luca scial�
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martedì 4 settembre 2012
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la natura preferita alla consuetudine
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Chris si è appena laureato col massimo dei voti e potrebbe frequentare Hardard. Ma non è felice. E' stanco della società consumista e materialista in cui vive e delle bugie familiari nelle quali è cresciuto (i genitori convivono senza mai essersi sposti, essendo stati degli amanti con rispettive famiglie). Così decide di mollare tutto e dirigersi verso l'Alaska con mezzi di fortuna. Durante il suo cammino incontrerà tante persone che gli daranno qualcosa e lui ricambierà con la propria saggezza e forza di volontà.
Sean Penn traspone un libro di Jon Krakauer "Nelle terre estreme", che narra la vera storia di Christopher McCandless, un giovane benestante che rinuncia a tutte le sue sicurezze materiali per immergersi nella natura selvaggia.
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Chris si è appena laureato col massimo dei voti e potrebbe frequentare Hardard. Ma non è felice. E' stanco della società consumista e materialista in cui vive e delle bugie familiari nelle quali è cresciuto (i genitori convivono senza mai essersi sposti, essendo stati degli amanti con rispettive famiglie). Così decide di mollare tutto e dirigersi verso l'Alaska con mezzi di fortuna. Durante il suo cammino incontrerà tante persone che gli daranno qualcosa e lui ricambierà con la propria saggezza e forza di volontà.
Sean Penn traspone un libro di Jon Krakauer "Nelle terre estreme", che narra la vera storia di Christopher McCandless, un giovane benestante che rinuncia a tutte le sue sicurezze materiali per immergersi nella natura selvaggia. Film coinvolgente emotivamente e visivamente, con protagonista assoluta la natura con la sua forza, la sua bellezza, il suo mistero. Il genere umano resta una comparsa, con i suoi limiti e le sue debolezze. Ma il giovane Chris rappresenta la speranza di chi ancora vuole andare oltre i valori materiali in cui è decaduta la moderna civiltà. Non importa se ci riuscirà: almeno lui ci ha provato.
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wilderness
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lunedì 30 luglio 2012
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film notevole.
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Ottimo film, diretto da un grande attore e ora anche regista.
Una fotografia stupenda, una storia vera trattata senza melassa, selvaggiamente.
Ce ne fossero di film di questa qualità e di questi registi, purtroppo solo mosche bianche.
Quasi un capolavoro.
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fabrymix
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lunedì 23 luglio 2012
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bellissimo!!!
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Che bello!!! A fine film avevo le lacrime agli occhi!
All'inizio ero scettico ma sono bastati pochi minuti per farmi cambiare idea. Da un grosso insegnamento sulla vita, spesso basata troppo sui beni materiali dimenticandoci che siamo anzitutto animali soggetti a Madre Natura!!!
Capolavoro da vedere!!
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starbuck
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lunedì 18 giugno 2012
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non può esserci felicità senza condivisione
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Per quanto Sean Penn sia un grande attore, probabilmente uno dei più grandi ( basti pensare a cosa è stato capace di fare nel film di Paolo Sorrentino "This must be the place"), come regista mi sembra prematuro poterlo giudicare, infatti al momento non siamo in grado di immaginare quale potrà essere il suo percorso dietro alla macchina da presa. Intanto credo convenga goderselo come attore. Detto questo una cosa è certa: "Into the Wild" è un film stupendo. Penn ha creduto molto in questo lavoro, si sa che ha covato a lungo il progetto di portare sullo schermo la storia di Chris McCandless, il ragazzo trovato morto in Alaska nel 1992.
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Per quanto Sean Penn sia un grande attore, probabilmente uno dei più grandi ( basti pensare a cosa è stato capace di fare nel film di Paolo Sorrentino "This must be the place"), come regista mi sembra prematuro poterlo giudicare, infatti al momento non siamo in grado di immaginare quale potrà essere il suo percorso dietro alla macchina da presa. Intanto credo convenga goderselo come attore. Detto questo una cosa è certa: "Into the Wild" è un film stupendo. Penn ha creduto molto in questo lavoro, si sa che ha covato a lungo il progetto di portare sullo schermo la storia di Chris McCandless, il ragazzo trovato morto in Alaska nel 1992. Probabilmente, come molti altri, è rimasto profondamente affascinato e sedotto da questa figura "estrema" come i territori che lo hanno accolto per sempre. Il romanzo di Jon Krakauer "Nelle terre estreme", che ha raccontato i fatti e descritto il personaggio in maniera piuttosto fredda e distaccata, é servito a Penn solo come traccia per costruire un film profondo e commovente utilizzando una tecnica narrativa originale, che attraverso flaschback, lettere sovraimpresse sullo schermo, didascalie e voci narranti, alterna l'esistenza di Chris prima del viaggio in Alaska e la scansione, settimana dopo settimana, dellla solitaria e definitiva esperienza che lo condurrà alla catarsi finale. Va detto che nella realizzazione di questo film non sfugge la decisiva influenza del maestro Terrens Malick che ha diretto in passato Sean Penn nell'indimenticabile "La sottile linea rossa". In questo film non ci si è limitati alla creazione di un'opera esteticamente valida, infatti si riesce con notevole efficacia a sviscerare il dramma familiare che si cela dietro la personalità problematica di Chris, la cui insaziabile ricerca di esperienze estreme vissute in sostanziale solitudine, sembra non essere altro che la fuga disperata da una famiglia dalla quale si sente ingannato. Ripagherà i suoi genitori, colpevoli di un complicato intreccio di relazioni e figli illegittimi, consegnandoli all'immenso dolore rappresentato da un figlio scomparso nel nulla. Chris è fondamentalmente vittima della sua estrema sensibilità, alimentata dai suoi ideali di giustizia e purezza che sembrano isolarlo sempre di più dal resto del mondo. Tuttavia il suo cammino lo porterà ad una visione diversa e più ottimistica della realtà: capirà che "non può esserci felicità senza condivisione"; alla fine vorrà tornare nel mondo ed immaginerà di correre incontro ai suoi genitori per poterli finalmente abbracciare. La vicenda intimamente personale del protagonista si dipana attraverso un romantico e visionario viaggio attraverso un'America dallo spiccato accento "on the road", facendoci visitare territori ed incontrare personaggi definibili come archetipi della mitologia americana. tra gli altri incontriamo quindi Wayne, il pacioso datore di lavoro ed amico di Chris, che vive sprofondato nella provincia rurale; la coppia di hippy attempati Rainey e Jan, che in fuga dal loro passato, vorrebbero accudire Chris come un figlio vagabondando in una eterna vacanza alla ricerca di qualche frontiera perduta; la graziosa, acerba e sensuale folk-singer Tracy (interpretata da Kristen Stewart prima che sprofondasse nel successo datogli dall'agghiacciante saga di Twilight), che offrendosi inutilmente a Chris gli da modo di dimostrare tutto il suo ascetismo. E poi l'indimenticabile Ron-Hal Holbrook, a cui la trasgressiva e allo stesso tempo raffinata esuberanza di Chris dona un ultimo anelito di speranza dopo una vita segnata da dolore e rassegnazione. Cos'altro dire? che bella sorpresa ritrovare nei panni del padre di Chris il migliore William Hurt. Per finire non dimentichiamo la stupenda colonna sonora firmata da Eddie Vedder, letteralmente "poetata" attorno alla figura di Chris McCandeless. Insomma un film tutto da godere.
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writer58
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giovedì 7 giugno 2012
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vita e morte nel grande nord
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"Into the wild" è un film che mi ha emozionato, mi ha riportato a un periodo in cui giravo per l'Europa e l'America Latina in autostop, con una tenda nello zaino, con l'unico obiettivo di raggiungere luoghi solitari e impervi.
La ricerca del protagonista è estrema, senza mediazioni, propria di un giovane idealista di 22 anni: vuole vivere il rapporto con la bellezza e con la natura in modo diretto, solo lui, il suo sguardo, la sua ricerca di assoluto.
Per questa ragione si ribella all'"american way of life", distrugge le proprie carte di credito, cancella le tracce del suo passato, si mette in viaggio senza denaro, rinnega i rapporti convenzionale e ipocriti.
La maestà dell'Alaska, le foreste sconfinate, i corsi d'acqua che, durante il disgelo, diventano prorompenti e scendono rapidi verso valle trascinando la loro portata gigantesca, il relitto di un autobus che offre un riparo provvisorio, tutto ciò fa da cornice a un viaggio inteso come ricerca interiore ed estremo approdo.
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"Into the wild" è un film che mi ha emozionato, mi ha riportato a un periodo in cui giravo per l'Europa e l'America Latina in autostop, con una tenda nello zaino, con l'unico obiettivo di raggiungere luoghi solitari e impervi.
La ricerca del protagonista è estrema, senza mediazioni, propria di un giovane idealista di 22 anni: vuole vivere il rapporto con la bellezza e con la natura in modo diretto, solo lui, il suo sguardo, la sua ricerca di assoluto.
Per questa ragione si ribella all'"american way of life", distrugge le proprie carte di credito, cancella le tracce del suo passato, si mette in viaggio senza denaro, rinnega i rapporti convenzionale e ipocriti.
La maestà dell'Alaska, le foreste sconfinate, i corsi d'acqua che, durante il disgelo, diventano prorompenti e scendono rapidi verso valle trascinando la loro portata gigantesca, il relitto di un autobus che offre un riparo provvisorio, tutto ciò fa da cornice a un viaggio inteso come ricerca interiore ed estremo approdo.
Gli incontri con le persone sembrano segnati fin dall'inizio dal congedo, da abbracci che equivalgono a degli addii, tappe di un percorso che porta il protagonista verso le terre selvagge del grande nord.
Un gran film, pieno di suggestioni intense.
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g.trama
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domenica 27 maggio 2012
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un film sull'elevazione spirituale.
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"Into the Wild" di Penn non è definibile un road movie. Se accettiamo questa accezione, escludiamo road, la strada. Un road movie con pretese, e neanche tanto, di esserlo. Il camper in Alaska è fermo, e non solo simbolicamente, in mezzo il fiume volutamente invalicabile che fa di Alexander Supertramp prima consapevole, poi inconsapevole dei suoi limiti. Quella di Penn è una straordinaria riflessione sulla crudeltà e sul panta rei che la natura inevitabilmente è a scapito di tutto. Associabile questa pellicola con quell'altro straordinario capolavoro di inizio millennio che è "Grizzly Man" del cinico genio Herzog. La netta differenza fra i due film è il sensazionalismo: presente in Penn, assente parzialmente in Herzog, poichè comunque entrambi commuovono e non c'è dubbio su questo.
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"Into the Wild" di Penn non è definibile un road movie. Se accettiamo questa accezione, escludiamo road, la strada. Un road movie con pretese, e neanche tanto, di esserlo. Il camper in Alaska è fermo, e non solo simbolicamente, in mezzo il fiume volutamente invalicabile che fa di Alexander Supertramp prima consapevole, poi inconsapevole dei suoi limiti. Quella di Penn è una straordinaria riflessione sulla crudeltà e sul panta rei che la natura inevitabilmente è a scapito di tutto. Associabile questa pellicola con quell'altro straordinario capolavoro di inizio millennio che è "Grizzly Man" del cinico genio Herzog. La netta differenza fra i due film è il sensazionalismo: presente in Penn, assente parzialmente in Herzog, poichè comunque entrambi commuovono e non c'è dubbio su questo. E l'idealismo dei due protagonisti reali all'interno della lente deformata e deformante della cinepresa contrasta parossisticamente con il corso oggettivo, pratico, pragmatico, inarrestabile della natura: non c'è fuga dalla società se non nella natura selvaggia e selvaggio viene etimologicamente da selva, dal greco sei-ròs, chiaro. Ma la chiarezza, la verità hanno un prezzo, ovvero l'oblio nella natura, la rinuncia del proprio posto all'interno del consorzio civile. Entrambi i protagonisti delle due pellicole, questi guerrieri moderni senza armi offensive, sognano l'Alaska e la raggiungono, l'abbracciano, l'amano per la sua bellezza esteriore e interiore, l'amano fino alla fine, una fine data dalla terra stessa non come condanna, ma come difesa e tutela della propria aggettivazione di selvaggia. Il lavoro estenuante di selezione del materiale filmato dal Grizzly Man Treadwell trova un suo corrispettivo equivalente nella durata "finzionale" dell'opera di Penn, poco meno di due ore e mezza. Entrambi i registi perciò creano, ma costruiscono anche, ovvero sono insieme artisti e artigiani, lodevoli per questo, sinceri fino in fondo e professionalemente impegnati. La poetica e l'estetica fanno il resto, quando, come Bene diceva, estetica ed etica sono la medesima cosa. L'etica di un tedesco lungimirante nei confronti di una società a lui aliena e l'etica di un "americano" al cento per cento, familiare con quella stessa società, ma aspramente critico nei confronti della stessa. E il pessimismo non è anti-hollywoodiano o anti-sensazionalista, ma ha ambizioni ben più elevate, è imprescindibilmente connesso all'esito della lotta impari combattuta dai "folli" protagonisti dei due film. E mai più follia fu meritata, mai più follia venne guadagnata da Supertramp, durante la sua esistenza egregiamente rappresentata e immaginata da Penn, seguendo la massima di Thoreau: "unless above himself he can erect himself, how poor a thing is man!" ("a meno che da se stesso non sappia ergersi, che povera cosa è l'uomo!").
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picassa
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venerdì 6 aprile 2012
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missione compiuta!
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segui il film e cambi insieme al protagonista.
alla fine non sei più lo stesso
la tua opinione sul mondo ha cambiato alcune sfumature
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bella earl!
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mercoledì 28 dicembre 2011
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per riflettere sul consumismo. per amare la natura
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- Se vuoi qualcosa nella vita allunga la mano e prendila. -
Christopher McCandless è stanco. Stanco del consumismo che corrompe gli animi della gente, stanco dei suoi genitori, stanco della tipica vita americana. E' un ragazzo come tanti altri che coi voti che ha potrebbe andare alla facoltà di legge di Harvard. Eppure sente che la sua via è un'altra. Non vuole più sottostare alle regole dei genitori, vuole vivere la sua vita al meglio. E per farlo deve solo toccare la natura, la realtà con un dito. Deve andare in Alaska. Durante il suo lungo viaggio egli incontrerà persone che gli cambieranno la vita e a cui lascerà un pezzetto di cuore.
Sean Penn dirige con una regia magistrale un film che resta nel cuore dello spettatore invitandolo a riflettere sulla sua vita, la sua condizione e la natura in tutte le sue più piccole sfumature.
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- Se vuoi qualcosa nella vita allunga la mano e prendila. -
Christopher McCandless è stanco. Stanco del consumismo che corrompe gli animi della gente, stanco dei suoi genitori, stanco della tipica vita americana. E' un ragazzo come tanti altri che coi voti che ha potrebbe andare alla facoltà di legge di Harvard. Eppure sente che la sua via è un'altra. Non vuole più sottostare alle regole dei genitori, vuole vivere la sua vita al meglio. E per farlo deve solo toccare la natura, la realtà con un dito. Deve andare in Alaska. Durante il suo lungo viaggio egli incontrerà persone che gli cambieranno la vita e a cui lascerà un pezzetto di cuore.
Sean Penn dirige con una regia magistrale un film che resta nel cuore dello spettatore invitandolo a riflettere sulla sua vita, la sua condizione e la natura in tutte le sue più piccole sfumature. Deciso a portare sul grande schermo questa storia, Penn, si avvale della collaborazione dei più esperti uscendo vittorioso da questa sua scelta e vedendo realizzata una grande opera. Il cast è appropriato e il personaggio prende vita nel giovane volto di Emile Hirsch perfetto nel ruolo. Bravissimi anche Jena Malone nel ruolo della sorella, Vince Vaughn nel ruolo di Wayne e Kristen Stewart nel ruolo di Tracy.
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cosimuzzo
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mercoledì 14 dicembre 2011
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Into the Wild è un film lodevole, che dimostra le grandi capacità registiche di Sean Peann ed è al tempo stesso un manifesto della fuga, dalla società, dalla famiglia materialista alla ricerca di una felicità che è facile guadagnarsi. Facile perchè non ci obbliga a nessuna responsabilità nei confronti di nessuno, specialmente dei genitori che ci hanno cresciuto ed educato. E' facile per qualsiasi adolescente scappare dal mondo infelice di una famiglia chiusa, dove non c'è dialogo e comunicazione, ma arroganza, provincialismo e ignoranza. Il difficile è restare, capire che per ribellarsi ci sono molte vie, molti modi, quello di Cristopher mi è sembrato il modo più facile, più ingenuo e il più pericoloso.
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Into the Wild è un film lodevole, che dimostra le grandi capacità registiche di Sean Peann ed è al tempo stesso un manifesto della fuga, dalla società, dalla famiglia materialista alla ricerca di una felicità che è facile guadagnarsi. Facile perchè non ci obbliga a nessuna responsabilità nei confronti di nessuno, specialmente dei genitori che ci hanno cresciuto ed educato. E' facile per qualsiasi adolescente scappare dal mondo infelice di una famiglia chiusa, dove non c'è dialogo e comunicazione, ma arroganza, provincialismo e ignoranza. Il difficile è restare, capire che per ribellarsi ci sono molte vie, molti modi, quello di Cristopher mi è sembrato il modo più facile, più ingenuo e il più pericoloso. Mi direte che la fuga di Chris è stata una forma di protesta nei confronti di una società dedita al materialismo, al denaro. Niente di più vero, ma la voglia di ribellarsi è insita in ogni singolo essere umano. Chris ha percorso la via più semplice, senza programmi, ma con solo l'arroganza di potersi rifare una vita lontano dalla sua famiglia, che ha tanto odiato, e che lo ha tanto fatto soffrire. Non c'è virtù nel suo modo di comportarsi, non c'è onestà verso la vita e verso le persone che lo circondano, solo ingenutà adolescenziale. Mi ritrovo a commentare le gesta di Chris perchè evidentemente sento vicino la sua sofferenza, ma non condivido le sue azioni.
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jonny settemezzo
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domenica 20 novembre 2011
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quasi emozionante
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In questo film Sean Penn narra la storia di Christopher McCandless, dell'evasione dalla vita, della ricerca della felicità interiore.
L'aspettativa era quella di troversi di fronte alla fuga dalla realtà, all'allontanamento dall'inerzia quotidiana
per liberare lo spirito attraverso un viaggio che avrebbe portato alla simbiosi con la natura, all'autentico valore della vita che
forse si connosce proprio quando ci si ritrova distesi puntando il cielo o osservando le calde distese innevate.
La percezione, invece, è stata quella di due mondi separati Chris e tutto il resto. Il fatto che Chris si trovasse
a contatto con una natura che, ti toglie il fiato, non mi ha emozianato.
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In questo film Sean Penn narra la storia di Christopher McCandless, dell'evasione dalla vita, della ricerca della felicità interiore.
L'aspettativa era quella di troversi di fronte alla fuga dalla realtà, all'allontanamento dall'inerzia quotidiana
per liberare lo spirito attraverso un viaggio che avrebbe portato alla simbiosi con la natura, all'autentico valore della vita che
forse si connosce proprio quando ci si ritrova distesi puntando il cielo o osservando le calde distese innevate.
La percezione, invece, è stata quella di due mondi separati Chris e tutto il resto. Il fatto che Chris si trovasse
a contatto con una natura che, ti toglie il fiato, non mi ha emozianato. Mi sono chiesto il perchè e ho trovato due possibili risposte:
la prima è che il regista non abbia saputo fondere i due mondi e quindi come detto inizialmente Penn ha raccontato la vicenda
personale di McCandless;
la seconda , a cui credo maggiormente, è che per cogliere l'immensità delle cose terrene, la profondità del cielo,
la leggerezza del mare, il calore della neve bisogna essere felici con se stessi e per la vita, amare e amarsi ed abbandobnare
il tormento, cosa che non è riuscita a Chris. Non era quindi l'evasione dalla vita, la ricerca della felicità, un viaggio di vita,
ma solo un modo diverso di staccare con una vita già conclusa prima dell'Alaska. Penn, in quest'ottica, è stato bravo a
realizzare, però, un "film documentario".
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