore di entrare nell’atmosfera, di famigliarizzare con i personaggi e di sentire propri i sentimenti che provano. Per concludere non possiamo che apprezzare con orgoglio quest’opera capace di fare emozionare il pubblico e che porterà un pezzo d’Italia in giro per il mondo.
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faber
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giovedì 1 febbraio 2018
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l'everest del sentimento.
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Facchinetti e Branca hanno commentato ottimamente. Non aggiungo altro.
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faber
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giovedì 1 febbraio 2018
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film sentimentale.
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Non lo definirei film omosessuale ma sentimentale perchè esistono solo la sessualità ed il sentimento di cui questo film è l'Everest.
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giovedì 1 febbraio 2018
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una passione troppo veloce
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Il libro tratta la vicenda con una diciamo calma che il regista non ha preso in considerazione! Infatti l'eros arriva gradualmente ,invece nel film , sin dalle prime immagini ,si respira subito aria di passione!Di per se' non e' un difetto, ma se _ come sembra _ questa e' a che un' educazione sentimentale credo che una certa fretta non abbia giovato al racconto!
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ritacirrincione
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giovedì 1 febbraio 2018
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peccato il finale inutilmente esplicito
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Siamo in una villa settecentesca immersa nella campagna cremasca. Elio trascorre la calda estate del 1983 insieme ai genitori, in un ambiente saturo di arte e cultura, leggendo, ascoltando musica e suonando il pianoforte, quando arriva Olivier, uno studente americano che il padre, docente di arte greco-romana, deve aiutare per la tesi di dottorato. L’arrivo del giovane, affascinante e disinvolto, innesca un gioco di desiderio e di seduzione che coinvolge la famiglia, la piccola comunità che frequenta la villa e soprattutto Elio, diciassettenne deciso a capire come incanalare le pulsioni erotiche che lo attraversano e a farlo con la sua spiccata sensibilità di artista. Tra escursioni nella natura circostante, nuotate nel vicino lago, giri in bici, tra il non detto ed espliciti incoraggiamenti, reticenze e abbandoni, nasce una storia d’amore intensa e permeata dalla malinconia per l’imminente addio.
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Siamo in una villa settecentesca immersa nella campagna cremasca. Elio trascorre la calda estate del 1983 insieme ai genitori, in un ambiente saturo di arte e cultura, leggendo, ascoltando musica e suonando il pianoforte, quando arriva Olivier, uno studente americano che il padre, docente di arte greco-romana, deve aiutare per la tesi di dottorato. L’arrivo del giovane, affascinante e disinvolto, innesca un gioco di desiderio e di seduzione che coinvolge la famiglia, la piccola comunità che frequenta la villa e soprattutto Elio, diciassettenne deciso a capire come incanalare le pulsioni erotiche che lo attraversano e a farlo con la sua spiccata sensibilità di artista. Tra escursioni nella natura circostante, nuotate nel vicino lago, giri in bici, tra il non detto ed espliciti incoraggiamenti, reticenze e abbandoni, nasce una storia d’amore intensa e permeata dalla malinconia per l’imminente addio. Pur riuscendo a rendere la forza di una passione e la bellezza dell’incontro dei due corpi, il film indugia eccessivamente su certi compiacimenti estetizzanti mentre la narrazione, più graduale e misurata nella prima parte del film, alla fine non sa fermarsi ed evitarci l’inopportuno e inutilmente esplicito discorso in cui il padre dichiara al figlio di avere intuito tutto, di approvare la scelta, rivelando persino la sua soffocata omosessualità. Evitabile anche la telefonata finale di Oliver che annuncia il suo matrimonio e il ritorno alla “normale” eterosessualità.
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gigioncino
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mercoledì 31 gennaio 2018
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un pò banale
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Si fa fatica a credere che sia candidato all'oscar come miglior film. Incensato dalla Critica, appare un prodotto un pò banale, senza sprazzi di "genio", forse mi aspettavo troppo e quindi il mio giudizio è un tantino condizionato, il film comunque appare un pò lento e "vuoto" . Qualche scena "buona" comunque c'è ( vedi il dialogo de l ragazzo col padre verso la fine del film) ma mi sembre sinceramente un pò poco... Condivido le perplessità di alcuni sulla credibilità del giovane americano e le donade sul perchè si insista così tanto sulla provenienza ebraica
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fragola
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martedì 30 gennaio 2018
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non mi sembra un film da oscar
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Bel paesaggio,bella fotografia,il film pero' non mi sembra da Oscar.
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ila
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martedì 30 gennaio 2018
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la poesia dell'amore vero
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“Chiamami col tuo nome , io ti chiamero’ col mio” rappresenta una vera e propria dichiarazione di volontà di fusione con l’altro, altro che diventa io, nel quale ci si riconosce a tal punto, da diventare una cosa sola. Ed in una cosa sola si trasformano Elio ed Oliver, lentamente, seguendo i pacati ritmi della incantevole campagna lombarda nella quale il loro amore timidamente si svela .
Il loro avvicinarsi prende forma in maniera naturale e spontanea, come il lungo scorrere dell’acqua che dopo numerose deviazioni ed ostacoli all’improvviso si fa cascata e si manifesta in tutta la sua forza e bellezza. Questo è l’amore tra Elio ed Oliver, una forza della natura che nulla puo’ davanti alla paura se non sbocciare delicatamente ,ma irrimediabilmente.
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“Chiamami col tuo nome , io ti chiamero’ col mio” rappresenta una vera e propria dichiarazione di volontà di fusione con l’altro, altro che diventa io, nel quale ci si riconosce a tal punto, da diventare una cosa sola. Ed in una cosa sola si trasformano Elio ed Oliver, lentamente, seguendo i pacati ritmi della incantevole campagna lombarda nella quale il loro amore timidamente si svela .
Il loro avvicinarsi prende forma in maniera naturale e spontanea, come il lungo scorrere dell’acqua che dopo numerose deviazioni ed ostacoli all’improvviso si fa cascata e si manifesta in tutta la sua forza e bellezza. Questo è l’amore tra Elio ed Oliver, una forza della natura che nulla puo’ davanti alla paura se non sbocciare delicatamente ,ma irrimediabilmente.
Le loro menti si innamorano prima dei loro corpi e questo fa si che un semplice tocco di mano , una carezza sfiorata, una frase soffocata ed infine un abbraccio possano diventare la massima espressione del desiderio e della passione.
Questo rimane nella mente di chi contempla il loro amore: la capacità di far rimanere chi ne è coinvolto,in uno spazio sospeso ed etereo, dove l’unica cosa che conta per sentirsi appagati è la presenza dell’altro che ti respiri accanto. E dove il sesso e l’orientamento sessuale passano in secondo piano davanti ad un sentimento che sfida e vince ogni tipo di pregiudizio e paura. E che sceglie di parlare e di non morire.
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manuelazarattini
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martedì 30 gennaio 2018
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una passione estiva, non un amore
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Più che la storia di un amore profondo, è la storia di una passione violenta ma passeggera. Il film è perfetto nella ricostruzione dei luoghi ambientati nel 1983, nella descrizione di una natura rigogliosa, di un'estate calda che spinge Elio e Oliver ad essere fortemente attratti l'uno dell'altro e ad amarsi. Ma per Elio, che ha appena 17 anni, è solo un periodo di scoperta del sesso in ogni suo aspetto e per Oliver, più consapevole e maturo, forse è solo un gioco fatto di tenerezza e forte attrazione momentanea. E infatti tutto si spegne fatalmente al termine dell'estate. Il film quindi non colpisce per l'intensità di sentimenti espressi e il racconto rimane patinato e costruito. Come la visione stereotipata degli italiani: quelli veri, i "locali", sono rappresentati come rozzi o caciaroni.
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Più che la storia di un amore profondo, è la storia di una passione violenta ma passeggera. Il film è perfetto nella ricostruzione dei luoghi ambientati nel 1983, nella descrizione di una natura rigogliosa, di un'estate calda che spinge Elio e Oliver ad essere fortemente attratti l'uno dell'altro e ad amarsi. Ma per Elio, che ha appena 17 anni, è solo un periodo di scoperta del sesso in ogni suo aspetto e per Oliver, più consapevole e maturo, forse è solo un gioco fatto di tenerezza e forte attrazione momentanea. E infatti tutto si spegne fatalmente al termine dell'estate. Il film quindi non colpisce per l'intensità di sentimenti espressi e il racconto rimane patinato e costruito. Come la visione stereotipata degli italiani: quelli veri, i "locali", sono rappresentati come rozzi o caciaroni. La governante che si esprime solo con un dialetto incomprensibile, il giardiniere che nemmeno riesce a verbalizzare qualche parola, gli ospiti che discutono di politica del momento gesticolando, agitandosi e parlando ad alta voce sotto gli occhi attoniti e composti della famiglia che, se pur di origine italiana da parte della madre, vive da anni negli Stati Uniti e lì è ormai naturalizzata. La mamma, il papà, Elio e Oliver sono sempre invece perfettamente misurati, composti, felici, eleganti e molto molto intellettuali. No, non è vero. Noi non siamo i brutti e loro i belli. E noi non siamo l'Italia rimasta a Mussolini, come invece fa intendere Elio in una scena non felice del film.
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mariomangione
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martedì 30 gennaio 2018
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ottima fotografia, mediocre sceneggiatura
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Ottima la fotografia e raffinata la capacità evocativa dei luoghi rappresentati, ma poco convincenti trama e personaggi, a cominciare da Hammer, che, americano doc, si esprime in un italiano perfetto e coltissimo e dopo due giorni dal suo arrivo gioca perfino a carte con i paesani del luogo magari parlando in dialetto lumbard, decisamente poco credibile. I genitori del ragazzo sembrano vivere in una sorta di limbo da lieta permanente vacanza, nessuna attività lavorativa li vede impegnati, nessuna tensione emotiva nel loro rapporto, nessuna riflessione tra loro in merito alla vicenda del figlio. Sembrano messi lì a fare da sfondo coreografico alla vicenda. Ancora va evidenziata la incomprensibile ripetuta ostentatione di appartenenza ebraica dei protagonisti.
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Ottima la fotografia e raffinata la capacità evocativa dei luoghi rappresentati, ma poco convincenti trama e personaggi, a cominciare da Hammer, che, americano doc, si esprime in un italiano perfetto e coltissimo e dopo due giorni dal suo arrivo gioca perfino a carte con i paesani del luogo magari parlando in dialetto lumbard, decisamente poco credibile. I genitori del ragazzo sembrano vivere in una sorta di limbo da lieta permanente vacanza, nessuna attività lavorativa li vede impegnati, nessuna tensione emotiva nel loro rapporto, nessuna riflessione tra loro in merito alla vicenda del figlio. Sembrano messi lì a fare da sfondo coreografico alla vicenda. Ancora va evidenziata la incomprensibile ripetuta ostentatione di appartenenza ebraica dei protagonisti. Quale significato hanno i continui simboli ebraici e l'orgoglio di appartenenza ben dichiarato seppure discretamente contenuto? Infine i riferimenti alla situazione politica italiana di quegli anni, poco pertinente e forse di alcun interesse per lo spettatore. La sceneggiatura è troopo scontata, senza pathos, senza intreccio, quasi noiosa. Se di premio Oscar parliamo, lo darei solo alla fotografia. Per il resto non più di due stelle.
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[+] mediocre sceneggiatura ....
(di silvanobersani)
[ - ] mediocre sceneggiatura ....
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