Into the wild… film acclamato dalla critica e sorretto dai soliti sostenitori, derisori di una società ormai orientata al disfacimento. Esiste un tempo per le sfide nella mentalità di un giovane adolescente, un tempo in cui famiglia e soliti inculcati valori vanno lasciati alle spalle. E’ il tempo del diventare grande, il tempo della maturazione. Ma far di questo tempo, di questa esperienza giovanile un affronto alla sfida stessa che si racchiude nel termine adolescente è qualcosa di troppo. Il film non rappresenta il glorioso raggiungimento di una superiore libertà ma il profondo disprezzo per ciò che ci caratterizza. La società è imbastardita, nulla, deficiente di fronte a sfide comuni e a riguardati obiettivi. La critica è buona, ma ciò che spaventa è la soluzione. Non è un superomismo nietzscheano quello che vi troviamo ma una semplice debolezza portata a compimento da una mente debole e incapace di sostenere le violenze mondane. Suicidio signori, niente più che semplice suicidio:un suicidio voluto e improvvisato, risultato di una debolezza che ha impedito al giovane protagonista di affrontare i grandi problemi che giravano intorno a se. Sarebbe bastato accorgersi di essere un perno, di essere un inabile fulcro di una situazione familiare al limite del possibile per evitare 40000 km in giro per stati uniti e messico alla ricerca di qualsivoglia soluzione a un problema che andava affrontato a livello subconscio.
Per diventare grandi, per mirare la libertà suprema sarebbe bastato dare uno stop a tale situazione:porsi in gioco,criticare se stessi, criticare il padre , la madre, il forviante pensiero secondo cui il ricco è giusto. Conosco ragazzi che hanno affrontato la situazione dentro le familiari muraglie con il solo risultato di restare isolati nella propria casa. Conosco ragazzi che hanno messo in gioco se stessi per rinsaldare voluti rapporti con forzuti ragionamenti, contrastando facili prese di posizione concluse dopo ragionamenti intarsiati su mentalità popolari e retrograde. Il fuggire, così esaltato nel libro è in realtà debolezza e armistizio. Provi il giovane viaggiatore a reinterpretare il viaggio come guerra interiore, provi esso a riaffrontare il viaggio partendo dalla base del suo intelletto. Si accorgerà questo di essere una debole dolce figura in fuga da colpe che non ha commesso ma che si è trascinato con se a furia di fuggire da responsabilità che eran tanto sue tanto del mondo che lo circondava.
Se lasci qualcosa lo devi lasciare senza rimorsi, senza pericolosi sentimenti che mangiano e corrodono l’anima. La libertà è un miraggio senza queste premesse e il finto sorriso che lo accompagna nell’ultima testimonianza tangibile di se è l’ineccepibile trionfo di un’ipocrita vittoria su una guerra mai stata combattuta.
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