Falso/autentico, anziano/giovane, visibile/invisibile, chiuso/aperto, artificiale/reale... "La migliore offerta", l'ultimo film di Giuseppe Tornatore, è un film che procede così, è un marchingegno ad avanzamento pendolare. Lo stesso ticchettio dell'ultima scena è la segreta colonna sonora dell'intero film: un colpo alto e uno basso, anche in senso qualitativo. La struttura è in questo senso solidissima, viaggia con la sicurezza di un orologio mitteleuropeo (contesto in cui per altro la storia si incornicia) ma inevitabilmente finisce per marciare come gli stessi automi cui fa riferimento. Soprattutto nella parte centrale non un cambio di passo: le scene si alternano, più che si succedono, con un ritmo binario degno di un metronomo. A) Lui con lei nella villa/; B) lui col giovane amico nel negozio... avanti così, per un'ora in un andirivieni tra azione e spiegazione della stessa inspiegabilmente obbligato. L'impressione è che l'ineccepibile solidità di Tornatore-regista (anche qui un impianto visivo rarissimo per il nostro cinema in quanto a rigore e intensità) trovi nella scrittura un limite persino imbarazzante. Tutto il percorso che accompagna per esempio la ricostruzione dell'uomo meccanico del '700 è di una fragilità inimmaginabile in un film con simili ambizioni. L'epilogo di questo pur rilevante segmento narrativo è poi addirittura grottesco, fumettistico. Meglio non citarlo. più che per rispetto nei confronti di chi non ha ancora visto il film, per rispetto verso Tornatore stesso. Viene davvero da chiedersi: ma come mai? E così anche di fronte ad altre insospettabili ingenuità: i fili d'erba sulla giacca del protagonista per dire quanto sia stata affannosa la ricerca della sua amata. O ancora L'espressione da Vittorio Feltri incupito estorta a un pur inappuntabile Geoffrey Rush nella scene che, tardivamente, conducono ai titoli di coda... Come mai? C'è una tale disparità di livello tra alcune soluzioni davvero geniali (la danza della macchina da presa nella stanza dei ritratti femminili o gli stessi dettagli sulla tintura dei capelli) e simili scivolate che alla fine ti verrebbe da avvicinarti di più allo schermo, con una lente all'occhio destro, la fronte aggrottata, e sussurrare: Ma è di Tornatore o della sua scuola?
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