Dal 1941 (L'amore canta) al 2007 (Hannibal Lecter - Le origini del male): sono sessantasei anni di cinema. Fra Torre Annunziata (8/8/1919) e Los Angeles (11/11/2010). Come spesso accade ai cineasti, anche quelli grandi, il primo tentativo è fare l'attore. Così Dino si iscrive al corso di recitazione del Centro Sperimentale a 18 anni. Riesce anche a fare un film, Troppo tardi l'ho conosciuta, diretto da Caracciolo. Nessuno nota il ragazzo. È lui a "notarsi" e a fare una considerazione, dopo aver visto sullo schermo Amedeo Nazzari: "non posseggo sufficiente appeal". Mi piace omologare la scelta del futuro produttore a quella di un altro gigante, Enzo Ferrari, anche lui col morbo iniziale del pilota: "Ho visto guidare Nuvolari, e ho deciso di non guidare più, di costruire macchine". Scelte sacrosante, dei due eroi.

Infinita
Da qui dovrebbe cominciare una lista, davvero infinita di titoli. Infinita vuole anche dire composita. Quasi sempre ai produttori si attribuiscono due anime, quella del botteghino o quella della qualità. De Laurentiis possedeva tutte le attitudini, e seppe anche fare mediazioni felici, fra spettacolo e qualità. E poi la sua personalità manageriale, che andava oltre il ruolo di produttore, o "esecutivo": trasferì e costruì studi, si alleò con personaggi della suo stesso peso e carisma, come Ponti. Una prima frequentazione, importante, e prima amicizia, fu quella con Mario Soldati, ottimo regista ma soprattutto grande scrittore. Fu lui a introdurlo alla Lux film, dove De Laurentiis cominciò a fare cose importanti. Certo fu fortunato nelle epoche. C'era il dopoguerra, occasione strepitosa. Tanti titoli eroici, e diversi, come Riso amaro, dove conosce la Mangano, che poi sposerà, e poi Napoli milionaria, Miseria e nobiltà. Soprattutto, in quella fase, il film dalla chimica perfetta, spettacolo e qualità, La grande guerra, Leone d'oro a Venezia.

Colori
Il "manager creativo" decide, nel 1952, che è il momento che anche il cinema italiano di fotografare a colori, anche se costa caro. Intende comunque andare sul sicuro, sceglie Totò. Il film si intitola Totò a colori, appunto. Dino si compiace, e si realizza, davvero compiutamente, nella fase artistica, producendo Fellini, e non era così scontato in quel tempo. Il genio non bastava, occorreva fare i conti, e col maestro Federico i conti spesso non tornavano. De Laurentiis produce La strada e Le notti di Cabiria. Entrambi vinceranno l'Oscar. Altre idee, altri investimenti, comincia l'era dei colossi e delle conquiste. Ormai Dino si pone alla pari dei massimi magnati del mondo. Decine di titoli, a campione rilevo Guerra e pace, La bibbia e Waterloo. I grandi registi internazionali rincorrono il produttore italiano e anche i divi.

Decisivo
Un anno decisivo è il 1972. La nuova legge sul cinema decreta che i finanziamenti saranno erogati a film di totale produzione italiana. Sembra una norma studiata contro De Laurentiis, che lascia il Paese. Porta la sua esperienza in America, sradicandola però dall'Italia. E davvero non so se sia casuale, o dipenda da quella scelta, il declino del nostro cinema, che comincia proprio da quelle stagioni. La fase americana è strepitosa. Anche qui, a campione: Serpico, Il giustiziere della notte, I tre giorni del Condor, King Kong, L'anno del dragone. Non possono mancare gli insuccessi, commerciali, comunque di qualità, come Dune e Velluto blu. De Laurentiis era il nostro uomo di cinema più stimato nel mondo. Da tempo era ormai lontano dal movimento italiano che davvero non faceva per lui. Il segnale concreto della sua qualità arriva nel 2001, quando Hollywood gli attribuisce il Premio Irwing Thalberg, una sorta di Premio Nobel della produzione.