Advertisement
ONDA&FUORIONDA

Scelti i 10 film "più" di tutti i tempi.
di Pino Farinotti

In foto Kim Novak in una scena di La donna che visse due volte.
Kim Novak (Marilyn Pauline Novak) (91 anni) 13 febbraio 1933, Chicago (Illinois - USA) - Acquario. Interpreta Madeleine Elster; Judy Barton nel film di Alfred Hitchcock Vertigo - La donna che visse due volte.

domenica 26 agosto 2012 - Focus

Il British Film Institute, che edita il magazine cinematografico Sight and Sound, dal 1952, ogni dieci anni pubblica una classifica dei migliori film del mondo. La "giuria" è composta da 846 critici di vari Paesi. Occorre naturalmente una premessa, anzi, ne occorrerebbero molte. La prima è una domanda: quali sono i termini del giudizio. Si parla di film: belli, importanti, capostipiti, opere, oppure titoli squisitamente da critica. E c'è un altro assunto: per nessuna disciplina, come per il cinema, valgono le discrezionalità. Un film può essere amato o odiato, sempre per ottime ragioni. Per natura e storia (recente, 117 anni) il cinema è l'arte delle licenze, delle ambiguità, delle non-sicurezze. Direi che è una delle sue più belle prerogative. Trattasi di arte "poco seria", almeno rispetto alle sorelle maggiori, e nobili, come la letteratura. Se tu in una classifica poni: Odissea, Divina commedia, Don Chisciotte, Amleto, Nouvelle Héloïse, "Werther", "Miserabili", Madame Bovary, Guerra e pace, Recherche, Metamorfosi, Ulisse, Grande Gatsby, Fiesta, è improbabile che si alzi qualcuno a contestare in assoluto. Ci potrà essere chi dirà "di Flaubert preferirei L'educazione sentimentale, oppure "di Hemingway Per chi suona la campana". Ma la sostanza non cambierebbe. Quelli sono legislatori, modelli necessari e sufficienti, perfetti come sfere. Per il cinema non lo puoi fare per le ragioni dette sopra. Troppe forze in gioco, troppe variabili e identità, e una chimica con troppi elementi, il linguaggio, scrittura, musica, attori, regia, cifra non definibile, sortilegio. E poi il rigore, tenuto a bada, penalizzato, dalle licenze. Senza contare la Storia, troppo breve, appunto.

Giudizio
E poi i termini della scheda di giudizio. Per decenni ci sono stati critici, studiosi di cinema che hanno dibattuto -il termine è anche litigato- sulla funzione primaria del cinema. Una fascia lo intendeva come strumento politico: storie strumentali alla rivoluzione, non fiction, ma documento efficace e rappresentare quelle idee, solo quelle idee. Un'altra corrente intendeva il cinema come evasione. Dunque storie (anche) di sentimenti. Ho scritto molto sulla critica. Se devo indicare una formula, è quella che mi appartiene e mi identifica, da tempo, e identifica MYmovies: dalla parte del pubblico. Una corrente critica –impetuosa- vuole che il giudizio critico prenda le distanze dal sentimento e dal gusto popolare. Ho scritto dei saggi in questo senso, diciamo allora che in questa sede estraggo una formula semplice, che è quella della mediazione fra le due posizioni. Tornando all'inizio, all'iniziativa di Sight and Sound, dico che quei selezionatori hanno percorso la via "dura e pura" della critica, con una posizione aristocratica e arrogante. Del tutto ignara delle indicazioni del pubblico. E ribadisco, ancora una volta, una formula semplice: un grande film non è mai proiettato in una sala vuota o in una piena. La critica "dura e pura", depennando i film di grande successo, di fatto li tratta come "prodotti".
Tradizionalmente si considera, nella classifica, il primo segmento, i primi dieci. Dico che il campione è sufficiente per un discorso abbastanza completo. Ecco i titoli:
1 La donna che visse due volte (Hitchcock, 1958)
2. Quarto potere (Welles, 1941)
3. Tokyo Story (Ozu, 1953)
4. La regola del gioco (Renoir, 1939)
5. Aurora (Murnau, 1927)
6. 2001: odissea nello spazio (Kubrick, 1968)
7. Sentieri selvaggi (Ford, 1956)
8. L'uomo con la macchina da presa (Vertov, 1929)
9. La passione di Giovanna d'Arco (Dreyer, 1927)
10. 8 ½ (Fellini, 1963)

C'è dunque il nodo, decisivo, della definizione dei film, riprendo quelle dette sopra " belli, importanti, capostipiti, opere, oppure titoli squisitamente da critica". Un aggettivo, buon compromesso, onnicomprensivo, potrebbe essere "migliore". I dieci film migliori. All'interno della definizione dunque ci sta molto, ci può stare tutto: un film "bello" e di successo (anche popolare), come Vertigo (La donna che visse due volte) e un'opera di didattica che, oggi, vedresti, con molta fatica, solo per una lezione, L'uomo con la macchina da presa, per esempio. Dunque un'idea, per il futuro, potrebbe essere quella di dividere la classifiche: i grandi monumenti, e i film che... rivedi con piacere. Mettiamola così. Alcuni critici, che facevano parte della selezione, hanno detto la loro in prima persona. La loro preferenza. Lo faccio anch'io. Esplicito la mia discrezionalità rispetto alla classifica. Al primo posto, dunque, Hitchcock. Perché no? Vertigo è indubbiamente un grande film, per l'"assoluto" naturalmente vale la solita discrezionalità,-io preferisco Notorious- ma che il titolo sia lì in cima, non è blasfemo. In quel film c'è molto, se non tutto. Attori e la regia del miglior Hitchcock, con un'invenzione che si studia nei libri, quella della vertigine del povero James Stewart che guarda le scale. E poi un giusto mélo, il mistero, la "reincarnazione", l'amore disperato, l'"impossibile" ben accreditato dal cinema, la colonna irresistibile come l'angoscia, di Herman. E poi una suggestiva rivendicazione del cinema: è uno dei pochi film migliore, decisamente, del romanzo. Nessuno saprebbe chi sono gli autori Boileau&Narsejac se non fosse per Hitchcock. Infine l'argomento più forte di tutti, indubbiamente: vedi quel film con piacere, lo vedi e lo rivedi. Se fosse proiettato in sala non ci sarebbero gli stessi spettatori di "Batman", ma ce ne sarebbero molti. Sala "abbastanza" piena. Appunto.

Quarto potere è una memoria perenne e un ricatto. Sei talmente abituato a vederlo in cima alle classifiche, a considerarlo un monumento, che non riesci proprio a ridimensionarlo, a scalzarlo, troppa tradizione e abitudine. È un vecchio amico che non tradiresti mai, anche se non lo vedi da tempo. Ferma restando la qualità: il "genio" Orson, il linguaggio, le invenzioni, la mitologia e tutto il resto.
Viaggio a Tokyo mi è... incomprensibile. Due vecchi genitori raggiungono Tokyo per una visita ai figli, che non hanno nessuna voglia di vederli. E ne tornano a casa senza aver capito, ma senza portare rancori. Confesso che avevo visto parti di questo film nell'età della formazione, diciamo così. Del resto i film di Yasujiro Ozu non sono neppure stati distribuiti da noi. Ne ho trovato una copia, sottotitolata, e me lo sono rivisto. Adesso. Rigore, lentezza, tutto "minimo", battute semplici come didascalie semplici, nessun movimento di macchina, solo inquadrature ferme.
La famiglia del Giappone post-Hiroshima, i valori da ricostruire, il sentimento della fine delle cose: tutto vero, ma pur cercando di assumere parte del credito attribuito dalla critica a questo titolo, non riesco a cogliere la cifra virtuosa, il piccolo miracolo non decifrabile, per accreditarlo come "terza beatificazione." Ho spesso parlato, per il giudizio dei film, di "vedibilità postuma" di resistenza al tempo. Qui, esplicito il concetto con un lemma più diretto: noia. Se un film ti annoia oltre il lecito, anche se è un'opera, ebbene lo si ridimensioni. "Noia": non è lesa maestà, intende essere un codice riduttivo perché è costretto a esserlo, per colpa del tempo, appunto. Un inciso: noia mi richiama un autore certo di qualità artistica, solitamente enfatizzato dal "correntone" critico, Manuel de Oliveira, l'eterno. Nessuno dei suoi film compare nei primi cento. L'ho rilevato con sollievo.

La regola del gioco è un altro "amico importante lontano", una scheda diventata tutt'uno nel mosaico. Renoir è più "comprensibile" di Ozu. Intrighi amorosi di borghesi, di giovani e maturi, allegri e grotteschi, e altro naturalmente, nella Francia del '39, quando sta per scoppiare la guerra, e il regista pone simboli – cultura, debolezze, sentimenti forti e premonitori- come se sapesse già tutto. Ha forza, energia e ispirazione generale, non autoctona. Certo, la "Règle", non può non risentire del tempo. Ma se lo ami per convenzione, per didattica e tradizione, magari, una volta l'anno, ti viene anche voglia di rivederlo. "Rivedere" insisto su questa opzione di giudizio. Di Vertigo ho detto "lo vedi e lo rivedi". Per quanto mi riguarda l'autoctono Ozu, non so se lo rivedrò più, spontaneamente. Aggiungo, prima di essere lapidato, che sempre di discrezionalità trattasi. Magari qualche "critico", si vede le due ore e venti di Viaggio a Tokyo, a giorni alternati. Gli lascio il piacere, io preferisco Casablanca.

Aurora è uno dei tre "muti" in classifica. Gli altri sono L'uomo con la macchina da presa e La passione di Giovanna d'Arco. Mi sembrano davvero troppi. Sono tre titoli importanti, il primo racconta la vicenda di una coppia che vive tutti i sentimenti, tradimento, violenza, riconciliazione. Storia "normale" ma rappresentata da un linguaggio registico che fece testo. Così come L'uomo con la macchina è un altro vangelo cinematografico: un operatore riprende la città, fatti pubblici e privati, luoghi e gente. Un prototipo a sua volta santificato che esalta, anzi sublima lo specifico cinematografico. Un approccio una filosofia che non condivido. Beatificazione del lavoro del regista, il cinema al servizio del regista mentre il cinema deve essere al servizio del pubblico. Due grandi film certo, ma il tempo li ha dimensionati a "sillabari sigillati", da una chiave posta in un cassetto, buoni per citazioni, se servono citazioni. La passione di Giovanna d'Arco è diverso. Condivido la collocazione. Dreyer racconta di un processo, dunque di un'azione fatta quasi di sole parole, senza parole. Proprio un miracolo.
Odissea nello spazio è un'opera assoluta, fa storia. È un unicum, Kubrick ha addirittura evoluto ed esteso le indicazioni del master letterario, Arthur Clarke, a sua volta grande inventore.
Sentieri selvaggi è omologo di Vertigo. Grande film con sala piena di gente competente ed entusiasta. Piace a tutti, critica e pubblico. E poi la firma è di Ford, uno dei pochi, indiscussi eroi. Ci sta.
Otto e mezzo si prende il suo posto a forza. Film perfetto, pieno di sortilegi e di quella qualità non definibile e riconoscibile, che appartiene a pochissimi. Con un attributo che ancora più esclusivo: possiede un'identità "filmica" assoluta. Non deve niente alla letteratura, all'arte figurativa, al teatro. Vive di luce propria e unica. Doverosa la collocazione.

Nota: il film più recente, 2001: Odissea nello spazio è del 1968. Come a dire, da 44 anni non si fanno capolavori. Qui condivido. Sappiamo bene cosa rappresenta quella data. Il momento di tanti cambiamenti e rivoluzioni, un girar pagina storico che, se nel tempo è sbiadito, molte eredità e segnali li ha lasciati. Non basterebbe lo spazio di una Treccani per l'analisi. La risolvo con una formula fulminante. La grande revisione mutava i codici di ricerca della felicità e i moduli dell'incanto, il lieto fine era sgradito e sorpassato, l'eroe allontanato, il sentimento declassato, i caratteristi espellevano i protagonisti, l'estetica veniva capovolta. Prevaleva il ruolo invasivo del sociale. E della politica. Tanta roba indispensabile alle storie veniva dunque cancellata, il cinema veniva penalizzato, in profondità. È legittimo dire che non ha più, del tutto, recuperato.

Penultima considerazione: ribadisco la mia discrezionalità. Attaccabile e inattaccabile, proprio perché il cinema è indefinibile, complesso, impuro, e si diverte ad esserlo. Detto in altri termini: ogni idea è buona. L'ultimo pensiero non è mio, è di uno ... ad alta discrezionalità, Dino Risi, che una volta ha detto: "i critici sono quelli che vorrebbero farti fare i film che vogliono loro senza essere capaci di farli.
Nel prossimo Onda&Fuorionda stilerò la mia classifica personale.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati