Anno | 2005 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Danimarca |
Durata | 139 minuti |
Regia di | Lars von Trier |
Attori | Bryce Dallas Howard, Isaach De Bankolé, Willem Dafoe, Danny Glover, Chloë Sevigny Lauren Bacall, Udo Kier. |
Uscita | venerdì 28 ottobre 2005 |
Tag | Da vedere 2005 |
Distribuzione | 01 Distribution |
MYmonetro | 3,25 su 15 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 8 settembre 2015
Un von Trier polemico e più che mai politically uncorrect su un tema scottante nel secondo capitolo della "trilogia americana". Nicole Kidman ha abbandonato a favore di Bryce Dallas Howard. In Italia al Box Office Manderlay ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 120 mila euro e 30,8 mila euro nel primo weekend.
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Trilogia di Von Trier sugli Usa capitolo secondo. Stessa struttura scenografica ma fondamentali cambiamenti degli attori: Brice Dallas Howard al posto di Nicole Kidman e Willem Dafoe in sostituzione di James Caan. Stessa impronta polemica ma senza calcare sul pedale dell'emozione. Questa in sintesi l'impronta complessiva di Manderlay Su un tema tabu' (anche per il cinema americano e non, che lo ha trattato non a sufficienza e spesso annegandolo in sovrabbondanti dosi di melassa e stereotipi): lo schiavismo. Questa volta Grace si ferma in Alabama dove trova una cittadina, Manderlay, in cui le regole della schiavitu' regnano sovrane. Grace ne 'libera' gli abitanti e impone la democrazia. Che ha inizio dal decidere a maggioranza che ore sono. Ma la democrazia non si sviluppa per imposizione. Soprattutto con chi non ci e' mai stato abituato. Essa richiede poi (in Usa) delle scelte dure. Grace evita la vendetta collettiva nei confronti di una donna che ha rubato il cibo a una bambina malata ma le deve dare la morte 'legale' di persona. Von Trier e' assolutamente politically uncorrect e se ne vanta, affermando che in politica non si puo' essere "correct", che non ci debbono essere argomenti tabu' altrimenti il dibattito muore. Lo e' grazie anche al contributo di due bravi attori neri come Danny Glover e Isaak de Bankole' i quali, pur affermando che si tratta della lettura di un bianco, si dichiarano orgogliosi di avere partecipato a questo film che, frenando sul versante emotivo, riesce a provocare in modo ancora piu' lucido del solito.
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Pur essendo il seguito di Dogville (capolavoro del regista danese del 2003), Manderlay apparentemente non sembra avere molto a che fare con il film precedente. E' vero, le scelte per la scenografia e la struttura narrativa (la storia è divisa in otto capitoli, con voce narrante esterna ed onnisciente) sono le stesse, ma i temi trattati sembrano separati.
Manderlay, secondo capitolo della trilogia intitolata ‘America, terra delle opportunità’, è sicuramente un film più politico rispetto a Dogville e ragiona sui rapporti interni tra i cittadini di una società decostruita e successivamente riformata in base ai principi della democrazia, usando come pretesto il tema della schiavitù.
Sequel di Dogville della trilogia “Usa – Terra delle opportunità”, dove stavolta si punta l'indice contro l'imposizione del modello democratico americano sui paesi che attacca ed ha attaccato (Iran Afghanistan, Viet Nam). Von Trier lo fa nella sua solita maniera originale riprendendo la svolta minimalista già vista a “Dogville” e, lo fa comparando [...] Vai alla recensione »
Dopo il capolavoro di Dogville,il regista LARS VON TRIER( europa,the kingdom,le onde del destino,dancer in the dark),continua il suo discorso di comunita' e civilta',proseguendo con Manderlay.La storia continua proprio dove era finito Dogville,ovvero,grace con il padre si ferma a manderlay e viene a conoscenza che lo schiavismo dei negri ancora predomina in questa cittadina.
Manderlay, del regista danese (Von) Trier, presentato al Festival del cinema di Cannes, nel 2005, costituisce una pellicola volutamente provocatoria e assolutamente particolare. Secondo tempo del gia' tanto criticato Dogville con l'attrice Bryce Dallas Howard, subentrata all'australiana Kidman del primo per esigenze di copione, Manderlay, ambientato negli Stati Uniti, verso gli anni 30, traccia un [...] Vai alla recensione »
Figlia di malavitoso latifondista, Grace giunge a Manderlay, uno dei tanti villaggi in cui ci sono neri che lavorano il cotone. La schiavitù è stata da poco abolita ma i neri non sono pronti a quella pseudo-libertà, così come la società stessa. Allora cercano tra tante difficoltà di imporsi delle regole e Grace usa i guanti di velluto con loro, sebbene spesso [...] Vai alla recensione »
Dopo aver lasciato Dogville, Grace e suo padre approdano a Manderlay, dove, nonostante la schiavitù sia stata abolita da un pezzo, i neri continuano a lavorare per i padroni bianchi. Lars Von Trier cerca di indagare e spiegare a modo suo le ragioni psicologiche del fenomeno della schiavitù, insistendo parecchio sulla parte debole, ovvero il servo nero.
Secondo film della trilogia americana di Von trier, "Manderley" offre uno sguardo del filosofico e schietto regista sul tema della schiavittù e della comune natura umana: c'è il mito della caverna ma c'è hobbes in questa pellicola tanto ben recitata-un altro complimento alla Kidman per i film che scarta e quelli che accettta-che segna anche un miglioramento della regia rispetto a "dogville".
Il “Von” nobiliare gliel’hanno affibbiato i compagni di scuola. Yanto la metteva giù dura. Di suo si chiama Lars Trier, danese di Copenaghen. Regista tra i più discussi. Amato perché ci parla della nostra attuale condizione senza più fondamenti né salvezze nè verità. Odiato perché farebbe un cinema vecchio, vuoto, artificioso, pseudofemminista, machista e bugiardo.
Seconda tappa della trilogia americana di Lars von Trier, dopo Dogville e prima di Wasington (non è un refuso). Cambia la protagonista, Bryce Dallas Howard al posto di Nicole Kidman, ma non l’impostazione scenica e drammaturgica. Mentre sta tornando in città col padre gangster, la nostra Grace finisce in un paese, Manderlay, dove i neri sono schiavizzati dai bianchi come da copione.
Secondo episodio della trilogia politica di Von Trier, che si concluderà con Washington. Grace (Bryce Dallas Howard, al posto della Kidman) lascia Dogville col padre e i suoi gangster. In Alabama s'imbattono in Manderlay, decrepita proprietà-prigione dove la schiavitù non è stata abolita. Grace decide di portarvi la democrazia. Tutto, più o meno, funziona come in Dogville.
Dogville – la prima puntata della trilogia che Lars von Trier ha etichettato come americana, per ripicca contro un giornalista che lo rimproverava di non conoscere gli Stati Uniti (fobia dell’aereo) e purtuttavia di sparlarne – era ambientata su una pedana nera. Righe bianche tracciate con il gesso segnavano i perimetri delle case. Quando uno bussava alla porta sentivamo il “toc toc” ma la porta non [...] Vai alla recensione »
Signore e signori, Dogville 2, anzi Manderlay. Come nell’originale, niente scenografie: case, alberi e strade sono sostituiti da scritte in terra, con effetto brechtiano. Protagonista è sempre la giovane idealista figlia di un gangster, in fuga verso Sud durante la Grande Depressione. Anche se, defilatasi Nicole Kidman, stavolta Grace ha il viso virginale di Bryce Dallas Howard.
Abbiamo lasciato Grace, impersonata da Nicole Kidman, abbandonare Dogville dove, per vendicarsi dei soprusi che vi aveva patito, consentiva al padre, un temibile gangster, di far fuori tutti. Adesso, con il viso meno espressivo di Bryce Dallas Howard, la figlia del regista Ron Howard, la ritroviamo nell’Alabama intenta a far sapere agli schiavi di una piantagione di cotone a Manderlay che per legge [...] Vai alla recensione »
1933, Depressione, come in Dogville, carestia e new deal. Nella piantagione di Manderlay (Alabama) - secondo film Usa di Trier (in studio, ornato solo di luci e ombre) - arriva, dall'est, Grace (Bryce Dallas Howard) e in 7 capitoli, non privi di humor nero, scopre che non il segregazionismo, ma la schiavitù vi regna ancora. Coperta da un gruppo di gangster prestati da papà, impone così una caricatura [...] Vai alla recensione »
«È un’ambigua commedia morale» ha detto Lars von Trier a proposito del suo Manderlay, secondo episodio (il primo fu Dogville) della trilogia dedicata agli Stati Uniti "land of opportunities", ossia la terra dell'opportunità. Come è nel suo costume, non usa giri di parole il geniale e discusso regista danese per definire uno dei film più attesi dai cinefili italiani che arriverà, dopo il passaggio al [...] Vai alla recensione »
Lars Von Trier, e chi se no? Abbonato al festival di Cannes, che l'ha praticamente "creato" ai tempi di Element of Crime e gli ha regalato una giusta Palma d'oro per Dancer in the Dark, il danese torna sulla Croisette ad ogni nuovo film. Manderlay è il seguito di Dogville (senza Nicole Kidman, sostituita dalla figlia d'arte Bryce Dallas Howard: suo padre è Ron Howard, ex Cunningham di Happy Days e [...] Vai alla recensione »
Grandi ritorni, grandi ripetizioni. Anche il cinema d’autore ha i suoi sequel. Lucas ci ha messo 28 anni per completare la saga di Guerre stellari ? A Lars Von Trier ne bastano un paio per dare un seguito a Dogville con Manderlay . Stesso principio, niente scenografie, case, alberi e strade sono sostituiti da scritte in terra, con effetto di straniamento brechtiano.
Manderlay» o «Dogville 2? In ogni caso il gioco mostra la corda e partorisce un film monotono e confusionario. Innanzitutto c'è l'handicap della ripetizione. Poi c'è la caduta più rovinosa, la (forzata) rinuncia al carisma di Nicole Kidman malamente surrogata dall'impalpabile personalità di Bryce Dallas Howard. Infine l'ambiguo ma suggestivo sadismo brechtiano di «Dogville» lascia il passo a una lezioncina [...] Vai alla recensione »
Da venerdì scorso è sugli schermi italiani Manderlay, secondo capitolo della «trilogia americana» che il regista danese Lars Von Trier aveva iniziato con Dogville. I due film sono sostanzialmente identici: teatrale, artefatto e poco originale ci era sembrato Dogville, idem dicasi di Manderlay, nel quale proseguono le avventure della Grazia - pardon, di Grace, l’ennesima eroina virginale e autoapunitiva [...] Vai alla recensione »
Il signor Lars Von Trier, regista danese, ama rieducare periodicamente gli spettatori. Li considera studentelli riottosi, un po' duri di comprendonio, scarsi di memoria cinematografica e soprattutto scemuniti dal modello politico e culturale incarnato dagli Usa. Con «Dogville» la seduta gli è riuscita benissimo, può confermarlo anche chi (come noi) non ha per nulla amato lo scoop di due anni orsono; [...] Vai alla recensione »
La vendetta nera e barbara contro la falsa democrazia dell'occidente e i crimini del liberalismo è appena iniziata... Questo ci vorrebbe dire, se avesse coraggio non dico di Griffith ma almeno di Lucas e Cronenberg, l'ultimo film di Lars von Trier, visto che è ossessionato dalla smania, quasi nevrotica del politicamente scorretto, applicata al suo nemico da sempre, l'impero americano.