Il 23 agosto è stato distribuito nelle sale
Last film Show dell’indiano
Pan Nalin.
La sua promozione è capillare. I produttori ci contano. Nei cinema è stato un trionfo
Barbie, che ha sublimato quel mito che compie 64 anni. Ci voleva, a fronte della dolorosa chiusura del cinema Odeon.
Nalin racconta di Samay, bambino indiano decenne che rimane incantato quando per la prima volta vede un film nella sala del suo paese. L’impatto è tale che il resto della vita conta pochissimo, a cominciare dalla scuola. Trovato senza biglietto viene buttato fuori, ma non si arrende, diventa amico del tecnico del proiettore e continua nella sua missione. Ma fa di più, come un piccolo precoce critico, racconta tutto ai suoi amici, la magia della sala, della visione, della fantasia e della luce. Il padre finisce per capire la passione del figlio. Ottima cosa.
Naturalmente il richiamo a
Nuovo cinema Paradiso è immediato e automatico. Anche in quella sala c’era il bambino Salvatore incantato, c’era il tecnico amico e tutto il resto della magia del cinema. Samay e Salvatore sono davvero… amici per la pelle.
Fa parte del mio schema il richiamo, una retrospettiva storica del tema. Le sale nei film sono la cosa più naturale. Le troviamo in migliaia di titoli e alcune hanno fatto culto e storia. Il ricordo è dedicato ai maestri, ai giganti che hanno girato i film. Tutti profondamente innamorati della Sala.
Fellini. In
Amarcord il cinema Fulgor ha un ruolo. E’ l’unica sala del borgo, importante per la gente. Il momento è particolarmente felice. La platea è incantata da
Gary Cooper, protagonista in
Addio alle armi.
Fellini-
Germi. In
Divorzio all’italiana a
Mastroianni occorre che la città sia deserta. Lo soccorre
La dolce vita, il film scandalo che attira tutti gli abitanti, incantati dalla sequenza della
Ekberg nella fontana di Trevi.
Woody Allen. E’ il principe delle sale. Indimenticabile
La rosa purpurea del Cairo, dove Cecilia, incantata dal personaggio di Tom protagonista del film, se lo vede uscire dallo schermo ed entrare nella vita reale.
In
Io e Annie (
guarda la video recensione),
Woody, in compagnia di
Diane Keaton è in fila per entrare in un cinema.
Dietro di loro un tale fa dei commenti, negativi e strampalati su
Fellini.
Woody si trattiene a stento ma esplode quando l’altro dice che anche Marshall McLuhan, il grande critico, è d’accordo con lui. Il critico è nei paraggi e
Allen gli chiede di intervenire. McLuhan non si fa pregare, si rivolge al chiacchierone. “Lei non sa niente di me. Dice solo fesserie.”
Woody, rivolto all’obiettivo: “Che bello se la realtà fosse questa.”
Martin Scorsese. Altro regista che appena può si “rifugia” nelle sale. In
Hugo Cabret, fa passare sul grande schermo la prima sequenza del cinema dei Lumière, L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat. e spezzoni del mitologico proiettile nell’occhio della luna di George Méliès.
Hitler, Göring e Himmler non sono morti suicidi a Berlino o a Norimberga.
Quentin Tarantino li ha fatti saltare in un cinema parigino per un attentato della Resistenza francese in
Bastardi senza gloria.
Steven Spielberg. 1952: in
The Fabelmans, il bambino Sammy, alter ego di
Steven, al cinema, assiste alla proiezione de Il più grande spettacolo del mondo, di
De Mille. L’incidente devastante del treno con tutto il “circo” a bordo lo impressiona a tal punto che segnerà il suo destino di regista.
Luchino Visconti. In
Bellissima,
Anna Magnani dalla sua finestra vede un cinema all’aperto in Roma. A un primo piano di
Burt Lancaster esclama “Quanto me piace quel Burt.” Il sortilegio, forte, del cinema vedrà, quattro anni dopo, Anna a Hollywood, protagonista de
La rosa tatuata, al fianco di…
Burt. E con tanto di Oscar.
Certo, tutto questo è la punta di infiniti iceberg.