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Ultimo aggiornamento giovedì 4 aprile 2019
Una storia ambientata nel futuro per riflettere sullo stato di polizia, le minacce alle libertà civili e sul ruolo del dissenso all'interno di una società autoritaria. In Italia al Box Office Captive State ha incassato nelle prime 9 settimane di programmazione 253 mila euro e 162 mila euro nel primo weekend.
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CONSIGLIATO SÌ
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Una famiglia cerca di fuggire dalla Chicago occupata dagli alieni ma non ha fortuna e sopravvivono solo i due giovani fratelli Rafe e Gabriel. Nove anni dopo, nel 2025, Rafe è scomparso, dato per morto si è in realtà unito alla resistenza, mentre Gabriel lavora a chip di cellulari da cui vengono estratti dati per gli archivi degli occupanti alieni. Trova il modo di farci su anche qualche soldo sul mercato nero e insieme a un amico prepara una barca per la fuga dalla città, ma i suoi piani sono stravolti dal ritorno di Rafe e dalle azioni terroristiche della resistenza. Sulle quali indaga anche il detective William Mulligan, che vuole proteggere il quartiere di Pilsen dalla rappresaglia aliena.
Gli Stati Uniti non sono mai stati occupati, così inventano attraverso la fantascienza i propri scenari di occupazione e Rupert Wyatt lo fa guardando ai modelli alti di Gillo Pontecorvo e Jean-Pierre Melville, con solo una punta in più di ottimismo.
Sorretto da una straordinaria colonna sonora di musica elettronica, incalzante e originale, firmata da Rob Simonsen con sonorità che a tratti si avvicinano ai Pan Sonic, Captive State racconta gli Stati Uniti invasi senza scorciatoie, dove la Resistenza si deve muovere in totale clandestinità, con astuzia e grandi sacrifici, che investono anche i rapporti umani più basilari. Il che dà luogo a un film duro e complesso, dove i personaggi non ci sono presentati in modo canonico e anzi si moltiplicano con il procedere del film, spesso senza che nemmeno se ne conosca il nome ma si veda solo il volto segnato, impaurito eppure determinato.
Tra i ribelli troviamo attori per lo più televisivi come James Ransome e Ben Daniels, oltre a Jonathan Majors (Hostiles) nei panni di Rafe. Hanno invece un ruolo più ambiguo la misteriosa prostituta interpretata da Vera Farmiga e il detective che ha il volto del sempre ottimo John Goodman, qui collaborazionista ma pure molto protettivo nei confronti di Gabriel, che è l'ex ragazzino di Moonlight Ashton Sanders. Infine a capo delle forze di polizia della città c'è un caratterista di razza come Kevin Dunn (Veep).
Scritto insieme alla moglie Erica Beeney dal regista Rupert Wyatt, già fattosi notare per una sci-fi intelligente e a budget relativamente limitato con L'alba del pianeta delle scimmie, Captive Strate riprende dichiaratamente La battaglia di Algeri e L'armata degli eroi, tanto che il nome di Melville è anche sulla porta d'ingresso di uno stabile al centro della vicenda. Si ritrovano di quei film la durezza della situazione e le spietate scelte che questa impone ai personaggi, decisi a rischiare la propria vita pur di sferrare un attacco contro gli alieni nella speranza di un risultato soprattutto simbolico, ossia dimostrare che la resistenza è possibile. Il silenzio, la cautela e l'efficienza dell'organizzazione paramilitare caratterizzano Captive State così come i suoi modelli e il film dà il meglio di sé in una lunga parte centrale, in cui viene compiuto un attentato.
Sebbene siamo pur sempre a Hollywood, le conseguenze di questo gesto ci sono mostrate in tutta la loro violenza, con gli alieni che scatenano i terribili Cacciatori e con i ribelli in fuga, pronti a suicidarsi con capsule velenose piuttosto che farsi catturare e rischiare - sotto tortura - di tradire i propri compagni. Wyatt non avrà larghissimi mezzi, ma sa girare dannatamente bene e ci sono immagini potenti mentre la rappresaglia è prossima a scatenarsi, così come sono spaventosi gli extraterrestri soprattutto quando sono poco visibili, in un gioco di ombre e di trucco digitale e prostetico (curato da Greg Nicotero) che fa di loro creature davvero aliene. Il film del resto flirta anche con il body horror, in particolare per le "cimici" che sono innestate negli umani in modo da poterli sempre controllare.
Captive State è un esempio di cinema di fantascienza realistico e ambizioso, perché non ricorre al fantastico come sostituto della realtà e anzi lo cala quando più possibile in una vera metropoli, tra personaggi che non hanno abilità sovrumane e neppure eccezionali, a parte la loro determinazione. In un'America che teme le misure reazionarie si facciano sempre più restrittive, vuole ricordare che non basta il benessere degli indicatori economici quando mancano libertà e giustizia.
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Paradigmatica l’uscita di questo film prima del lock-down che avrebbe visto l’America come uno degli stati maggiormente colpiti dalla pandemia. E assai ancora più paradigmatico il titolo: Captive state. Appunto prigionieri. Ma di cosa? Degli alieni. L’immaginario collettivo reputa a queste entità fini benefici, come ci insegna il buon Spielberg ma da Scott in avanti, [...] Vai alla recensione »
In un futuro non troppo lontano gli alieni hanno attaccato la Terra. Per evitare lo sterminio di massa i governi decidono di patteggiare con la razza extraterrestre per un’occupazione controllata. Sono passati dieci anni dall’invasione e una parte della popolazione si è arresa alle rigide regole create dagli oppressori che ormai vengono chiamati Legislatori.
"Captive State"(Rupert Wyatt, anche autore della sceneggiatura, con Erica Beeney, 2019)si riferisce a uno stato di cattovità(letteralmente), di legge marziale o, se si vuole, di polizia reale, non indotto(tipo"pandemia", anche se...), o meglio indotto da una guerra cosmica, provocata da"alieni"e qui, comunque sorge il problema dlela differenza con la SF classica(letterar [...] Vai alla recensione »
La cattiva coscienza a volte genera incubi nei quali si invertono i ruoli facendo immedesimare il boia nella vittima, così accade che Hollywood produca Captive State ambientato in un America occupata da scimmieschi ET, e qui il regista Rupert Wyatt non a caso è lo stesso del “L'alba del pianeta delle scimmie”, ricoperti di aculei, chissà perché, [...] Vai alla recensione »
I bei 20 minuti finali riprendono per i capelli un film eccessivamente lento e slegato fin dal suo inizio. Per quanto l'idea sulla quale si basa sia allegoricamente molto interessante, l'intreccio appare un po' frammentato e difficoltoso da seguire con attenzione. L'oscurità permea sempre il susseguirsi delle vicende, ma alcune volte sfocia in un vero e proprio buio dal quale [...] Vai alla recensione »
tutto sommato le idee c'erano ma il film è riuscito male: mai coinvolgente, sceneggiato in modo superficiale e interpretato ancora peggio. Un film inutile, che non ti lascia nulla.
Lo ricorderò come uno dei film peggiori visti negli ultimo 10 anni
...Poi ho spento, proprio non mi diceva nulla. La noia ha prevalso sulla curiosità di vedere cosa stavano preparando.
Sono d'accordo con le persone che definiscono il film noioso. Nemmeno per me non succedeva niente di interessante!
Noioso,poca trama e nessuna logica.Per un ora non succede nulla. Assolutamente da non vedere.Il peggior film in assoluto che abbia mai visto.
Noioso, insensato, sconclusionato gli alieni non si vedono mai. Tanti personaggi di nessun interesse, pellicola scura, colonna sonora fastidiosa accompagnata da forti rumori, gli alieni spinosi quasi ridicoli. Non vedevo l'ora che finite, impossibilitata a uscire prima non mi è rimasto che guardare il cellulare. Da evitare assolutamente, sala vuota....
La trama è di quelle che non stupisce .. società oppressa e nucleo rivoluzionario .. allora mi sono chiesto cosa sia piaciuto alla critica "di professione" .. forse il linguaggio cinematografico così.. frenetico ..ma, per citare i miei sconosciuti vicini di poltrona in sala .. non ci si capisce nulla! Sequenze da mal di mare .. Ritmo concitato accompagnato da una bella ma ansiogena colonna sonora elettronic [...] Vai alla recensione »
È un film che ha pochi colpi in canna, e lo sa bene. Una trama che si può dire originale solo nel finale, per il resto si tiene in partita con quello che di meglio ha da offrire, ovvero il talento recitativo dei suoi attori, sorretti da luci giuste e musiche avvolgenti di matrixiana memoria.Ne viene fuori un film assolutamente degno nel suo genere, anzi quasi sorprendente per la sua capacità di essere [...] Vai alla recensione »
Un buon trhiller fantascientifico con un ritmo in crescendo pone la questione su un totalitarismo senza veli e sulle possibili azioni di resistenza. La metafora degli alieni/legisatori è efficace nel denunciare una società sottoposta al dominio tecnico-scientifico che in questi anni sta piano piano sta venendo alla luce ma che è ancora soffocato dalla disinformazione sotto forma [...] Vai alla recensione »
Nel magico mondo del web, bello soprattutto in quanto vario, capita anche di leggere che "Captive State sia il film dell'anno sino a qui". Considerato che siamo a marzo, suona come un concetto quantomeno effimero, oltre che frutto di un'evidente tendenza all'esagerazione e al clamore acchiappa-click. Ma nasconde una possibile aura da cultizzazione che accompagna come un amico invisibile il film di Rupert Wyatt. Un regista (e qui anche co-sceneggiatore, insieme alla moglie Erica Beeney) già avvezzo al processo di trasformazione silenziosa in cult, dopo il successo di L'alba del pianeta delle scimmie, che resta - ad oggi - uno degli esempi più riusciti di reboot, specie considerato il precedente tentativo e semi-fallimentare tentativo di Tim Burton.
Come per le vicende di Cesare e delle altre scimmie antropomorfe, anche in Captive State la fanno da padrone estetica e narrazione da B movie, sbilanciamento tra approfondimento dei personaggi e gestione del pathos, necessità resa virtù su tutto quel che comporta il ricorso agli effetti speciali.
Difficile rimanere terrorizzati da alieni accuratamente illuminati il meno possibile, ma il budget fa quel che può: se i 22 milioni di dollari di Captive State possono sembrare una cifra da produzione medio-grande, infatti, bisogna paragonarla a quel che oggi - dopo la disney-marvelizzazione dell'universo cinematografico - è il budget tipico di un blockbuster di fantascienza. Sotto i 100 milioni di dollari, in genere, non ha luogo d'essere alcuna simulazione filmica di invasione planetaria.
Eppure, nonostante indubbi limiti di montaggio e fluidità, benché la stessa produzione si sia dimostrata scettica fino all'ultimo - uscita posticipata, proiezioni stampa annullate, embargo prolungato - Captive State si presta terribilmente all'ideale chiacchiera post visione, da "bar del cinema", a quella antica abitudine che include interpretazioni più o meno strampalate e letture più o meno politiche. Materia ideale per fare del film di Wyatt un sub-cult destinato a crescere.
È un film di fantascienza ma gli alieni quasi non si vedono. È ambientato in un vicino futuro ma tutto ricorda dannatamente il nostro presente. È una storia di occupazione e di resistenza ma per capire cosa succede davvero bisogna arrivare alla fine. Sballottati da un film zeppo d'azione e di sottotrame che non ci stordisce a colpi di immagini ricattatorie e grandiose, ma ci costringe a collegare indizi [...] Vai alla recensione »
Anno 2016, la Terra è invasa da creature aliene. Nascoste nel sottosuolo, enormi "blatte" si impadroniscono di ogni risorsa naturale e mettono fine allo Stato di diritto. La politica stessa viene proibita, cancellata. Sono loro, ormai, i Legislatori del nostro mondo, e cosi impongono che li si chiami. Dopo nove anni, nel 2025, a Chicago un gruppo di terroristi cerca di tener viva la resistenza.
In una Chicago del futuro Wyatt fa riflettere sul valore della libertà Chicago 2025. Da ormai dieci anni la città è stata occupata da forze extraterrestri che hanno azzerato le libertà civili. Due fratelli, separati per molto tempo dopo l'invasione aliena, si riuniscono quando il maggiore dei due si mette alla guida di un gruppo di rivoluzionari decisi a mettere fuori uso il sistema di tracciamento [...] Vai alla recensione »
L'idea-base di Captive State (Stato prigioniero) è quella della vecchia serie tv Visitors: immaginare gli Usa occupati da extraterrestri. Tanto gli scadenti telefilm di trent'anni fa erano a colori sgargianti, quanto il film americano dell'inglese Rupert Wyatt è a colori sbiaditi. Ma dichiara modelli alti: il romanzo di Philip K. Dick, La svastica sul sole (da cui viene il filmtv di Amazon, The Man [...] Vai alla recensione »
Rupert Wyatt, regista de L'alba del pianeta delle scimmie, conosce bene i propri strumenti. Il suo Captive State unisce finalmente il genere distopico, fruttuoso quanto abusato, all'ambizione fantascientifica che merita. Ne nasce un thriller claustrofobico, dove l'antagonista non è tanto l'alieno invasore del tuo pianeta, bensì l'alieno invasore del tuo corpo: un'intrusione ben più allergica nel campo [...] Vai alla recensione »
Da un punto di vista narrativo, Captive State potrebbe funzionare benissimo come prosecuzione in negativo dell'ottimismo di Arrival. Alla fine di quel film gli alieni, così come erano arrivati, se ne andavano dal nostro pianeta a bordo dei loro dischi volanti senza colpo ferire, ma lasciando con un palmo di naso la razza umana, incapace di decifrare le finalità di quel primo contatto.
Nella sempre più strutturata galassia della fantascienza distopica - e a vari livelli post-apocalittica - del cinema contemporaneo Captive State merita già un posto di assoluto rilievo. Scritto dallo stesso Rupert Wyatt (che ricordiamo soprattutto per i notevoli The Escapist e L'alba del pianeta delle scimmie) in collaborazione con la moglie Erica Beeney (La battaglia di Shaker Heights), questo è probabilme [...] Vai alla recensione »
Dunque, vediamo. A Chicago sono giunti gli alieni. Hanno prima spazzato via una quantità considerevole di popolazione, poi hanno schiavizzato il resto. O quasi, insomma: sono diventati i nuovi legislatori, creando uno stato di terrore. Naturalmente la resistenza è agguerrita, con un gruppo di ribelli (non tanto numeroso, a dir il vero) che si dà un gran daffare.
Non si può certo incolpare per mancanza di ambizione il thriller di fantascienza Captive State di Rupert Wyatt, regista nel 2011 di L'alba del pianeta delle scimmie. Il film, incentrato su un'invasione aliena, è carico di idee a tal punto da non sapere più cosa farne. Visivamente oscuro, privo di chiarezza narrativa e di caratterizzazioni ben definite, è un'esperienza visiva profondamente frustrante [...] Vai alla recensione »