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Capri Hollywood 2020, un successo totalmente in streaming

"Siamo una piccola ma determinata realtà indipendente che si batte per le eccellenze italiane." Il direttore Pascal Vicedomini racconta l'esperienza dell'evento svolto su MYmovies.
di Tommaso Tocci

venerdì 8 gennaio 2021 - mymovieslive

Con il 2020 se ne è andata anche l’ultima edizione del Capri Hollywood - The international Film Festival, che quest’anno ha tagliato il traguardo del quarto di secolo. Da sempre orientato alla promozione del cinema italiano in ottica del mercato a stelle e strisce, l’appuntamento di Capri si è quest’anno svolto per la prima volta interamente in digitale sulla piattaforma di MYmovies. Ne abbiamo discusso con il direttore e fondatore dell’evento, Pascal Vicedomini.
 

I venticinque anni alla guida di Capri Hollywood sono arrivati assieme a uno stravolgimento nelle modalità dovute all’emergenza sanitaria. È soddisfatto dei risultati?
Direi che è stato un successo assoluto, la degna celebrazione di venticinque anni di storia. Ci hanno inviato film da 90 paesi, e siamo molto sorpresi dalla risonanza mediatica che siamo riusciti a raggiungere, segno che il nostro festival continua a suscitare attesa a livello internazionale, come del resto già sapevo.

Cosa è cambiato per Capri Hollywood con la versione digitale?
Abbiamo avuto dei riscontri di cui sarà difficile non tenere conto, d’ora in avanti. A mio avviso in futuro tutte le organizzazioni dovranno pensare a impostare due festival in parallelo, uno fisico e uno digitale. Questo ci dicono gli ottimi dati della visione in streaming.

Il suo festival ha una struttura inusuale per quanto riguarda la selezione e la premiazione. Non avete cambiato nulla per questa edizione così particolare?
Abbiamo nel board diverse eccellenze in ogni settore. Non vogliamo essere un festival chiuso, con gli amici degli amici. L’aspirazione è sempre di aprirsi anche a livello internazionale, incorporando i vincitori passati nel processo di selezione futura. Tra Los Angeles e Capri abbiamo costruito una rete di artisti che si esprimono nella ricerca dei film a cui dare visibilità.

Con un processo così decentralizzato non rischia di mancare una visione d’insieme?
Secondo me la visione d’insieme è un concetto antico. Anche le giurie dei festival internazionali sono un po’ antiche, con verdetti troppo spesso frutto di mediazione. Giudicare l’arte è un po’ strano. Se si lascia il giudizio della vita di un film a un cinefilo puro che però non tiene conto dei fattori distributivi, si rischia che l’opera non arrivi mai al pubblico. I premi devono vincerli film che meritano sia dal punto di vista critico che popolare.

Una filosofia che guarda al mainstream, dunque.
Certo. E soprattutto all’eccellenza. Tra i nostri premiati ci sono tantissimi vincitori di Oscar. Abbiamo un po’ di tutto, dai giovani come Pietro Castellitto a grandi film come The trial of the Chicago 7. Negli anni abbiamo avuto a Capri tanti nomi di belle speranze che nessuno conosceva, e che oggi sono dei divi in America. Ricordo anche tra gli italiani Edoardo Leo, che portammo negli Stati Uniti con il suo primo film da regista.

Come sono nate le retrospettive e gli omaggi di quest’anno ad alcuni grandi nomi del cinema italiano?
Sorrentino è stato il nostro padrino e ha premiato Antonio Capuano. Ci è sembrato giusto programmare alcuni suoi film. Abbiamo avuto Gianfranco Rosi, che è il candidato italiano agli Oscar, e volevamo quindi sostenerlo. Gianfranco è un affabulatore, intriga, desta attenzione ovunque vada. Per questo abbiamo aperto il festival con un evento faccia a faccia che lo ha visto protagonista. È stata la prima retrospettiva italiana su Rosi in assoluto, cosa che ci rende molto felici. Abbiamo cercato di essere “sul pezzo” anche con nomi più giovani, ad esempio premiando Salvatore Esposito e Matilda De Angelis, protagonisti di serie americane come Fargo e The undoing. Cerchiamo di cogliere tutti i fatti salienti dell’anno che va a concludersi e anticipare ciò che verrà.

Come descriverebbe l’atmosfera durante il festival a Capri, che ovviamente è mancata quest’anno?
Siamo sempre tra classico e il moderno, tra cult e pop. Del resto è questo il carattere di Capri, che è l'isola dell’accoglienza, aggregante. Chi la visita si può trovare seduto di fianco a uno studente così come a Julia Roberts. Per 25 anni le nostre proiezioni sono state gratuite e aperte al pubblico. Chi prima arriva si siede. E il successo digitale di quest’anno mi rende felice perché cancella la menzogna di alcune persone gelose, secondo le quali saremmo soltanto una destinazione vacanziera invernale per i divi. Anche senza poter accedere a Capri, più di ottanta artisti hanno partecipato alle nostre iniziative e incontri.

Dopo venticinque anni, come si è evoluto ed è cambiato il festival che lei ha fondato?
Non è cambiato affatto, dal primo giorno a oggi. Capri è come Venezia e Roma, come Parigi e New York: un’attrazione turistica globale, una garanzia d’estate come d’inverno. Abbiamo mantenuto sempre lo stesso spirito, è tutta una questione di arte e amicizia. Proprio per questo spero che Laura Pausini vinca l’Oscar per la canzone del film La vita davanti a sé, e che lo vinca anche la protagonista Sophia Loren. Sarà un anno anomalo per gli Oscar, in cui deve vincere il simbolo più che il solo talento. Noi siamo sempre in prima fila per il sostegno durante gli Academy awards. Ricordo con orgoglio l’Oscar per Lina Wertmüller, che fu la nostra prima madrina. Ci siamo spesi per la sua campagna, come avevamo fatto per la stella sulla Walk of fame per Morricone, Bertolucci e la stessa Lina. Siamo una piccola ma determinata realtà indipendente che si batte per le eccellenze italiane.
 


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