
Anno | 2025 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 88 minuti |
Regia di | Giacomo Gatti |
Uscita | giovedì 5 giugno 2025 |
Distribuzione | Draka |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento martedì 3 giugno 2025
Il lavoro non è solo necessità, ma atto di creazione e partecipazione umana. In Italia al Box Office L'energia della creazione ha incassato nelle prime 5 settimane di programmazione 3,7 mila euro e 2,9 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO NÌ
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Come può l'umanità avere ancora fiducia nel futuro, nel progresso, nel cambiamento in meglio e non in peggio? La risposta che questo film cerca e trova risiede nel lavoro, nell'attività intellettuale e artigianale come atto di ricerca e creazione. Solo il lavoro alimenta il progresso e crea comunità; solo il lavoro unisce mani, idee, progetti, sogni. Attraverso una serie di esempi virtuosi, il ruolo della scienza, della filosofia, del pensiero e della manualità sono analizzati in quattro capitoli: la scienza come strumento di pace, il pane come simbolo di rigenerazione, l'errore come fonte di innovazione e la comunità come modello di sviluppo sociale.
Il lavoro, ha detto il regista Giacomo Gatti, «è un frammento dell'evoluzione umana, un atto che trascende il presente e abbraccia l'infinito. Perché, come raccontiamo nel film, la materia che accende il pensiero dell'uomo è la stessa che illumina le stelle».
Il progetto di Gatti è dunque quello di incontrare più persone impegnate in diverse attività, scienziati nucleari, imprenditori, panificatori, progettatori, studenti in ingegneria, agricoltori, impiegati del terzo settore, apicoltori e altri ancora, e soffermarsi sul senso del lor impegno pratico e ideale.
Si parte da Cadarache, in Francia, dal centro ITER - Progetto internazionale fusione nucleare, nato nel 2006 per costruire un reattore termonucleare sperimentale e dimostrare l'utilità della fusione nucleare per la produzione di energia su scala industriale. «Vogliamo realizzare il sole sulla terra», dice uno degli ingegneri italiani intervistati (frontalmente, nel modo più ovvio possibile, come se il film, più che un film, fosse un reportage televisivo...), «uno sforzo paragonabile a quello di mandare un uomo nello spazio».
Poi si passa a Bologna, presso il panificio Longoni, il cui responsabile celebra il proprio lavoro come espressione di una catena alimentare completa, dalla terra al consumatore, e nel corso del frammento incontra sia il progettista del suo laboratorio, sia il contadino-filosofo che cita Kant («Il ricco è quello che sa rinunciare alla proprietà con dignità») e intende il progresso come modo per migliorare il terreno per le generazioni successive.
Il tono del film è edulcorato, espositivo, educativo, tanto più quando nel terzo passaggio i protagonisti diventano gli studenti del Politecnico di Milano, impegnati nella progettazione di un'auto da corsa con progettisti e imprenditori (o editori come quelli di Domus, che realizzano «Quattroruote») e che si sporcano le mani dentro gli stabilimenti e sul campo. Qui i passaggi fondamentali sono legati al rapporto tra teoria e pratica («Il lavoro è il momento che dà soddisfazione alla parte di studio», dice uno degli intervistati), alla necessità dell'errore come spinta al miglioramento («A volte si fanno le cose sbagliate, e lì capisce fin dove ci si può spingere») e alla sperimentazione come superamento di limiti fisici e ideali («Per creare è necessario trovare un posto per sperimentare. E se quel posto non c'è, lo si costruisce»).
Il viaggio di L'energia della creazione termina con la necessità di ricostruire comunità laddove c'è abbandono (in una ex baraccopoli di Messina), disoccupazione (con l'esempio virtuoso di un birrificio siciliano riportato in vita dagli ex operai riunitisi in cooperativa) o voglia di sfruttare le risorse della terra e della natura: come in un'azienda di apicoltori, ad esempio, o grazie a gruppi di giovani che praticano il funambolismo (o meglio, slackline).
«Il lavoro può essere un semplice mezzo per guadagnarsi il pane o l'aspetto più significativo della nostra vita interiore», dice una frase del sociologo Charles Wright Mills messa in apertura: da qui, arrivati al fondo, si comprende come ogni aspetto del film sia guidato da uno spirito al tempo positivista e umanista, unendo gli opposti della pratica e della teoria, dell'artigianato e della filosofia, e provando a credere ancora, in tempi di distopie, nelle sorti umane e progressive. Basterà un film?
Ho trovato che questo film racconta il lavoro in modo profondo ma accessibile, facendoti vedere quanto possa essere creativo e pieno di senso. Ogni giorno ci arrivano notizie brutali e scoraggianti, qui c?? lo sforzo sincero di dare speranza, senza mai essere banali. Esci dalla sala con voglia di fare, di creare, di metterci del tuo.
Ci sono gi? troppi film in giro che parlano del lavoro solo come conflitto. Qui ? raccontato come qualcosa che unisce le persone, le idee, i sogni. Ci sono storie che fanno venire voglia di credere ancora nel cambiamento e in quello che ognuno di noi pu? fare, anche con le mani. Ti lascia addosso una bella energia. Lo porterei ovunque: universit?, scuole, carceri.
C'è chi pratica agricoltura sostenibile, chi si interroga senza pregiudizi sulle possibilità del nucleare, chi studia con dedizione la componentistica per automobili. E ancora: chi fa apicoltura consapevole, o impasta il pane prendendosi cura di tutta la filiera. A tenere insieme storie tanto diverse, l'avrete capito, è un'idea di imprenditoria illuminata, come sottolineano enfaticamente i tanti testimonial [...] Vai alla recensione »