Captive State |
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Un film di Rupert Wyatt.
Con John Goodman, Ashton Sanders, Jonathan Majors, Vera Farmiga, Kevin Dunn.
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Titolo originale Captive State.
Fantascienza,
Ratings: Kids+13,
durata 109 min.
- USA 2019.
- Adler Entertainment
uscita giovedì 28 marzo 2019.
MYMONETRO
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Vivere sotto l'occupazione aliena
di Fabio Ferzetti L'Espresso
È un film di fantascienza ma gli alieni quasi non si vedono. È ambientato in un vicino futuro ma tutto ricorda dannatamente il nostro presente. È una storia di occupazione e di resistenza ma per capire cosa succede davvero bisogna arrivare alla fine. Sballottati da un film zeppo d'azione e di sottotrame che non ci stordisce a colpi di immagini ricattatorie e grandiose, ma ci costringe a collegare indizi e dettagli. Forse perché in tempi di computer grafica e dittatura del marketing, cioè di chiarezza e riconoscibilità coatte, trattare lo spettatore da adulto, coniugando densità della materia e oscurità del racconto, è un gesto sovversivo sul piano estetico prima che politico. La trama, un po' rimessa in ordine: nella Chicago del 2025 un poliziotto corpulento e sentimentale (formidabile John Goodman nel suo più bel ruolo di sempre) cerca di mantenere l'ordine e far pace con la sua coscienza. Potrebbe essere un "noir" se non fossimo in un incubo prossimo venturo. La Terra infatti è ormai in mano ai misteriosi alieni che l'hanno conquistata nove anni prima, ma l'umanità sembra rassegnata. Asserragliati nella loro base sotterranea i ripugnanti invasori, un misto fra una blatta, un cactus e uno yeti, hanno abolito i diritti, proibito il digitale e impiantato microchip nel collo di ogni terrestre, ma anche rilanciato l'economia e sconfitto la disoccupazione. La vita continua insomma, tocca collaborare. Come nella Francia occupata dai nazisti. Magari tirandosi un po' su con quei files di musica e immagini d'antan venduti al mercato nero. Il commissario Goodman però ha un problema tutto suo. Tra un pedinamento e una visita a una matura escort che con la sua casa zeppa di libri e vinili di Nat King Cole sembra essere la sua unica consolazione (la sempre struggente Vera Farmiga), deve ritrovare il figlio di un collega ucciso, che una volta guidava la resistenza e su cui circolano strane leggende. Il resto va scoperto al cinema, chiudendo un occhio su un paio di scene meno felici (le più esplicite guarda caso) per lasciarsi andare al ritmo strappato e sapiente di questo lavoro diretto da un inglese che dopo aver dato la linea a tanto cinema fantastico con "L'alba del pianeta delle scimmie", firma un film tutto contro i canoni dominanti guardando (parole sue) a "La battaglia d'Algeri" di Pontecorvo e a "L'armata degli eroi" di Melville.
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