21/01/2013 – Ci sono ottime probabilità che ‘La migliore offerta’, l’ultimo film scritto e diretto da Giuseppe Tornatore, con Geoffrey Rush ottimo protagonista, non voglia essere un discorsetto moralistico in chiave thriller sull’amicizia tradita, sul fato che punisce sempre i collezionisti di guanti, i boriosi, i superstiziosi col conto in banca.
Del resto, chi è incline a tradire l’amicizia spesso non va a cinema. Identiche probabilità sul fatto che il film di Tornatore non intenda affrontare la famosa tematica Deandrèana, o Mastersiana, che "un nano è una carogna di sicuro, perché ha il cuore troppo vicino al buco del culo".
Ne ‘La migliore offerta’ di Giuseppe Tornatore, la ‘nanezza’ è l’unico sistema per trovare nella vera Claire, autentica proprietaria della decadente ma sontuosa villa in cui è girato in buona parte il film, affetta da sindrome dell'idiota sapiente (“idiot savant”), una sventurata tanto idiota da accettare di sobbarcarsi il conto dell’IMU sulla casa, che ogni tanto affitta a produzioni cinematografiche (credute tali) e a ingegnosi truffatori, che si presume abbiano truffato anche lei.
Oddio, forse nel film di Tornatore c’è pure la questione dell’artigianato in estinzione, per cui trovare un bravo orologiaio, capace di rimettere in sesto un antichissimo marchingegno per la ‘nanezza’, è roba da miliardari. Film nel quale il massimo dell’amicizia è comunque roba da impostori, sorretta e corroborata com’è dagli affari, dal denaro e dall’impostura. La stessa che c’è nell’arte e nell’amore?
L’unico gesto ‘disinteressato’ sarà quello di Robert, il giovane restauratore di marchingegni, che oltre a compiere il ‘miracolo’ di rendere funzionante la ‘macchina della nanezza’, gli… rende indietro l’assegno con cui Virgil Oldman, il protagonista, lo aveva liquidato, per scarso ‘rendimento’. Il conto, Robert, glielo presenterà dopo...
Un riferimento nel film è pure alla vita sontuosa, al lusso, all’arte mercantile, al gusto del bello, della ricchezza, del lussurioso e ingordo senso del possesso. Virgil Oldman è uno di questi. Un uomo che non cercherebbe mai il paradiso terrestre nei vigneti o nelle foreste, e malgrado la non più tenera età non ha ancora imparato che alle giovani donne affette da gravissime forme di agorafobia non si regalano mai mazzi di fiori, né raffinati vestiti, né acconciature da fiaba. Alle bellissime giovani donne gravemente affette da agorafobia bisogna regalare tutti se stessi, semmai. Per come si è, per come si sente di amare. A costo di soffrire, a costo di nascondersi dietro ai putti, dietro alle statue di marmo in amore. Mai portarsi dietro giovani ‘amici’, mentori di un amore che quando è tale è dentro di noi, come la milza, come il dolore, come la stupidità, come la sapienza.
Il binomio amore uguale fasci di rose rosse, amore uguale diamanti, funziona con tutte (forse), tranne che con le bellissime, anonime scrittrici stremate dall’agorafobia. Perché l’amore (è vero) oltrepassa pure i cancelli e le porte chiuse, ma proprio per questo traspare come la fede, luccica come l’oro, evapora e vince come la sensualità naturale.
Se Virgil Oldman, un tempo il più richiesto battitore d’aste, potesse tornare indietro, nella bellissima pellicola di Giuseppe Tornatore, venderebbe tutta la sua collezione personale di dipinti originali che la falsa Claire (non la vera Claire, quella è "idiot savant" ed impegnata a calcolare l’IMU) gli fa sparire con un colpo degno de ‘La Stangata’?
Se lo facesse, se lo avesse fatto per amore, ora (chissa?) non avrebbe motivo di appendersi a quella macchina girevole della rieducazione psichica e motoria, nel centro riabilitativo dove non si portano nemmeno le nane "idiot savant". Nemmeno se costrette su una sedia a rotelle. Il problema, certo, rimane sempre l’IMU…
Mimmo Mòllica
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