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XX secolo. L'invenzione più bella, i film di Suso Cecchi D'Amico al cinema La compagnia

Da Rocco e i suoi fratelli a Senso, ecco il programma dedicato alla sceneggiatrice che conosceva la vita delle persone. Dal 10 al 13 febbraio.
di Pino Farinotti

lunedì 7 febbraio 2022 - Focus

Sapeva guardare al mondo con una visione che estraeva dal normale momenti di eccezione, verità nascoste e poesia. Conosceva la vita delle persone. Faceva parte di quel gruppo che inventò quel cinema, che faceva scuola nel mondo e che ceravano di imitarci, inutilmente. Alcuni nomi vanno fatti: Zavattini, Amidei, Guerra, Carpi, Age e Scarpelli, Maccari, Scola, Sonego, De Concini. Di questo cast grandioso Suso Cecchi D'Amico era l’attrice protagonista. Era gente che raccontava il Paese com’era e te lo faceva capire. Ed era più efficace, in quel senso, di molti scrittori di letteratura nobile, certo fini interpreti dell’animo umano ma con una visione personale non sempre accessibile a tutti. Va anche detto che la gente frequentava i cinema più dei libri.
La Cecchi d’Amico (1914-2010) - a cui il cinema La Compagnia di Firenze dedica una retrospettiva dal 10 al 13 febbraio nell'ambito della rassegna XX secolo. L'invenzione più bella - nasce molto bene. Figlia di Emilio Cecchi, critico letterario sposerà Silvio d’Amico critico musicale. Già ragazzina frequenta gli ambienti giusti e assume al meglio la cultura di quegli anni. Il primo esercizio artistico è la traduzione e quando decide di scrivere per il cinema l’esordio è promettente e fortunato. I suoi mentori si chiamano Federico Fellini e Luigi Zampa.
Corre l’anno 1946. Due anni dopo, in ditta con Cesare Zavattini scrittore e Vittorio De Sica regista, firma la sceneggiatura di Ladri di biciclette (guarda la video recensione). Ritenuto da molti il capolavoro assoluto del cinema italiano. Non solo un film ma un’opera d’arte generale. Da quel momento Suso domina le storie. La cercano i più importanti maestri. A cominciare da Luchino Visconti che la introduce al teatro e le affida la scrittura di quasi tutti i suoi film a cominciare da Bellissima. È il momento degli “autori”, ed ecco Michelangelo Antonioni che la chiama per i due titoli prima della trilogia della cosiddetta incomunicabilità: La signora senza camelie e Le amiche, tratto da Cesare Pavese. Profondo è il rapporto con Franco Zeffirelli, per il quale scrive tre opere importanti: La bisbetica domata, Fratello sole, sorella luna e Gesù di Nazareth. Martin Scorsese, che ha sempre dichiarato il suo debito artistico verso il cinema del realismo italiano, chiama Suso, che occupa uno spazio importante “nella sua gerarchia del cuore” a collaborare alla scrittura del documentario Il mio viaggio in Italia. È ancora vitale, novantaduenne, quando viene chiamata da Mario Monicelli per Le rose del deserto e da Giulio Base per L’inchiesta.

IL PROGRAMMA
Giovedì 10 febbraio
ore 15.00 - ROCCO E I SUOI FRATELLI di Luchino Visconti

La storia di cinque fratelli lucani immigrati a Milano con la madre dà modo al regista di realizzare un potente affresco, che ha i toni della tragedia greca, sullo sradicamento dei meridionali. Rocco, interamente buono (un personaggio ispirato all’Idiota di Dostoevskij), cerca di tenere unita la famiglia, accettando perfino di intraprendere l’odiata carriera di pugile; ma tutto è inutile: Simone prende una brutta strada e finisce per ammazzare una povera prostituta, sua ex amante, che ora gli preferisce Rocco; Vincenzo rinnega la sua origine contadina diventando un piccolo borghese; Ciro è pure costretto a rifiutare le proprie origini diventando operaio. La speranza di un ritorno al sud rimane solo al più piccolo, Luca.
Il film è probabilmente il capolavoro di Visconti e si avvale di un ottimo cast e di eccellenti collaboratori (Pratolini e Suso Cecchi D’Amico per il soggetto, Festa Campanile, Franciosa e Medioli per la sceneggiatura, Rotunno per la fotografia, Rota per le musiche). Produzione del 1960, durata 180′. Leone d’argento a Luchino Visconti alla Mostra di Venezia.

ore 21.30 - PROCESSO ALLA CITTÀ di Luigi Zampa
Vigorosa rievocazione del processo Cuocolo che scosse l’opinione pubblica a Napoli all’inizio del ventesimo secolo. Uccidono un noto rappresentante della camorra. Il giudice Spicacci riesce a isolare una “rosa” di possibili colpevoli e spicca una serie di mandati di cattura. Ma gli indiziati hanno potenti amicizie negli ambienti più su della città. Spicacci viene tormentato (anche dalla moglie) perché desista. Sta quasi per persuadersi, ma un nuovo delitto lo convince ad andare fino in fondo. Il film fu apprezzato all’estero. Il magazine Il Cinema, grande storia illustrata scriveva: “Zampa ebbe dal 1946 al 1952 il suo periodo d'oro. Né mancò di derivare ispirazione dall'estero, specie in Francia, dove cercò suggerimento per il riuscito Processo alla città nella produzione di dotati polemisti come Cayatte, in guerra contro la prassi della giustizia”. Compagni di sceneggiatura di Cecchi d’Amico, oltre allo stesso regista: Turi Vasile, Ettore Giannini, Francesco Rosi e Diego Fabbri. Produzione del 1953, durata 98′.


Venerdì 11 febbraio
ore 15.00 - I MAGLIARI di Francesco Rosi

In Germania, un gruppo di napoletani si mette nel mercato delle stoffe. Un gruppo concorrente di esuli polacchi crea mille difficoltà obbligando gli italiani a fare e disfare alleanze con un ricco industriale tedesco. Tra tanti affari, una storia d’amore tra la bella moglie di Mayer e Mario, giovane operaio. I due, comunque, si lasciano quando Mario decide di abbandonare tutto e tornare in Italia. Francesco Rosi ottenne che il film venisse girato dove si svolgeva la storia, cioè in Germania fra Hannover e Amburgo. E coinvolse alcuni veri magiari che diedero indicazioni che gli attori accolsero in pieno. La vicenda vive sull’antagonismo fra Mario (Salvatori) e Totonno (Sordi) caratteri e morale molto diversi. A dominare è Alberto Sordi, ricordabile nella sua finta autocoscienza finale. Oltre alla Cecchi d’Amico scrissero anche Francesco Rosi e Giuseppe Patroni Griffi. Produzione del 1959, durata 107’.

ore 19.00 - CARO MICHELE di Mario Monicelli
Michele è un giovane ex sessantottino emigrato a Londra, da dove continua a scrivere lettere ai suoi familiari, all’amico “particolare” Osvaldo e alla giovane Mara, una ragazza un po’ svitata il cui figlio potrebbe essere di Michele. Mara conosce i familiari di Michele, tipici personaggi borghesi assai diversi da lei, e poi parte per girare l’Italia in taxi con il suo bambino, mentre arriva la notizia che Michele è morto in una sommossa studentesca a Bruges. Il romanzo di Natalia Ginzburg del 1973, da cui il film è tratto, affrontava il tema della disperazione giovanile dopo gli anni rivoluzionari del ’68. Monicelli si concentra in particolare sul personaggio di Mara, che è la bravissima Mariangela Melato, facendone un'hippy piena di coraggio e aggressività, diversa dalla ragazza del romanzo. Michele, come nel libro, non compare mai. Interpretano piccole parti alcuni famosi non-attori come il regista Eriprando Visconti, lo sceneggiatore Fabio Carpi e il poeta Alfonso Gatto, nel ruolo del padre di Michele. Spicca nella scrittura, la firma di Tonino Guerra. Il film ha ottenuto l’Orso d’argento per Mario Monicelli al Festival di Berlino. Produzione del 1976, durata 115’.


Domenica 13 febbraio
ore 15.00 - SENSO di Luchino Visconti

La contessa Livia Serpieri, moglie di un aristocratico filoaustriaco, parteggia segretamente per i patrioti italiani. L’incontro con un giovane ufficiale austriaco, Franz Mahler, è fatale. La contessa si innamora perdutamente del giovane, che sembra ricambiarla. In realtà l’uomo cerca di ottenere del denaro per comprare il suo esonero. È la vigilia della battaglia di Custoza. Avuto il denaro il giovane scompare. Accecata dalla gelosia, Livia, dopo un drammatico confronto con l’ex amante, lo denuncia. L’uomo viene fucilato sotto gli occhi della donna, ormai preda di una follia senza speranza.
Senso è un film che rasenta la perfezione. Frutto di tutte le belle qualità del regista, messe assieme, la pellicola ha una carica espressiva di inestinguibile bellezza. L’inizio nel teatro, davvero travolgente, sembra dire che la realtà di quel momento storico non poteva che essere rappresentata con enfasi lirica.
L’impeto del tenore, che intona il celebre di quella pira, le uniformi bianche degli ufficiali austriaci e la pioggia di volantini tricolori dipingono con rapidi e magistrali tocchi il momento storico. Sequenza da incorniciare. Come i rumori delle battaglie e lo slancio passionale di Alida Valli. Franz Mahler, autentico angelo del male, doveva in un primo tempo essere interpretato da Marlon Brando. Per quanto Farley Granger sia bravo non possiamo che rimpiangere questa assenza.
Unico punto debole, facilmente individuabile, è la collaborazione ai dialoghi di Tennessee Williams e Paul Bowles, lontani dalla materia che compone il film. La loro influenza si evidenzia soprattutto nella sequenza nella quale la contessa Serpieri scova il suo amante con una giovane prostituta. La violenza dei dialoghi sembra condurre il film nelle paludi tenebrose del Sud degli Stati Uniti. L’uso del colore è strepitoso. Sorprendente l’omogeneità, nonostante la collaborazione di tre diversi direttori della fotografia.
Morto in un incidente durante le riprese G.R. Aldo (Aldo Graziati), fu sostituito da Robert Krasker. Mentre la fulminante sequenza della fucilazione è opera del quasi esordiente Giuseppe Rotunno.
Senso, tratto da un racconto breve di Camillo Boito, può essere considerato il film più viscontiano del suo autore e vanta una perfetta aderenza al clima storico che rappresenta. Produzione del 1954, durata 115’.


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