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Ottima la fotografia e raffinata la capacità evocativa dei luoghi rappresentati, ma poco convincenti trama e personaggi, a cominciare da Hammer, che, americano doc, si esprime in un italiano perfetto e coltissimo e dopo due giorni dal suo arrivo gioca perfino a carte con i paesani del luogo magari parlando in dialetto lumbard, decisamente poco credibile. I genitori del ragazzo sembrano vivere in una sorta di limbo da lieta permanente vacanza, nessuna attività lavorativa li vede impegnati, nessuna tensione emotiva nel loro rapporto, nessuna riflessione tra loro in merito alla vicenda del figlio. Sembrano messi lì a fare da sfondo coreografico alla vicenda. Ancora va evidenziata la incomprensibile ripetuta ostentatione di appartenenza ebraica dei protagonisti. Quale significato hanno i continui simboli ebraici e l'orgoglio di appartenenza ben dichiarato seppure discretamente contenuto? Infine i riferimenti alla situazione politica italiana di quegli anni, poco pertinente e forse di alcun interesse per lo spettatore. La sceneggiatura è troopo scontata, senza pathos, senza intreccio, quasi noiosa. Se di premio Oscar parliamo, lo darei solo alla fotografia. Per il resto non più di due stelle.
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