Un documentario poetico nei boschi, tra animali e suoni ancestrali che trasforma la natura in meditazione su tempo, memoria e vita.        Espandi ▽
    
    
        
        
        Un nonno, suo figlio e il figlio del figlio: Michel, Vincent (il regista) e Simon. Tre maschi di età diverse che condividono l’esperienza, più che consapevoli della sua rarità, di osservare da vicinissimo la natura. Rispettandola. Nelle foreste di conifere del dipartimento francese dei Vosgi, come a una base sicura dopo le loro esplorazioni, tornano in una baita di legno illuminata solo da candele. Sospeso tra i codici documentaristici e una sorta di sceneggiatura in cui i dialoghi tra familiari assomigliano a una fiaba sapienziale, 
Whispers in the Woods è anche una formidabile occasione, che la visione in sala esalta al massimo, di disintossicazione dal rumore, che oggi non è più solo urbano ma ormai invade ogni spazio, anche periferico. Ricco di spunti didattici e pensato, in una schematica tripartizione, come un romanzo di formazione, ricorda anche l’irrilevanza dell’umano (“siamo in ciò che passa”), la continuità di vita e morte, che si riflette nel passaggio di testimone e di saperi tra generazioni ma anche nel ciclo degli esseri viventi, quali le piante.