Manderlay

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Un film di Lars von Trier. Con Bryce Dallas Howard, Isaach De Bankolé, Willem Dafoe, Danny Glover, Chloë Sevigny.
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Drammatico, durata 139 min. - Danimarca 2005. - 01 Distribution uscita venerdì 28 ottobre 2005. MYMONETRO Manderlay * * * - - valutazione media: 3,46 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

..America, la terrà delle opportunità... Valutazione 5 stelle su cinque

di darko


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domenica 30 ottobre 2005

Manderlay, che scenicamente e per quanto riguarda la struttura narrativa è identico a Dogville, è un dramma teatrale sulla schiavitù dei neri in una piccola ma produttiva piantagione dell’Alabama. Grace e il padre, capo di una banda di gangsters, lasciano Dogville dopo lo sterminio vendicativo voluto dalla stessa giovane e zelante donna. Decisi a trasferirsi a Denver, passano per Manderlay, Alabama, un altro “luogo dimenticato da Dio” (come ci dice la voce sorniona che narra il film)… Si fermano per una pausa e continuano le loro discussioni attorno alle più frivole divergenze di pensiero, ma quando stanno per ripartire, una donna di colore oltrepassa i cancelli (che potrebbero sembrare quelli dell’Inferno, ma forse solo all’occhio naive dello spettatore e ovviamente quello di Grace) e chiederà disperatamente aiuto alla nostra magnanima eroina, la quale si sentirà di nuovo in dovere di aiutare il prossimo. Coprendosi le spalle con una manciata di uomini prestati da papà, Grace dopo aver assistito alla morte della padrona della piantagione Mam (Lauren Bacall), prende le sue veci ma solo per importare giustizia sociale, per insegnare le nobili leggi della Democrazia. Così Willem (Danny Glover), lo schiavo più anziano, saggio e docile, l’aiuta a far conoscenza con l’intera comunità di ormai ex-schiavi. Grace avrà il duro compito di farli abituare alla libertà e nel frattempo gli ex-padroni bianchi impareranno a lavorare come hanno fatto per tanto tempo i loro schiavi. Presto però Grace si accorgerà che i problemi e le ingiustizie sociali trovano radice proprio all’interno dello stesso gruppo etnico e, stravolta, comprenderà che la situazione è ben diversa da quella che aveva creduto regnare all’inizio a Manderlay: la schiavitù non è altro che un patto pacifico a cui si è arrivati di comune accordo fra bianchi e neri in modo da proteggersi dal mondo che là fuori, nel resto d’America, cambia troppo repentinamente e sembra costituire solo una minaccia per la gente di Manderlay. Vacillante di nuovo, come al termine dell’avventura a Dogville, Grace (interpretata dalla brillante Bryce Dallas Howard, sostituta della Kidman del primo episodio) si ritroverà a dover demolire ancora una volta gli stessi ideali nobili che l’hanno mossa al principio e passare dalla parte del carnefice violento e prevaricatore, stavolta però senza l’aiuto del babbo. Grace si allontana indignata dal popolo di Manderlay e naturalmente anche da se stessa e quello che si è trovata costretta a fare. La lezione di von Trier, che era stata dispensata un po’ fiaccamente con Dogville, viene ripetuta in Manderlay con rinnovata energia e perfidia: il mondo può fare volentieri a meno di gente simile, e gente simile è sparsa un po’ per tutta l’America, quella di ieri e d’oggi (e qui il film è dichiaratamente antiamericano). Nel finale la macchina da presa si risolleva ancora una volta, prendendo distanza dalle vicende e mostrando un’America delineata su carta geografica e Grace vi si muove sopra con passo rapido, goffo e incerto, alla ricerca della sua strada, che non è né quella già tracciata e sicura del padre armato di fucile né quella più comoda ma anche insidiosa per lei fra la gente misera e gretta della provincia americana che, seppur più furba, si mostra palesemente inferiore a lei. Avrà dunque imparato finalmente a non fidarsi troppo delle persone e a non dare troppo di sé stessa? Sì, se stessa, perché se nel primo Dogville Grace veniva sottomessa arbitrariamente dagli abitanti di Dogville e molestata in tutte le forme umanamente possibili senza potersene sottrarre, nel secondo Manderlay è lei stessa a volersi procurare i peggiori mali – di carattere fisico, morale e persino psicologico –. Sicuramente crescerà ancora questa donna e chissà che finalmente, nel prossimo e conclusivo capitolo della trilogia sarcasticamente intitolata America, la terra delle opportunità diretta da Lars von Trier, Grace non trovi il modo di dominare il mondo con principi forse discutibili e troppo astratti ideologicamente parlando, ma efficaci da un punto di vista concreto e sociologico. Dunque Lars von Trier continua sicuro sulla strada del cinema sgradevole, ma più che altro nella forma in cui si presenta e non tanto per i contenuti d’interesse altamente politico, sociale, psicologico etc. Se durante la visione del primo capitolo Dogville si trovavano difficoltà a seguire le vicende, qui non stentiamo assolutamente ad immedesimarci con la storia narrata dato che ormai i meccanismi di rappresentazione scenica li conosciamo bene. Lo spettatore non può che sentirsi coinvolto nelle avventure della dolce ingenua Grace dunque commuoversi, rimanere sconvolto, arricchirsi interiormente proprio come accadrebbe durante un’esperienza vissuta nella realtà. Quindi von Trier, attraverso la tecnica sottrattiva, in realtà sfiora la perfezione nel rendere tutta una serie di particolari altamente realistici che a teatro, su un palcoscenico vero, non sarebbero mai possibili produttivamente parlando (costerebbe troppo insomma e sovvertirebbe il principio immaginifico del teatro come fonte di fantasia per cose che non si possono presentare a causa di svariati motivi di natura tecnica). La licenza poetica dunque è bandita e facciamo tanto di cappello ad un cineasta che per quanto pretenzioso e antipatico possa sembrare, ha comunque messo in atto una vera e propria scommessa cinematografica (vincente) che si può solo ammirare in quanto geniale e che fra l’altro ha la forza simile a quella di un grande romanzo che, sì, facciamo fatica a leggere, ma di cui ad ogni modo vogliamo portare a conclusione la lettura. Perché? Perché evidentemente l’autore ha l’ammirevole e grande capacità di toccare senza applicare alcuna censura dei temi scottanti e soprattutto universali che riguardano – anche un po’ spaventosamente – tutti noi.

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flavio giovedì 9 febbraio 2006
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Qualcuno sa come si chiamerà il terzo capitolo della trilogia di Dogville, dopo Manderlay? E quando uscirà? Grazie!

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yawgmoth venerdì 11 agosto 2006
x flavio
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ho sentito che il terzo capitolo di intitolerà "Washington" chissà come sarà... i primi due capitoli erano tutti ambientati in "luoghi dimenticati da dio" ma se in questo come nei primi due il titolo è anche il nome dell'ambientazione.....

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