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Un film di Giuseppe Tornatore.
Con Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Sylvia Hoeks, Donald Sutherland, Philip Jackson.
continua»
Titolo originale The Best Offer.
Drammatico,
durata 124 min.
- Italia 2012.
- Warner Bros Italia
uscita martedì 1 gennaio 2013.
MYMONETRO
La migliore offerta
valutazione media:
3,57
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La verità del cinema nell'ingranaggio dell'ingannodi Riccardo TavaniFeedback: 33555 | altri commenti e recensioni di Riccardo Tavani |
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martedì 29 gennaio 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Storia di un raffinato quanto crudelissimo imbroglio, consumato dentro un mondo altrettanto raffinato con al centro il personaggio di un battitore d'asta, elegante nei modi, nel vestire e nel linguaggio, coltissimo ed esperto d'arte come pochi al mondo, ma anch'egli privo di scrupoli e incline al raggiro dei suoi altolocati clienti. Dentro la trama del film il regista “monta” anche un discorso sul cinema. Lo “monta” attraverso la rappresentazione dell'assemblaggio di un automa, che avviene pezzo per pezzo nel tempo, con molle, ruote dentate, viti, perni, lamelle e altri aggeggi d'epoca, trovati qua e là dal battitore d'asta nella vecchia villa signorile, nella quale è incaricato di fare una stima delle opere contenute e redigerne un catalogo. Questi antichi pezzi sono appunto tutte le modalità di regia, le trovate sceniche, i trucchi del montaggio escogitati dal cinema, dalla sua origine a oggi, per raccontarci realisticamente una storia. Ovvero per ingannarci. Il realismo cinematografico è sempre il frutto di una manipolazione, di un inganno scenico, di taglio e montaggio della pellicola. Che Peppuccio Tornatore si riferisca al cinema diviene esplicito, quando la proprietaria della villa, un inquietante personaggio femminile dalla memoria prodigiosa, ci dice che il suo immobile è spesso affittato come location di set cinematografici. Ora il problema è che qualsiasi opera d'arte si basa su un inganno, sul “farci credere” ciò che non è. Anche un romanzo, un quadro, una sinfonia. Per questo l'autore dovrebbe sempre trovare il modo, dentro le pieghe dell'opera, di dirlo, suggerirlo, lasciarlo intendere che si tratta di una rappresentazione illusoria. Questo è vero soprattutto per le opere che hanno anche un contenuto morale che immagina e mette in scena una via di riscatto dei mali del mondo. Lo spettatore potrebbe davvero credere che quel mondo rappresentato sia vero, e non guardare più in faccia la realtà per quello che è, lasciando indisturbato il potere che è causa di quei mali. Il cinema, prima di tutti, per la forza delle immagini che crea, ha questo micidiale potere illusorio. Nella pellicola di Tornatore lo svelamento dell'inganno è improvviso quanto devastante, praticamente mortale. Qualcosa di vero, però, ci vuole dire l'autore, rimane. Nel fondo dell'ingranaggio, della nostra coscienza sensibile, emotiva e razionale sentiamo che qualcosa di autentico è avvenuto davvero. L’amore è scattato davvero tra le molle e le ruote dentate che fanno muovere lo strambo automa, l’artificioso maninichino. C’è un momento cruciale nel quale il protagonista ha la certezza che quella giovane donna, pur nell’inganno, lo ha amato veramente, perché è nel trasporto di un loro amplesso che lei non può trattenere un’invocazione sincera d’amore, quale vera “voce dal sen fuggita”. Questo punto, per lui interiormente certo, trova la conferma in un’altra verità esterna che lei ha pronunciato pur nel vortice di falsità del raggiro e che non aveva nessuna necessità di raccontare, anzi, perché non faceva parte in nessun modo dell’ingranaggio della messinscena. Quel Caffé del tempo, in quella città straniera, del quale lei ha parlato come di un aspetto importante della sua vita, esiste veramente. È in quel labile frammento di verità che lui va ad aspettarla, perché la verità è senza tempo e a lui basta la memoria e la speranza di una nuova possibilità.
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