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Udo Kier, l'uomo che visse (e morì) 70 volte

I grandi occhi cerulei, lo sguardo preciso e tagliente, i lineamenti scolpiti. L'attore è uno dei protagonisti della commedia degli equivoci Il mio vicino Adolf. Al cinema.
di Pedro Armocida

Udo Kier (Udo Kierspe) (79 anni) 14 ottobre 1944, Colonia (Germania) - Bilancia. Interpreta Mr. Herzog nel film di Leon Prudovsky Il mio vicino Adolf.
domenica 6 novembre 2022 - Focus

Nonostante la lunga barba bianca lo riconoscerete subito in Il mio vicino Adolf, ora al cinema distribuito da I Wonder Pictures. I grandi occhi cerulei, lo sguardo preciso e tagliente, i lineamenti scolpiti, sono quelli, inconfondibili, di Udo Kier.

Nel film, una sorta di commedia degli equivoci diretta dal regista israeliano Leon Prudovsky, Kier interpreta l’anziano tedesco Herman Herzog che, nella Colombia del 1960, va a vivere accanto al signor Polsky, un solitario e scontroso sopravvissuto all’Olocausto convinto che lui, il suo vicino, sia nientepopodimeno che Adolf Hitler. Curioso perché nella seconda stagione, ancora inedita, di Hunters (guarda la video recensione), la serie Amazon Original su un gruppo cacciatori di nazisti, Udo Kier interpreta proprio Adolf Hitler, nei cui panni peraltro s’era calato già due volte, nel 1989 in 100 Jahre Adolf Hitler - Die letzte Stunde im Führerbunker di Christoph Schlingensief e, nel 2002, nel mediometraggio Mrs. Meitlemeihr di Graham Rose.

Nato 78 anni fa a Colonia, Kier è forse il più grande e prolifico caratterista vivente con più di 170 lungometraggi, 120 episodi di serie e 50 cortometraggi girati dagli anni ’60 ad oggi. La sua carriera inizia diciottenne quando viene notato a Londra dall’attore Michael Sarne che lo vuole come il gigolò protagonista del suo esordio da regista Road to Saint Tropez. Inizia così una carriera folgorante che però quasi da subito, per alcune sue caratteristiche fisiche, vede la predominanza del genere horror anche se, allo stesso tempo, diventa un attore iconico amato da artisti a tutto tondo come Paul Morrissey che lo vuole nei primi anni ‘70 per Il mostro è in tavola barone... Frankenstein e per Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete!!!, entrambi prodotti da Andy Warhol.

Nel 1975 partecipa a Histoire d'O di Just Jaeckin e due anni dopo è nel capitale Suspiria di Dario Argento. Sono gli anni della sua relazione, anche sentimentale, con uno dei più grandi registi della storia del cinema, Rainer Werner Fassbinder, con cui ha lavorato in La terza generazione, Lili Marleen, Lola e la miniserie tv Berlin Alexanderplatz.

Anche con Gus Van Sant e con Lars Von Trier instaura una forte complicità artistica. Il primo gli ha offerto il ruolo di Hans in Belli e Dannati accanto a Keanu Reeves e a River Phoenix per poi tornare a lavorare con lui in Cowgirl - Il nuovo sesso e, recentemente, in Don’t Worry (guarda la video recensione) mentre è diventato l’attore feticcio del secondo prendendo parte alla maggior parte dei suoi film: Medea, Europa, Le onde del destino, Dancer in the Dark, Dogville, Manderlay, Melancholia, Nymphomaniac (VOL. II) e The Kingdom - Il regno.

Questa alternanza tra cinema d’autore e mainstream ha caratterizzato tutta la sua carriera che lo ha visto protagonista di molti successi hollywoodiani degli anni ’90 come Ace Ventura: L'acchiappanimali, Johnny Mnemonic, Crimini invisibili, Armageddon - Giudizio finale, Blade e Giorni contati - End Of Days. Arrivando, in anni più recenti, a dare sempre degli apporti iconici in film come Iron Sky, Cell Block 99 - Nessuno può fermarmi, Downsizing - Vivere alla grande (guarda la video recensione), American Animals (guarda la video recensione), Bacurau, The Painted Bird, fino al recente Swan Song di Todd Stephens in cui è per la prima volta protagonista di un film statunitense nel ruolo di un eccentrico parrucchiere gay finito in un ospizio in cui riesce a mostrare le sue istrioniche capacità ironiche se non quasi comiche.

Certo, in molti altri casi, i registi hanno voluto sfruttare, un po’ pigramente, una certa immagine di Udo Kier legata anche alla freddezza, alla cattiveria del suo sguardo, tanto che un regista nato nell’ex Repubblica Democratica Tedesca, Jan Soldat, lo scorso anno ha realizzato un cortometraggio di otto minuti, Staging Death, uno straordinario e divertente lavoro di montaggio di ben 70 sequenze in cui l’attore muore in qualsiasi maniera (in)immaginabile.


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