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Nuovo Cinema Napoletano

Uno sguardo sul cinema napoletano contemporaneo.
di Fiorella Taddeo

La rinascita di una città difficile
Silvio Orlando (66 anni) 30 giugno 1957, Napoli (Italia) - Cancro. Interpreta Michele Casali nel film di Pupi Avati Il papà di Giovanna.

martedì 9 settembre 2008 - Focus

La rinascita di una città difficile
Una Napoli appena accennata (il Centro Direzionale riconoscibile solo dagli habitués). Donne bellissime ed eleganti. Colori sgargianti e atmosfere pop. E poi sguardi verso l'universo almodovariano, tradimenti, una sottile verve ironica che percorre tutto il film, ed ecco la nuova opera (7 anni dopo Chimera) di Pappi Corsicato. Con Il seme della discordia, una commedia leggera, esteticamente ricercata, ma che forse punta troppo solo su forma e divertissement, il regista napoletano ritrova il pubblico, e, ultimo in ordine di tempo, propone un'ulteriore immagine del capoluogo partenopeo nel panorama cinematografico attuale.
Sono lontane anni luce le sanguinarie immagini di Gomorra ed anche quelle più strazianti del documentario Biutiful Cauntri, ma ritorna il filo conduttore napoletano che sembra affiancare quella che da molti è stata definita, anche dall'estero, la rinascita del cinema italiano, con le ultime opere di denuncia di Matteo Garrone e del partenopeo Paolo Sorrentino. Napoli dunque, con le sue storie, i suoi drammi, le sue caratteristiche viscerali, ma anche le sue menti, con nuovi talenti creativi, con ritrovati artisti (l'eccezionale Toni Servillo) o conferme interpretative. L'ultima è arrivata pochi giorni fa dalla Mostra del Cinema di Venezia con il tanto atteso riconoscimento internazionale per Silvio Orlando, vincitore della Coppa Volpi come migliore attore per Il papà di Giovanna di Pupi Avati. Anche Orlando, come altri attori napoletani come Servillo, Anna Bonaiuto, Licia Maglietta, ha mosso i primi passi a teatro, per poi affacciarsi al cinema con stile asciutto e grande tecnica.

La nouvelle vague degli anni '90 e la redenzione a Cannes
Non è la prima volta che si può parlare di un'impronta vesuviana nel cinema italiano. Negli anni '90, esplose una sorta di "nouvelle vague" partenopea. Corsicato insieme a registi, sceneggiatori, attori come Iaia Forte, Mario Martone, Antonietta De Lillo, Antonio Capuano aprirono le porte della Settima Arte in una Napoli da film d'autore. Erano lontane le irresistibili smorfie di Totò, era un ricordo assopito l'elegante veracità di Sophia Loren, e, come in una nostalgica fotografia in bianco nero, sorrideva da un'altra realtà il volto scavato di Eduardo. Martone e gli altri, invece, andarono oltre gli schemi della napoletanità, non più riproponibili in una metropoli del sud imborghesita, intellettualmente più stimolante (erano gli anni del presunto "rinascimento" bassoliniano) e frammentata tra salotti radical chic e periferie feroci. Il cinema napoletano si seppe reinventare, con uno stile colto e con protagonisti che tuttora possono ancora raccontare qualcosa (Capuano con La Guerra di Mario, o la De Lillo con lo storico Il resto di niente). La città, oggi, è un po' orfana di quel fermento che accompagnava una nuova stagione culturale, ma con piccoli ed energici sforzi sta cercando di far parlare di sé. Se la immonda «munnezza» l'ha travolta e l'ha sbattuta sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, il cinema, dal canto suo, l'ha portata come in un cammino di "redenzione", con quella doppia vittoria al Festival di Cannes di quest'anno, e questo senza passare per la Napoli da cartolina, ma mostrando, senza paura, anche il suo lato peggiore, quel buco nero da cui cerca di uscir fuori.

Dopo il 2000
Ma in che direzione sta andando il Nuovo Cinema Napoletano degli anni 2000? Quello che sta maggiormente affascinando sono l'eterogeneità degli argomenti, la varietà di storie, la diversità di cifre stilistiche, che testimoniano una ricchezza artistica che dovrebbe essere maggiormente valorizzata. Qualche esempio.
Paolo Sorrentino, dagli esordi fino all'acclamato Il Divo, non ha fatto altro che confermare talento e la capacità di proporre storie dal taglio originale, racconti di solitudini e affreschi inediti per la cinematografia nostrana. Toni Servillo è sempre più un punto di riferimento, quasi un elemento decisivo per il successo di un film (vedi La ragazza del lago, Gomorra, Il Divo). E poi il napoletano d'adozione, il romano Matteo Garrone che già con L'imbalsamatore aveva regalato uno sguardo nuovo su realtà napoletane con un noir in cui spiccava il talento di Ernesto Mahieux. All'orizzonte, si aspettano Matrimoni e altri disastri, la nuova opera della giovane Nina di Majo, Giallo di Capuano, Pericle il Nero con la firma di Abel Ferrara, Napoli, Piazza Municipio di Bruno Oliviero, Noi credevamo di Martone, Fortapasc, il film di Marco Risi sul cronista Giancarlo Siani ucciso dalla camorra nel 1985.
Documentari e thriller in salsa nostrana, commedie amare e racconti di un passato più o meno recente: è questa la Napoli del cinema e vista nel cinema contemporaneo, un affresco in chiaroscuro che, partendo dalla città campana, molto può dire anche sull'Italia dei nostri giorni.

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